L’uscita del gruppo consiliare Pd di Frosinone dopo l’apertura di Sara Battisti al Psi non è solo un dissenso legittimo, ma la fotografia nitida di un partito incapace di fare sintesi. Il caso locale diventa emblema nazionale: nel Partito Democratico ogni mossa si trasforma in conflitto interno, ogni confronto in paralisi. Mentre il Psi corre, il Pd si perde nei suoi soliti labirinti.
C’è un riflesso condizionato che accompagna il Partito Democratico per sua natura e che sembra più forte di qualsiasi rigenerazione generazionale, scossone elettorale o tentativo di riforma: l’incapacità di mettere fine al dibattito per passare alla sintesi. Cioè ad una decisione, una posizione definita sulla quale impegnare tutto il Partito. Un tic che si presenta ogni volta che il Pd si trova davanti al bivio di una decisione. Lì dove servirebbe un salto di qualità, il Pd sceglie di arrestarsi nel pieno della curva del confronto interno. Lì dove servirebbe un ponte, costruisce un tavolo.
Il caso di Frosinone, oggi, rappresenta il paradigma perfetto di questo eterno ritorno.

Solo giovedì, l’intervento della Consigliera regionale Sara Battisti era stato un segnale chiaro, forte, politico. Un gesto non rituale ma sostanziale: dopo anni di silenzi e freddezze, una dirigente di peso del Pd rompeva il ghiaccio con il Partito Socialista, cogliendo il passo in avanti compiuto da Gian Franco Schietroma e compagni. Il PSI ha già presentato un proprio candidato sindaco – Vincenzo Iacovissi – e, con largo anticipo, ha messo in campo un progetto politico articolato. Sostenibile? Competitivo? Non si sa. Ma esiste. (Leggi qui: I Socialisti rompono gli indugi: la ‘Frosinone di domani’ parte già oggi. E leggi anche: Top e Flop, i protagonisti di martedì 16 settembre 2025).
Ora, il Gruppo consiliare del Partito Democratico nel capoluogo (Angelo Pizzutelli, Fabrizio Cristofari, Norberto Venturi – prende carta e penna e decide di alzare la voce: rivendica autonomia, si smarca dalla posizione della Battisti, contesta l’idea che una leadership (ancora da costruire) possa essere attribuita al Psi per “diritto di anticipazione”.
Posizione legittima

Posizione legittima. Anzi, politicamente comprensibile. Ma proprio questa reazione – così rapida, così netta – certifica plasticamente ciò che manca: una regia, una visione, una figura capace di fare sintesi. Perché un Partito che si vede costretto a smentire se stesso a pochi giorni da un’apertura politica, probabilmente ha più di un problema di comunicazione interna. E forse anche di strategia.
Il tema non è Iacovissi. Non è neppure Schietroma. Il tema è il vuoto che c’è attorno. E che, in assenza di una proposta chiara da parte del Pd, rischia di venire riempito da chi si muove con anticipo, organizza una coalizione, lancia un messaggio.
In fondo, se si rileggono con attenzione le parole del Gruppo consiliare, c’è un sottotesto che grida: “non ci avete interpellato”, più che “non siamo d’accordo“. E forse è proprio questa assenza di condivisione strutturata che ha generato la frattura. Il Pd a Frosinone, come altrove, non si trova mai sullo stesso foglio, figuriamoci sulla stessa riga.
Chi parla e chi agisce

In tutto questo, il Psi ha semplicemente fatto ciò che spesso il Pd non riesce a fare: decidere. Lo ha fatto con una candidatura, con una coalizione già annunciata, con un profilo amministrativo in campo. Ha rotto la nebbia con una mossa chiara. Invece, nel Pd, si discute se la mossa sia stata troppo chiara, troppo anticipata, troppo autonoma. Come se ogni apertura fosse un’offesa.
Se quella mossa sia in conflitto con le possibili manovre che il Pd vorrà mettere in campo. Quando sarà puntualmente tardi. Anche questa volta, come nelle ultime tre elezioni, perdute a favore di un Centrodestra più organizzato, più coordinato, più strutturato. Così, tra gli avvisi di convocazione di fantomatiche “assemblee unitarie” e i distinguo tra “candidati tattici” e “profilazioni civiche”, il tempo scorre. E la destra, che non è affatto più compatta, osserva. E prepara il terreno.
Nel 2027, forse anche prima, Frosinone tornerà al voto. Il rischio, per il centrosinistra, è di arrivarci col cronometro in mano e le idee ancora sul tavolo. I Socialisti il loro orologio lo hanno messo in moto. Il Pd invece continua a discutere se sia davvero il caso di partire.
Ma quando un Partito riesce a spaccarsi anche davanti a un’apertura, vuol dire che il nodo è più profondo. E forse anche più antico.



