
Cosa c'è dietro le parole del presidente regionale dei Dem durante la cena dell'altra sera. Sbaglia chi pensa siano un atto d'accusa verso gli avversari interni. Al contrario. Quell'intervento può spianare la strada per il Congresso. Ecco con chi ce l'aveva. E dove intende arrivare.
Che abbia sbattuto i pugni sul tavolo oppure no, quando lo ha detto, cambia veramente poco. Pesano come un macigno invece i contenuti, le parole: “Da oggi di Frosinone si parla anche con me“. E’ il new deal del Partito Democratico nel capoluogo, sancito sabato sera a cena dal leader maximo dei Dem Francesco De Angelis. (Leggi qui: De Angelis scende in campo: «Da oggi di Frosinone si parla anche con me»).
In poche ore ha analizzato tutte le criticità e le anomalie che caratterizzano da tempo l’azione politica del Partito. Tutti i nodi che sono stati lasciati intrecciati: per inerzia, forse anche per presunzione. E che adesso bisognerà provare a sciogliere. Dal rapporto con i Socialisti di Gianfranco Schietroma all’irrituale appoggio di Domenico Marzi al suo avversario elettorale Riccardo Mastrangeli. Dalla mancanza di dialogo con il gruppo consiliare nel capoluogo al mancato coinvolgimento di tutti coloro che sono usciti dal perimetro del centrodestra nel corso della consiliatura del sindaco Mastrangeli.
Ma cosa c’è dietro quel ragionamento politico che cambia le cose all’interno del centrosinistra di Frosinone? Che rimette in moto il dibattito nel Partito Democratico e mobilita tutto il mondo Prog?
La chiesa al centro del villaggio

Il primo sospetto è che il presidente del Partito Democratico del Lazio intenda candidarsi a sindaco di Frosinone. Sbagliato. Non è la sua aspirazione, non è la sua passione. Francesco De Angelis non sogna la fascia da sindaco: alla sua carriera manca solo la veste bianca da senatore. E la vittoria alle Comunali di Frosinone, strappando il capoluogo al Centrodestra e riportandolo sotto la bandiera Dem, sarebbe un risultato tale da dargli il diritto al pubblico trionfo che si concedeva ai consoli romani. Nel suo caso, niente marce e niente sesterzi: solo la tanto agognata candidatura come riconoscimento.
Per giungere a quel risultato, Francesco De Angelis ha messo la chiesa al centro del villaggio. Cioè ha iniziato a ricostruire una prospettiva: elemento fondamentale se si vuole forgiare una squadra con ambizioni vincenti.
Sbaglia chi legge le parole di De Angelis come se fossero un atto d’accusa verso gli avversari interni. O peggio ancora, verso le altre componenti. Un errore perché in quel caso sarebbe fin troppo facile rispondere “e tu dov’eri, cosa hai fatto?” aprendo una polemica infinita. Allora con chi ce l’aveva il fondatore di Pensare Democratico e leader di AreaDem?
La giusta chiave di lettura

La giusta chiave di interpretazione è un’altra: Francesco De Angelis si è scagliato contro l’immobilità del Circolo di Frosinone e della Federazione Provinciale. Impantanati da quando è saltato il percorso verso il Congresso che doveva eleggere il nuovo gruppo dirigente: oggi non c’è un Segretario (l’uscente Luca Fantini ha cessato il suo mandato), non c’è la Commissione Congresso che ne assume le funzioni provvisoriamente (si è dimessa il 23 dicembre innescando lo scontro sulla legittimità del Tesseramento), non c’è ancora un Commissario (Elly Schlein lo sta per indicare).
La conseguenza è che si sta determinando una marginalizzazione del Pd prioprio a causa dell’assenza dei suoi quadri. Un immobilismo quindi legato ad una situazione contingente e non ad una mai indicata mala gestio.
La riflessione di De Angelis non è un atto d’accusa ma paradossalmente un gesto che può semplificare il dibattito per il Congresso. Perché il concetto chiave di quell’intervento è: mettiamo da parte le polemiche, le affronteremo nel momento opportuno, adesso serve una mobilitazione generale e serve un Partito che rimetta tutti insieme.
La tattica vincente

La strategia proposta da Franceco De Angelis è la stessa che ha sempre condotto il Centrosinistra alla vittoria elettorale. Basata su alcuni pilastri fondamentali: dare garanzie agli alleati, smussare gli angoli, rispetto reciproco, nessuna tentazione di fagocitare gli alleati. Insomma: ridare centralità al Partito, al centrosinistra, alle espressioni del mondo civico che non si riconoscono in quella galassia, dialogo con quelle realtà che non si riconoscono nel progetto di centrodestra portato avanti finora dal sindaco Riccardo Mastrangeli.
Quale legittimità ha Francesco De Angelis per impugnare le trombe e suonare la chiamata alle armi? Ce n’è una di tipo formale ed una sostanziale. Sul piano formale è il presidente del Partito Democratico del Lazio, la principale forza del centrosinistra alla quale compete un ruolo da catalizzatore. Sul piano sostanziale: nessuno può negare che il 90% delle scorse Comunali a Frosinone lo ha costruito lui, la coalizione e le liste le ha organizzate lui, ha portato il centrosinistra al Ballottaggio nonostante fosse partito con la concreta prospettiva di non costruire nemmeno la lista.

De Angelis ha messo in evidenza con lucidità, ma anche dando una visione, tutte le cose che non vanno, che vanno fatte e che nessuno fa perché non c’è la legittimazione dal momento che manca qualsiasi organo rappresentativo in carica, dal Segretario alla Segreteria, al Commissario. E le conseguenze si vedono. L’analisi però non è sul passato ma è soprattutto di prospettiva. Ed ha un significato politico rilevantissimo per il futuro. Per il Pd e per la coalizione potenziale.
De Angelis sabato sera si è tolto le scarpe da ginnastica che quotidianamente usa sotto la tuta della Juventus per fare il giro di Frosinone. Ed ha indossato gli anfibi militari: gli scarponi tattici da combattimento usati dai marines. Per lui la “battaglia” per Frosinone 2027 è già iniziata. E la vuole anche vincere.
Prescindendo dal ruolo.













