Al netto del ring di Frosinone la scacchiera di Forza Italia in Regione e nel Paese è tutta strategica: e i sondaggi premiano il Segretario
Francois Proust diceva che il carisma consiste nel saper imporre senza avere l’aria di imporre. Insomma, parrebbe che tutto sia legato all’innata capacità di certe persone di far accettare sistemi e condotte facendo una magia. Quella per cui quei sistemi appaiono come approdi naturali di chi è oggetto di interesse, non rotte dettate. E’ la politica di grana fine in tre righi secchi, a ben vedere, la politica appaiata ai meccanismi consensuali della democrazia. Una politica attiva che ha portato Antonio Tajani, gradualmente ma inesorabilmente, a riappacificare centro e centristi, fratti e sfatti dopo il declino e la morte di Silvio Berlusconi.
E quello di Tajani è stato non solo un carisma capace di rimettere in asse Forza Italia con i desiderata basici del suo elettorato, ma anche e soprattutto di scardinare uno strano “nemico”. Quello rappresentato da un populismo sciolto che ebbe proprio con il Cav battesimo e dignità di lessico, ma che poi era migrato. Ed aveva fatto il nido in formazioni politiche che lo avevano esacerbato ed in un certo senso “corrotto”. Nel senso di snaturarlo.
I due populismi e quale sta vincendo
Perché? Perché Fratelli d’Italia e Lega salviniana avevano messo al populismo il vestito delle ideologie un tanto al chilo, mentre Berlusconi con il populismo ci allamava le massaie, i vecchi ed i ragionieri. Tajani ha saputo fare di meglio ed ha rimesso a fuoco quei bisogni basici dell’italiano medio, li ha strappati dalle mani di nuovi e rissosi appaltatori come Matteo Renzi e Carlo Calenda, poi ci ha costruito sopra un New Deal azzurro.
Una modalità ferrea ma non urlata che è un tutt’uno anche con i nuovi progetti degli eredi del Cav. E che è riuscita perfino a terremotare equilibri apparentemente saldissimi in Regione Lazio ed in Comuni chiave come Frosinone e Viterbo. La riprova? Sta tutta o quasi nei sondaggi che ci consegna il mese che muore.
Il nuovo corso di Claudio Fazzone
Un luglio che verrà ricordato come quello in cui le unghie di Forza Italia e di Claudio Fazzone hanno scavato la faccia di Carroccio e Fratelli, graffiando a sangue una comunione di vedute che se prima era cercata oggi è tutta da trovare. Perché alla Pisana ed a Frosinone, dove sono saliti tutti sul ring trucido della rinuncia all’assessorato che il Partito vuole da Adriano Piacentini, quella unità non c’è più. Lo dice, in visione sistemica, un sondaggio Dire-Tecnè. Report che si è avvalso di interviste effettuate tra il 25 e il 26 luglio “su un campione rappresentativo della popolazione maggiorenne residente in Italia, articolato per sesso, età, area geografica”.
La foto che quel sondaggio rimanda sembra banale, ma contiene tutti gli elementi della “rivoluzione” che il meno rivoluzionario tra i partiti del destra-centro sta mettendo in atto. Il governo a guida Giorgia Meloni, ad esempio, vede crescere il consenso, con il 39,5% degli italiani che sposa le ricette della premier.
Il sondaggio Dire-Teknè: il Governo
Si è registrato uno 0,3% in più rispetto ai sette giorni precedenti. “A non aver fiducia nell’esecutivo è invece il 53,5% degli intervistati, percentuale in calo di uno 0,2% rispetto a sette giorni fa”. Che significa? Cosa è successo in sette giorni tanto da incrementare l’appeal dell’esecutivo in carica? E soprattutto, a chi o cosa è da attribuire l’incremento? Il dato è aleatorio ma una cosa è certa: Giorgia Meloni non ha marcato grandi step negli ultimi 10 giorni, se non quello del viaggio in Cina.
Le cose si sono molto probabilmente mosse invece sul fronte degli alleati ed hanno portato acqua al mulino dell’esecutivo. Ha portato acqua Matteo Salvini? Difficile pensarlo, a contare che mai come oggi lui è il piede smussato della sedia governativa. Sono i dati successivi a dare un indizio, quelli sul gradimento dei singoli leader. Eccoli, ripresi da Dire: “La presidente del Consiglio Giorgia Meloni resta in testa nelle preferenze degli italiani tra i leader politici forte di un 43,2% del consenso, che registra un +0,1% rispetto alla scorsa settimana”.
