Cosa ha messo a nudo la recente sentenza del Consiglio di Stato sull'inquinamento nell'area Mad. Ma anche Saf. Ci sono norme che vengono aggiornate di continuo. E spesso non sono chiare. Soprattutto non c'è una tabella che dica in maniera chiara da dove si parte per calcolare l'inquinamento.
Uno spunto per fare il punto. Sul caso Mad e sul fatto per cui a fronte di giudizi plurimi sulla discarica di Roccasecca pare si arrivi sempre ad un risultato. Confuso e contraddittorio. Quello per cui alla fine tutti hanno certificato che in quell’area ci sono valori superiori alle soglie stabilite dalla Legge per alcune sostanze. Ma nessuno ha saputo/potuto certificare in punto di Diritto che quel sito presenti valori inquinanti a causa degli impianti che vi stanno sopra.
E lì di impianti ce ne sono due. Nati per lavorare rifiuti, diventati strutture a servizio dell’Ambiente in un mondo nel quale il ruolo dei rifiuti è cambiato in modo radicale. Prima erano un problema oggi sono sorgente di nuova materia prima. Per essere chiari: un terzo dei nuovi posti di lavoro in Italia sta nascendo proprio in questo settore: l’Economia Circolare, cioè quella che recupera e ricicla ciò che viene buttato.
Chi sta lì e perché
Gli impianti che stanno su quel fazzoletto di terra sono lo stabilimento Saf, società pubblica costituita da tutti i Comuni della Ciociaria in parti uguali; dettaglio non da poco che volle all’epoca il presidente della Provincia Francesco Scalia. Per una ragione chiara: Viticuso ha un voto uguale a Frosinone perché in questo modo i grandi centri non possiono mettersi d’accordo e scaricare il peso dei rifiuti sui piccoli. L’altro impianto è gestito dalla società privata Mad. Lì ci vanno a finire i sovvalli: cioè la parte di rifiuti che non si riesce a recuperare e riciclare. Gli avanzi degli avanzi.
Mad e Saf sono state citate più volte in giudizio per i livelli di alcuni metalli presenti intorno a loro. Valori tali da motivare il ricorso alle aule di giustizia, amministrativa o penale. E il paradosso sta nel fatto che il fascicolo Mad e quello Saf, per essere certificati come non passibile di azione giudiziaria, deve andare proprio nell’aula di giustizia. Cosa significa?
Attenzione: nel Diritto contemporaneo funziona esattamente così, ma lo fa al netto di una normativa di riferimento. Un regolamento che serve alle parti a stabilire se, dove e ad opera di chi lo stesso sia stato violato. Ecco, nel caso Mad e nel caso Saf una normativa di riferimento che fissi valori dai quali partire per stabilire quando si può parlare di inquinamento non c’è. O meglio: c’è una legge che dice: sopra questa soglia è inquinato. Ma se quei terreni producono in maniera naturale quelle sostanze e sono quindi naturalmente oltre soglia? Servirebbe una Tabella dei Valori di Fondo: cioè un dato certificato che dica ‘Qui si parte da questo numero, oltre significa che qualcuno ha inquinato‘.
Territori interi in stallo
Una legge che stabilisca la creazione di quella Tabella non c’è. Non c’è su ogni territorio un focus di precisione univoca. Ci sono solo: i soldi spesi da Valter Lozza per Mad e dai cittadini della provincia di Frosinone per Saf o dagli attori del procedimenti per dimostrare che “per parte loro” è tutto a posto. E lo ha ricordato il giudicato amministrativo di questi giorni in Consiglio di Stato. (Leggi qui: Il Consiglio di Stato: “Non è Mad ad inquinare l’ambiente”).
Ha messo a nudo ancora una volta lo stallo di un territorio in ordine ad una casella delicata come il ciclo dei rifiuti. Togliendo la foglia di fico ad un tessuto sociale di Lazio e Frusinate che ne continua a produrre in sincrono con la colpevole assenza di norme di rango complesso. Regole cardinali che chiariscano una volta per tutte ogni aspetto. Andiamo di recap per dare sugo all’esempio, partendo dalla sentenza.
La sentenza del Consiglio di Stato
Con ordinanza 3/2019 la Provincia di Frosinone ingiunse a Mad di adottare “i necessari interventi di messa in sicurezza e ripristino ambientale”. Su cosa? Sul livello di “metalli” presenti in discarica, definiti “oltre i limiti di legge”. Di quale legge? In quale normato sta scritto che i livelli di Ferro, Manganese ed Arsenico della Mad erano “superiori ai limiti di legge nelle acque circostanti e sottostanti l’impianto”? La Provincia ha fatto riferimento all’articolo 244, Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152. La norma c’è ed è chiara, i limiti anche.
Ma il fatto che quei limiti siano stati superati significa che qualcuno ha inquinato? È il dubbio che più volte in questi 25 anni è stato sollevato sia da Mad e sia da Saf. Hanno fatto notare che quei valori sono così alti anche prima dei loro impianti: ma allora fosse la natura del terreno?
