Il rompicapo di Cianfrocca nella speranza di resistere

Ventuno mesi di governo cittadino e sentirli tutti: l'amministrazione comunale di Alatri si avvia verso il traguardo del secondo anno di attività. Cosa è cambiato da quell'ottobre 2021 in cui il centrodestra tornò alla guida della città dopo dieci anni di centrosinistra.

Chiara Boezi

Ma non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo

Le mura megalitiche di Alatri racchiudono più di quanto appaia all’esterno. Il commercialista Maurizio Cianfrocca non è più un sindaco agli inizi: ricopre il ruolo di primo cittadino da ottobre del 2021 dopo avere strappato la città al centrosinistra. Ma a distanza di 33 mesi dall’insediamento la sua maggioranza sembra tutto fuorché salda, nonostante i risultati conseguiti dal centrodestra pure in altre competizioni elettorali successive alle comunali.

All’interno della giunta si fatica a trovare un accordo che dia l’idea di stabilità e di compattezza. Nel frattempo, il Partito Democratico sembra soprattutto concentrato sulle sue dinamiche interne, con l’eterna lotta tra post Ds e post Margherita. La lista civica dell‘avvocato Enrico Pavia e di Tarcisio Tarquini – il cosiddetto Terzo Polo – resta all’interno di una linea di non comunicabilità con le due principali coalizioni. Sempre in bilico tra la potenziale e scoppiettante sorpresa (almeno in potenza) e l’irrisolto.

Se nessuno butterà giù prima del tempo questo centrodestra a marca Cianfrocca, alle amministrative manca un tempo politicamente rilevante. Altri due anni e tre mesi prima di tornare alle urne. Sempre che si voti a scadenza naturale. Cosa non del tutto scontata. 

L’accordo tra Fdi e Lega

Il vicesindaco Roberto Addesse con l’assessore regionale Pasquale Ciacciarelli

Fratelli d’Italia e Lega faticano a trovare una sintonia con il sindaco, che dal canto suo non vuole cercare o non ha ancora cercato un garante nella politica provinciale. Il che rende le triangolazioni con Fdi e Lega, già abbastanza tortuose di loro, ancor più complesse. Maurizio Cianfrocca si è prima avvicinato alla Lega, per poi annusare l’ipotesi Fratelli d’Italia. Ma, alla fine della corsa, ha preferito restare autonomo. Il che non ha forse giovato alla situazione interna, che resta frantumata.

Fdi ha da mesi chiesto a Maurizio Cianfrocca di azzerare la giunta. I meloniani vorrebbero proporre uno schema in grado di ridimensionare la Lega, che è capeggiata da Roberto Addesse, campione di preferenze alle Comunali e vero uomo-macchina dell’amministrazione. Per qualcuno, persino il sindaco ombra o il vero sindaco. Attualmente Fdi ricopre il ruolo di gruppo più grande della maggioranza. (Leggi qui: Cianfrocca, la copertura è saltata in diretta tv).

I meloniani posso contare su tre consiglieri, mentre la Lega ne ha due. Uno dei quali – Giuseppe Pizzuti, ex consigliere provinciale con la scottatura della mancata rielezione a causa del sostegno oscillante di Cianfrocca – ha più volte messo in discussione l’operato del sindaco e dell’amministrazione. L’ultima volta – critica questa condivisa anche con Fdi – per via del patrocinio gratuito concesso da Cianfrocca al Lazio Pride. (Leggi qui: Dacci oggi la nostra crisi trimestrale).

L’assetto provvisorio

Comunque, la giunta Cianfrocca oggi è così composta: due assessori della Lega, uno di Fdi, uno di Forza Italia (il Partito meno rumoroso) e uno di lista civica, quella del sindaco. Fdi pretende, a fasi alterne, che questi rapporti di forza cambino. E vuole, anche in virtù del peso politico assunto dal Partito della premier in questi anni, vedere riconosciuto un primato politico comunale.

La proposta di un rimpasto era stata avanzata dall’ala più vicina ad Antonello Iannarilli, già deputato, consigliere ed assessore regionale, ultimo presidente della Provincia eletto dai cittadini ed oggi commissario Ater. Ma adesso trova il supporto anche dei consiglieri comunali che sono più vicini a Massimo Ruspandini, coordinatore provinciale e deputato.

Insomma, se fino a poco tempo fa esisteva qualche altra frizione in grado di consentire a Cianfrocca di temporeggiare, ora quell’attrito tutto interno a Fdi sembra essersi assopito.

