Poggiò il bicchiere sul tavolaccio in legno scavato da mille bevute, nella finta penombra creata dalle vecchie lampadine che rischiaravano appena il locale
nascondendo buona parte del sudiciume.
“È come il rigurgito di una cena rimasta sullo stomaco: ogni tanto i fantasmi del passato tornano su dalla cloaca della coscienza”.
Il giovane ufficiale lo osservò attraverso il bicchiere di pessimo rum che aveva appena spinto giù nello stomaco: “Non è stanco di combattere fantasmi? Davvero non pensa che sia arrivato il tempo di tornare ad affrontare la realtà? ”
“La realtà, tenente, prende le sue forme dai fantasmi del nostro passato: soprattutto quelli che riusciamo ad uccidere”.
“Lei ha deciso di affogarli nel rum – gli rispose ironico – e non si accorge che sta andando a fondo con loro”.
Fissò la barba ispida che cresceva indisturbata ormai da giorni, i peli bianchi avevano conquistato larghi tratti del viso nel quale le rughe invece non riuscivano a ricavarsi altro che un breve accenno. “Almeno si scelga un locale degno del suo passato. E soprattutto si scelga un distillato diverso da questa specie di pessimo attorcigliatore dozzinale di budella”.
“I fantasmi non si uccidono con il rum ma facendo i conti con la propria coscienza: l’alcool serve ad anestetizzare l’anima”.
Portò il bicchiere alle labbra, mandò giù un’altra stantuffata del suo anestetico, mentre la figura del giovane si dissolveva fino a scomparire. “Un altro fantasma in meno, un altro conto regolato” disse poggiando il bicchiere ed avviandosi verso la luce che filtrava dalla porta in fondo alla stanza.
©Alessioporcu 2015