Il Tribunale Amministrativo Regionale ha esaminato il quesito. Si è affidata agli studi di autorevoli accademici nominati suoi consulenti. Ed ha stabilito che i valori sono superiori ai limiti ma non essendoci una Tabella dei Valori di Fondo non si può dire se Mad o Saf ne siano in qualche modo responsabili. E lo stesso ha stabilito il Consiglio di Stato. Quei valori sono nella media dei terreni e delle acque circostanti. Determinante è stata una perizia affidata al direttore del corso di laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio dell’Università La Sapienza di Roma.
La sentenza mette in chiaro che il problema non è solo a Roccasecca: “questo meccanismo è stato verificato anche in altri diversi siti italiani, come per esempio presso l’Emilia Romagna o la Piana d’Aosta,
Sette processi per sette “casini”
Insomma, l’ordinanza originaria di Palazzo Iacobucci in cui si intendevano violate regole è stata vanificata sui due gradi di giudizio amministrativo e nel merito. Ma questo non è il solo episodio che riguarda la discarica di Roccasecca, è solo il più recente e quello più rappresentativo di uno schema a cui manca una casella cardinale.
Nel corso degli anni di procedimenti ce ne sono stati almeno sette. Sette azioni giudiziarie nel corso delle quali da parte di attori e resistenti, querelanti e querelati è stato necessario nominare periti, ingaggiare legali e dispiegare risorse. Il tutto con un upgrade parallelo e serio assai. Qui si parla di rifiuti, cioè di un prodotto che è messo a regime in un ciclo delicatissimo nel quale, se salta un solo spot, sono guai tangibili. E di solito son guai spersi fisicamente nelle strade di Lazio, Ciociaria e Cassinate. Chi ha memoria lunga ricorda, nel primo decennio dei 2000, i giorni (pochi ma terribili) del sequestro della Saf guidata da Cesare Fardelli. Giorni in cui fu necessario intervenire subito con prescrizioni settate della Procura della Repubblica di Cassino.
Questo perché in 48 ore le strade del territorio iniziarono a brulicare di cassonetti traboccanti robaccia. Perciò i tonnellaggi di base sul conferimento a via Ortella vennero comunque permessi con parametro 700. Oltre quello si doveva essere a posto con le prescrizioni tecniche indicate nel dispositivo giudiziario.
I solleciti di Zingaretti: vani
Il senso è che un serio dibattito parlamentare per fissare e mettere in Gazzetta Ufficiale una norma sui valori di fondo è attualissimo. Ed urgente. A suo tempo, un paio di anni fa, la Mad ha deciso di incrociare le braccia. Finito lo spazio nel IV invaso e raggiunto il limite per l’abbancamento in altezza ha deciso di chiudere i cancelli. Eppure aveva l’autorizzazione a realizzare un V invaso per proseguire l’attività.
La società è stata chiara: senza un dato di partenza certo sui livelli d’inquinamento non ha intenzione di fare il ruolo del piattello in un poligono con fossa olimpica. Giocassero altri a farsi impallinare. Senza regole chiare resta tutto chiuso. A nulla sono servite le due diffide arrivate nel corso del Governo regionale di Nicola Zingaretti: ricordavano a Mad che doveva aprire ed accettare i sovvalli. Ma quel vuoto normativo venne fiutato come foriero di potenziali guai e generò un diniego della dirigenza societaria. Insomma: non hanno riaperto. L’invaso l’hanno realizzato, i primi lotti possono partire in qualunque momento. Ma non partono.
E nessuno è tenuto a dargli i valori di fondo: non c’è una norma a prevederlo. Regione per norme d’ambito e Governo nazionale non hanno una mappa di riferimento. Non è prevista. Né qui né altrove in Italia.
Tre pareri di rango per fare il punto
La confusione regna sovrana sotto il cielo di posti dove fare confusione è pericolosissimo. Lo sa l’avvocato Sandro Salera del Foro di Cassino, patrocinante di rango sul tema. Allo stesso modo lo sa il deputato di Fdi Massimo Ruspandini che ha sollevato la questione su scala nazionale. E pure lo sa il suo collega di Partito, il consigliere regionale Daniele Maura.
Spiega Salera: “Nel corso degli ultimi venti anni ho patrocinato numerosi processi a carico dei Presidenti della Saf Spa che si sono succeduti nel tempo. Giudizi sempre conclusi con esito favorevole. Era già emersa, in tali processi la circostanza, dirimente, della presenza del tutto naturale nel terreno, di valori rilevanti di arsenico, ferro e manganese”.