Nonostante i dialoghi tra le parti vadano avanti da tempo, il centrodestra alatrese appare molto lontano da un accordo complessivo. E il clima interno, anche durante le sedute consiliari, non appare disteso. La fragilità della maggioranza comunale non può che riflettersi anche sulla macchina amministrativa, che molti cittadini considerano ingessata. L’atteggiamento di Cianfrocca è chiaro: tira dritto al netto di rivendicazioni e richieste. Per un perché molto semplice: qualora le forze politiche dovessero togliergli la fiducia, potrebbe contare sull’effetto martirio. E ripresentarsi da solo, come vittima della partitocrazia, e/o con chi c’è. 

Le diverse linee interne al Pd

Giuseppe Morini

Il principale Partito dell’opposizione è concentrato sulle lotte interne. Due macro-episodi hanno contribuito a disegnare l’odierna situazione del Pd. Il primo: la fine dell’amministrazione guidata dal sindaco Dem Giuseppe Morini che, dopo dieci anni di abitudini governative, sembra aver generato un effetto logoramento sul circolo di Alatri. Del resto, il potere logora chi non ce l’ha, diceva qualcuno che qualcosa di politica ne capiva.

E i Dem alatrensi, per quanto l’amministrazione Morini si professasse (un po’ come quella odierna) a guida civica, avevano un peso specifico di tutto rispetto. Nonostante una parte del Pd alatrense abbia spinto e ogni tanto insista verso un cambio di paradigma, un’accelerazione non ha mai avuto luogo. E questo ha portato almeno a un rallentamento delle attività. Anche di banchetti – compresi quelli dei giovani dei GD – se ne vedono sempre meno.

La leadership di Fabio Di Fabio, poi, è in crisi. Ma in ottica comunali, non sembra semplice per il segretario provinciale Luca Fantini e per i suoi mettere in discussione l’assetto, che resta in buona sostanza post-democristiano. Le famiglie in campo sono sempre due: una è quella che fa riferimento all’area degli ex democristiani e, quindi, a livello provinciale all’ex presidente della Provincia Antonio Pompeo ed a livello nazionale il leader di Area Dem Dario Franceschini. Il correntone che ad Alatri, città che difficilmente ha espresso sindaci troppo marcati a livello politico, domina soprattutto a livello culturale.

L’altro gruppo, che fa capo alla sinistra progressista, fino a qualche tempo fa si riconosceva nel leader Francesco De Angelis. Ora è stretta attorno al consigliere regionale Sara Battisti ed al Segretario provinciale Luca Fantini, che ha il difficile compito di mediare tra le anime, considerato il suo ruolo. 

Da qui partì Buschini

Senza dimenticare Matteo Recchia, consigliere comunale che sta iniziando ad assumere un discreto peso provinciale. E che è un fantiniano doc. E poi c’è Mauro Buschini, prima consigliere regionale e poi capogruppo alla Pisana prima di passare al ruolo di Presidente del Consiglio Regionale. Ora Consigliere d’Amministrazione alla Saf, sembra essersi sganciato da Alatri e dalle sue dinamiche. Ma che può sempre rivendicare il percorso che ha segnato la storia recente della sinistra alatrense.

Con l’adesione di De Angelis ad AreaDem, il duo Buschini-De Angelis è rinato. Si è rinsaldato. E questo potrebbe avere un effetto anche su Alatri, dove Fantini e Recchia, invece, dopo aver strappato il testimone generazionale, non hanno alcuna intenzione di cedere centimetri. Si prospettano tempi complessi per la definizione del puzzle degli equilibri. 

Il Terzo Polo

Enrico Pavia

L’avvocato Enrico Pavia si è candidato, contando sull’effetto novità e mettendo insieme pezzi civici, di destra e di sinistra. Ecco: siamo sempre lì. Oltre ai problemi di comunicazione con centrosinistra e centrodestra, i civici di Pavia restano anche divisi al loro interno.

Anna Rita Pelorossi, attuale consigliere di opposizione, viene dal centrodestra. Vincenzo Galione, altro avvocato in lizza per una futura candidatura a sindaco, non fa mistero, neppure a mezzo social, delle sue idee di centrosinistra o comunque molto oppositive rispetto al governo Meloni.

Alatri non è un piccolo comune de-politicizzato. E questo minestrone di ideologie non è stato premiato dai cittadini, che comunque pretendono chiarezza. Difficile, ad oggi, dire se il Terzo Polo riuscirà a restare unito in vista delle future comunali, si spaccherà o se, più banalmente, si sfalderà a seconda della composizione della scacchiera partitica. Ma mancano ancora altri due anni e 3 mesi alle prossime elezioni: in politica è un’eternità.