“Vota Antonio”: gli effetti sul podio
E dietro l’inossidabile Giorgia che ha coartato i suoi parlamentari per una campagna estiva sul premierato? Esatto, ci sta lui, Antonio Tajani, uno che sembrava condannato al grigiume anonimo ed un po’ sindacale dei boiardi passati di grado. Uno che, invece, si è dimostrato come quelle schiume da barba antiche e dai colori smorti che però alla fine stanno poggiate su tutti i lavabi boomer perché di nascosto le usano anche i figli Gen X. “Al secondo posto del gradimento tra i leader Antonio Tajani, ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia, con il 36,2%”.
Capito? Tajani è a soli sette punti da una premier che sul carisma e sulle sceneggiature che lo foraggiano ci ha improntato la sua intera vita politica. Lui che fino ad un anno e mezzo fa era il fondale di Berlusconi. E il leader azzurro di origini ciociare ha guadagnato, lui sì, un netto +0,1% rispetto a sette giorni fa. Neanche Tajani, a ben vedere, ha personalmente marcato grandi step negli ultimi 10 giorni. Tuttavia ha dalla sua gli endorsement netti di Marina Berlusconi, che sui diritti civili graffia a destradetra e sparge miele a sinistra.
Un successo che passa anche per il Lazio
E come per Meloni, anche per leggere il successo di Tajani bisogna leggere come si sono mosse le cose al livello degli uomini sul territorio. Uomini come Claudio Fazzone, che in Regione ed a Frosinone sta dosando bastone e carota talmente bene che alla fine non accettare le sue richieste sembrerà in ogni caso un’impuntatura degli interlocutori. A via Cristoforo Colombo ed a Palazzo Munari (dove per ovvi motivi però i toni sono molto più esacerbati) Fazzone non ha mai sconfessato un approccio dialogante con FdI e Lega.
Tuttavia al contempo non ha mai lasciato intendere che la disponibilità al dialogo potesse essere confusa con la quiescenza di chi, dopo aver “fatto ammuina”, è pronto a rientrare nei ranghi senza un risultato in sporta. Alla Pisana Forza Italia vuole nuovi equilibri ed incarichi di giunta o di pregio per i suoi. Caselle che tengano conto della straordinaria campagna acquisti azzurra e di un mutato quadro di forze in campo.
Il nodi di Rocca e Mastrangeli
A Frosinone Forza Italia si è sfilato dalla fiducia a prescindere al Sindaco Riccardo Mastrangeli, di fatto è un partito di opposizione a tutto tondo. E gli ha lasciato solo la magra consolazione di quel 42mo posto nel Governance Poll diffuso a metà luglio da Il Sole 24 Ore. Tajani è perfino più gradito di Elly Schlein, che oggi è come mai prima la guida sola al comando del Pd e di una galassia prog che potrebbe ricompattarsi funzionalmente attorno ad essa. Eppure il Pd come partito ha consensi quasi tripli rispetto a FI.
La leader dem chiude luglio con il 31,3% dei consensi, “che crescono dello 0,1% rispetto all’ultima rilevazione” e stacca il presidente M5S Giuseppe Conte che ha il 29%. E che è impegnato nell’ennesimo braccio di ferro con Beppe Grillo a fare da prologo agro alla Costituente pentastellata.
Il Salvini furioso da “Palazzùl”
Bisogna scendere al 26,7% per trovare la dimessa casella del segretario federale della Lega e ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini, peraltro in calo di uno 0,3% rispetto alla settimana precedente. Leader decotto che da Castrocielo ha lanciato precisi segnali agli azzurri, anche romani e ciociari, per fare quadrato intorno a Pasquale Ciacciarelli che sta messo come Fort Alamo contro Santana. Ma con l’aria di chi deve ringhiare per contratto piuttosto che per convinzione.
Il che significa che lo shining dell’esecutivo e – per estensione – del centrodestra, sta sì concentrato nall’aura di consenso che continua ad emanare Giorgia Meloni, ma ha fondamenta azzurre. Le fondamenta che Antonio Tajani ed i suoi hanno saputo gettare. Quasi a voler rifondare una Casa delle Libertà progettata tanto bene addosso all’italiano medio da essere capace di resistere perfino alla scomparsa del suo progettista.