
C’è il respiro ampio della Storia che ha spirato ai funerali del Pontefice argentino. Il format sarebbe dovuto essere quello della contemplazione etica di un’eredità difficile, quella che Papa Francesco ha lasciato (ed apparecchiato) ad un mondo troppo attento ai pochi ricchi e poco avvezzo alla ricchezza di tutti.
Purtroppo però la politica, specie quella di rango mondiale e specie in momenti cruciali come questo, tende a prendersi la sua libbra di carne anche quando la sola cosa da fare sarebbe riflettere sulla grana di una perdita. Ed ecco quindi che, quasi a scavalcare quella bara semplice di zinco e legno poco nobile, sono arrivare le possibilità.
La circostanza utile

Gli incastri che, con la presenza di centinaia di delegazioni mondiali convenute in Vaticano, avrebbero potenzialmente potuto dare la stura a quella che in gergo si chiama la “diplomazia dei funerali”. Tradotto: se il mondo è un casino allora ben venga la morte di un papa che raggruppa giocoforza tutti i player di quel casino.
E che magari li mette nelle condizioni fisiche di iniziare a sbrogliare la matassa, galvanizzati in empatia anche dal momento mesto e dalla figura di un pontefice che, in vita, al mondo le aveva sempre cantate. Tutto falso, o comunque impreciso. Impreciso come il taglio che quasi tutti gli organi di stampa ed i media hanno voluto, ruffianamente, dare a quella foto iconica.
Quella di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che, seduti faccia faccia a margine delle esequie, sono sembrati dirsi cose cardinali per il raggiungimento della pace. Ed impreciso come la notizia, insinuata con sciabordìo di saliva, per la quale Giorgia Meloni possa aver avuto un ruolo, occulto ma non troppo, cercato ma senza troppi proclami, in quella seduta da Pax Bergoliana.
Gli auspici della premier

La premier è quella che è, cioè una donna di intelligenza rara (specie rispetto ai suoi quadri). E come tutti i governanti di rango, non ha smentito. Ma essendo furba di tre cotte non ci ha pensato neanche un attimo a confermare che lei possa aver avuto un ruolo attivo in una cosa che ha il solo dono dell’iconografia figa.
Però ha lanciato auspici, e lo ha fatto con la complicità di certe ricostruzioni giornalistiche untuose al punto tale che a leggerle si rischia di scivolare in tinello. Roba come questa di AdnKronos: “Nella foto simbolo dell’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky in Vaticano, a margine dei funerali del Pontefice, lei non compare. E non figura nemmeno nello scatto che ritrae il breve colloquio tra i due leader, allargato alla presenza del presidente francese Emmanuel Macron e del primo ministro britannico Keir Starmer”.

Come ad insinuare che la premier non c’era fisicamente ma in format di eminenza grigia sì, e come. “Eppure, Giorgia Meloni non può che dichiararsi soddisfatta in questo giorno in cui i riflettori del mondo sono puntati su Roma: 400mila fedeli – tra San Pietro e le vie della Capitale – e oltre 160 delegazioni governative si raccolgono in preghiera per rendere l’estremo saluto a Jorge Mario Bergoglio nel suo ultimo viaggio”. In preghiera? O in azione teatrale?
Eminenza grigia, forse…

Sembra lo spot di una Grande Occasione, non il recap di un funerale che ha commosso il mondo. Ma ad ogni cosa c’è la soluzione, ed eccoti servite slavine di titoli in cui la figura di Bergoglio, povero papa inascoltato in vita, adesso avrebbe “ispirato” un ritorno di raziocinio.
Una renaissance di etica, un afflato di pace esattamente dove prima la pace o non la voleva nessuno o la si dettava a condizioni strozzine. Mezzi sorrisetti smosciati e contenuti spersi nell’austerità del dresscode nero, capelli raccolti, iperattività istituzionale e passetti scattanti, questo il format della Meloni. E sull’altro lato quella doppia seduta tra il Tamarro in Chief ed l tignoso capo di Kiev, poi la stretta di mano con Emmanuel Macron, le sguinzagliate della von der Leyen che pareva una signorina Rottemeier ossigenata ed alla via così.
E’ davvero sufficiente?

Tutto qui? Basta davvero tutto questo, l’ecumenicità mediatica di un funerale che ha raccolto tutti i potenti, per proclamare che quei potenti hanno avviato a trovare la quadra? Ed è giusto invocare lo spirito di un papa amante della pace per dire, in elegia ma non certo in realismo, che quello spirito si è infuso nei crani di capoccioni che fino al 21 aprile si sarebbero bombardati a napalm in tinello a vicenda?
E confondere il commento su un fatto al dirigismo nell’averlo incentivato è giusto o è solo paccottiglia ruffiana? “Meloni – che incrocia brevemente Trump sotto il colonnato di San Pietro, a margine dei funerali, insieme alla first lady Melania – saluta con favore il ritrovato dialogo tra i due leader, affidando al sito di Repubblica un messaggio fiducioso“.
Questo: “Vedere Donald Trump e Volodymyr Zelensky che parlano sulla pace al funerale del ‘Papa della pace’ ha un significato enorme“. Certo, simbolico magari, ma la ciccia, quella poi arriverà?
L’onere della sintesi

Palazzo Chigi non ha dubbi: “Durante il vis-à-vis, come riferito da una nota della presidenza del Consiglio”, viene ribadito un concetto. Questo: “Il sostegno agli sforzi del presidente Trump per il raggiungimento di una pace giusta e duratura, capace di garantire un futuro di sicurezza, sovranità e libertà all’Ucraina”.
Meglio allora le truppe di manovra di FdI, che hanno dato menzione di una morte senza attaccarci l’elegia ipocrita di tutto quello che il mondo da quella morte si aspettava. Invece di adoperarsi icon legiferati prima che quella morte arrivasse. La morte di un papa più usato che rimpianto.