La decisione del Tar di sospendere gli espropri per la Cisterna - Valmontone impone una riflessione. Sugli enormi ritardi nella progettualità del Sud Lazio. I soldi per le opere non ci sono ed un Tar viene sempre buono. Ma il problema siamo anche noi: che facciamo le cose quando ormai sono superate
Il Tar del Lazio blocca gli espropri della Cisterna- Valmontone. Una strada di poco più di 30 chilometri da realizzarsi però in Italia e non nel tratto di deserto che separa Tripoli da Bengasi. Qui, da noi, i terreni, tutti i terreni (e una strada passa necessariamente su terreno) sono di qualcuno, sono diritto di qualcuno.
Nel caso specifico, il tracciato della Cisterna-Valmontone dividerà l’area di un’azienda agricola di Cori. Alla quale tre settimane fa è stato notificato il Decreto di esproprio per pubblica utilità dell’area interessata dai lavori. L’atto doveva essere perfezionato in queste ore ma il proprietario si è opposto: ha presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale che nel frattempo ha bloccato l’iter.
Serve ancora una strada?
Quindi? Fare una strada diventa complicato, lungo e mentre i tempi si allungano sorge la domanda spontanea: “ma ci serve ancora questa strada?”. Anzi: “Ma ci servono ancora le strade?”.
La 156 dei Monti Lepini collega Latina a Frosinone: dopo decenni di peripezie è stata aperta a corsia unica collegando “velocemente” Ceccano a Sezze Scalo e non si riescono a fare gli ultimi 10 chilometri fino a Latina. Ma serve ancora una strada?
Su queste colonne seguiamo la crisi di Stellantis ma anche dell’indotto dell’auto e di colossi come Volskwagen, Bmw. Tra breve le auto rischiano di non esserci più, con il treno in meno di tre ore stai da Roma centro al centro di Milano e si può fare anche di meglio.
La tratta è gestita dal treno in tempi più brevi che in aereo (addirittura in Francia i voli dai piccoli aeroporti sono vietati). E noi? Chiediamo quello che dovevamo chiedere mezzo secolo fa almeno. Frosinone fa un gran parlare di un nuovo aeroporto: parla, parla, parla, nessuno però dice chi lo dovrebbe realizzare, con quali soldi, perché a Frosinone dovrebbe valere ciò che è stato un limite per Ciampino. Fuffa
Chiedere, ma in ritardo
Fuffa spaziale come la stazione del Treno ad Alta Velocità a ferentino, no a Cassino, anzi no a Roccasecca. In un Paese dove non c’è una lira nemmeno per piangere ci attacchiamo a tutto pur di dare l’illusione che si stia facendo qualcosa. È bastato che il deputato del collegio Cassino – Terracina (e già sindaco di Frosinone) Nicola Ottaviani ottenesse 3 milioni per uno studio di fattiblità collegato alla rete Merci e tutti si sono svegliati reclamando la stazione.
Una stazione che non c’è, che nessuno ha detto si farà, che nessuno ha detto ci sia la necessità di fare. Ma è bastato il finanziamento di uno studio per far correre tutti e mettere il cappello da capostazione. Tranne i soliti Unindustria (che ha dichiarato la disponibilità a mettersi le mani in tasca) e Raffaele Trequattrini (Consorzio Industriale, con la mole di dati necessaria a studiare).
Allo stesso modo, Latina non abbiamo la dimensione delle cose e non vediamo le cose del mondo, ci sentiamo a parte. Poi? Poi arriva il Tar, il buonsenso e i nostri sogni all’indietro tornano ridicoli. Qui avere problemi col passato è un classico: abbiamo chiesto le Terme quando le terme chiudevano.
Difendere i territori
Cosa serve? Il treno e difendere territori ancora salvi dal cemento, non servono strade che non avranno chi ci pasa sopra, ma boschi per respirare. E intanto come ci muoviamo.
Per esempio manutenendo come si deve la Pontina, completando la 156 e magari accelerando i tempi per riaprire la galleria di Monte Giove, la tratta ferroviaria Priverno-Terracina e la Gaeta-Formia.