Senza Ricevuta di Ritorno. La ‘Raccomandata’ del direttore su un fatto del giorno. Nella giornata dei Caduti in Missione di Pace viene commemorato a Pontecorvo il colonnello Cristiano Congiu. Non le assurdità che da sempre avvolgono il racconto della sua morte
La valle del Panjshir è sempre stata una roccaforte dei tagiki comandati dall’eroico generale Aḥmad Shāh Massoud, l’uomo che mise in ginocchio prima i sovietici dell’Armata Rossa e poi gli studenti coranici fuoricorso talebani. Per eliminarlo dovettero organizzare una missione suicida con una finta troupe televisiva del Marocco: nella telecamera c’era una bomba ad alto potenziale.
Nel 2011 quella non era propriamente una zona turistica. Ci andava solo chi poteva. E per un buon motivo. I tagiki erano ancora un po’ incazzati e diffidenti: con la Cia, con le spie di Osama, con gli infiltrati da mezzo mondo. Tutti interessati ai campi di oppio ed alle gemme dal momento che entrambi abbondavano nella zona.
Proprio per questo resta poco comprensibile riuscire a capire come sia stata capace un’agenzia turistica, di organizzare un rilassante viaggio – soggiorno in una zona così serena del mondo, per un signore residente a Pontecorvo.
La ‘vacanza‘ del colonnello
Solo per un caso era un colonnello dei carabinieri, già comandante della locale Compagnia quando aveva ancora i gradi di capitano. Diventato poi ufficiale della Direzione Centrale dei Servizi Antidroga: quelli che danno la caccia ai più grossi trafficanti, in giro per il mondo. E fino a qualche giorno prima del viaggio era in un blindatissimo Quartier Generale a Kaboul dove da 4 anni svolgeva le funzioni di esperto antidroga per l’Ambasciata italiana.
All’improvviso, stando alla versione ufficiale, terminato il servizio in Afghanistan, invece di tornarsene di corsa in Italia a riabbracciare la famiglia quell’ufficiale si è organizzato una vacanza tra i tagiki. Proprio lì dove si vociferava che una coltivazione di oppio andasse a sopperire ai tagli dell’amministrazione americana alle spese riservate dei loro Servizi. Operazioni sporche.
Lo accompagnava una donna. Per farla breve. Lui muore in circostanze mai chiarite, con una raffica di Kalasnikhov e poi il colpo di grazia: per essere proprio sicuri di avere sistemato la pratica.
I misteri infiniti
Per essere precisi: Giorgia Pietropaoli nel suo libro “Missione Oppio. Afghanistan: cronache e retroscena di una guerra persa in partenza” scrive che «Testimoni che hanno potuto vedere il corpo prima dell’autopsia, hanno riferito che a uccidere Cristiano Congiu è stato un solo colpo di arma da fuoco alla testa, quasi come se fosse stata un’esecuzione. Non c’erano segni di pestaggio. E del colpo al petto, riportato nell’autopsia, non c’era la benché minima traccia. Il corpo di Cristiano è stato provvidenzialmente cremato». (Leggi qui)
Alla signora che era in sua compagnia nessuno ha potuto mai chiedere molti dettagli. Perché appena tornata alla base è stata caricata su un aereo ed è rientrata in America. Dove la signora lavorava per una società. Chi ci capisce sostiene che fosse una delle attività di copertura della Cia. Se è vero, nessuno lo ha mai appurato.
Oggi, al cimitero di Pontecorvo il cappellano della Scuola Allievi Marescialli di Velletri ha commemorato il colonnello Cristiano Congiu nell’ambito della 13ma giornata a ricordo dei Caduti Militari nelle Missioni di Pace.
Noi, alla versione ufficiale, ci crediamo esattamente come tutti quelli che hanno conosciuto Cristiano: per niente.