“Questi dati , oggettivi, erano emersi attraverso le consulenze di eminenti professori universitari e geologi (professori Sirini , Ilgrande e Gizzi ). In buona sostanza si rappresentava e dimostrava come quelli accertati, fossero i valori naturali del terreno dell’intera zona interessata di Roccasecca e Colfelice. Dunque valori naturali e non certamente conseguenza di inquinamento determinato dalla Saf spa o dalla confinante Mad spa”. Salera tratta la materia ambientale da 30 anni. Dai casi Cic alla Reclas fino alla Saf. Per non citare poi il caso delle autorizzazioni ambientali rilasciate dall’allora Presidente della Provincia Peppe Patrizi ed il caso dell’inquinamento nella discarica di Via Le Lame a Frosinone.
Ruspandini: Norme settate sui progressi”
La toga cresciuta all’ombra dell’abazia ha in corso decine di processi in materia ambientale per tutte le più grandi aziende della Provincia. La chiosa del legale cassinate è “partigiana” ma per certi versi inoppugnabile. “Rilevo pertanto oggi, con grande soddisfazione, come il Consiglio di Stato, abbia definitivamente confermato questa oggettiva verità che spazza via ogni diversa illazione”. La soluzione definitiva? Una Tabella che non è prevista e per questo nessuno vuole prendersi la responsabilità di redigere.
Massimo Ruspandini invece è deputato di Fratelli d’Italia: è di fatto uomo mastice. Tra cosa? Tra le lotte territoriali per preservare l’ambiente e le responsabilità istituzionali per fare sistema di quella mission. Magari senza rebus interpretativi. Ha portato la questione sui tavoli della discussione nazionale. “Sulle questioni ambientali, al di là del fatto specifico riguardante la sentenza di Consiglio di Stato sulla vicenda Mad, si assiste da sempre ad interpretazioni controverse di leggi e normative. È evidente che siamo in presenza di norme poco chiare”.
La rotta che indica il parlamentare di Ceccano è lineare. Ed è quella della necessità di una norma che investe il suo ruolo di parlamentare: “La materia ambientale andrebbe normata anche prendendo atto dei progressi avvenuti negli anni. (Progressi) in ambito impiantistico e organizzativo da parte di tutto il settore”.
Il precedente nella Valle del Sacco
“Tenendo sempre al centro l’attenzione, il rispetto e la salvaguardia dei territori. Nonché la salute selle popolazioni che vivono in prossimità di discariche, termivalorizzatori, impianti di raccolta e smaltimento rifiuti”.
E a chiosa: “Detto questo il tema è talmente tecnico e complesso che, in caso di riforma dell’attuale normativa, ad occuparsene devono essere oltre ai politici delle commissioni competenti anche gli uffici legislativi preposti del Ministero dell’Ambiente. È evidente che da parte mia, visto che da sempre ho lottato per le notevoli problematiche della Valle del Sacco manterrò alta la guardia sul tema. Cercando, per quanto possibile, di lavorare per il miglioramento dell’attuale quadro normativo”.
Maura e l’esigenza di regolamentare
Il consigliere regionale Daniele Maura è (anche) Vicepresidente della della Commissione Sviluppo Economico ed Attività Produttive del Consiglio Regionale. Ha idee chiare e profila uno scenario netto. “La necessità di deliberare a livello regionale su una scala di valori definita in merito alle discariche deriva dalla complessità di bilanciare la gestione dei rifiuti con la tutela dell’ambiente e della salute pubblica”.
“La proposta di stabilire un range di valori che indichi, in modo univoco e condiviso, quando una situazione possa essere considerata inquinante e quindi passibile di sanzioni o procedimenti amministrativi, risponde a questa esigenza”. E ancora: “Naturalmente va tenuto conto dei parametri di fondo, per comprendere se le caratteristiche del terreno abbia già in sé determinati valori naturali”. Da questo punto di vista Maura enuncia tre precondizioni.
“Elementi chiave della norma devono contenere tre principi cardine: 1. Stabilire criteri oggettivi e misurabili per identificare quando un’area di discarica può essere considerata inquinata. Questi parametri possono includere la presenza di specifici contaminanti (chimici, biologici, fisici), il superamento di soglie di concentrazione stabilite, o l’effetto di tali contaminanti su suolo, acque e aria”.
I tre principi cardine
E ancora: “2. identificazione chiara delle soglie di rischio ambientale, collegando ciascuna soglia a determinati obblighi di intervento e alle relative sanzioni. 3. Delineare con precisione il confine tra ciò che costituisce una violazione amministrativa e ciò che configura un reato penale. Questo richiede la definizione di soglie oltre le quali un’azione diventa perseguibile a livello legale, garantendo così certezza del diritto”.
E a chiosa: “L’assenza di una tale normativa chiara può comportare problemi significativi e ne abbiamo avuto l’esempio anche con questa vicenda. Uno stallo sulla gestione dei rifiuti può avere impatti negativi sull’ambiente e sulla società e non possiamo e dobbiamo permetterlo”.
Si farà la norma sui valori di fondo? Si accettano scommesse.