Italia nuke e Salvini che ha il suo alfiere pro Trump perfetto

Il lessico hard del capitano e quello soft del politico cassinate ma con lo stesso scopo: la briscola dell’energia

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

“Dopo tre anni di guerra e centinaia di migliaia di morti, è giunta l’ora della pace. E se a Bruxelles qualcuno ancora usa toni bellici, come quasi tutti i ‘giornalisti’ italiani (con poche valorose eccezioni), l’Italia ha il diritto e il dovere di lavorare, insieme agli Stati Uniti e a tutti quelli che con tenacia e coraggio cercano di evitare una Terza guerra mondiale, per restituire ai nostri figli un futuro di pace e prosperità.

Così Matteo Salvini, all’indomani del siparietto mesto tra il presidente Usa Trump in vena di Somma Presunzione e quello ucraino Zelensky, tecnicamente riabilitato nel mainstream proprio dall’aggressività casalinga del suo interlocutore.

Che significa, al netto del disvalore etico di un leader mondiale che ne cazzia un altro che è sotto attacco militare da tre anni?

La cronaca del giorno

Volodimir Zelensky a Londra con il Primo Ministro Keir Starmer (Foto Handout / Ukrainian Presidential Press Service / Afp / Ansa)

Per comprenerlo bisogna partire dalla fine e dalla cronaca di queste ore. La sospensione degli aiuti americani all’Ucraina potrebbe essere imminente. Se Volydmyr Zelensky non accetterà il prima possibile le condizioni imposte da Washington per una tregua, il suo Paese rischia di essere abbandonato dagli Stati Uniti. Donald Trump non si sposta di un millimetro dalla sua posizione per la fine del conflitto.

All’indomani del vertice di Londra, avverte il leader ucraino ma anche gli alleati europei, che il tempo stringe e la pazienza della sua amministrazione non è illimitata. Le dichiarazioni fatte da Zelensky a Londra hanno irritato ancora di più il presidente americano: “Questa è la peggiore affermazione che avrebbe potuto fare e l’America non lo tollererà ancora a lungo“, ha tuonato Donald Trump su Truth. Il presidente ucraino aveva detto di ritenere che “la fine della guerra è ancora molto, molto lontana“, aggiungendo che c’è “molta strada da fare“. Aveva sollecitato ancora una volta un accordo “onesto“, “equo” e “stabile“, con “garanzie di sicurezza molto specifiche“.

Kiev, ha sottolineato il presidente ucraino, “non riconoscerà mai i territori occupati dalla Russia come territorio russo. Per noi, queste saranno occupazioni temporanee“.

Non vuole la pace

Donald Trump (Foto: Saul Loeb / AFP / Ansa)

Il che ha fatto imbestialire la casa Bianca. “Questo ragazzo non vuole che ci sia la pace finché avrà il sostegno dell’America e l’Europa“, gli ha replicato subito il tycoon su Truth. Ed anche il Cremlino ha colto la palla al balzo per attaccare il presidente ucraino accusandolo di “non volere la pace“.

In serata Zelensky ha poi cercato di aggiustare il tiro, precisando sui social di essere “al lavoro con i partner” per “porre fine a questa guerra il prima possibile“. “Abbiamo bisogno di vera pace“, ha aggiunto su X, affermando di “sperare molto nel sostegno degli Stati Uniti nel cammino verso la pace“.

Zelensky non vuole la pace, qualcuno deve costringerlo. Se gli europei ci riescono, onore e lode a loro” ha dichiarato anche il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. E sull’onda del disgelo tra Washington e Mosca, la Russia ha incassato lo stop alle operazioni di cyber spionaggio nei suoi confronti decisa dal segretario alla Difesa Pete Hegseth.

Vedetevela voi

Ursula Von der Leyen (Foto © Imagoeconomica)

Ore decisive con Trump riunito con i suoi consiglieri più stretti, tra i quali il segretario di Stato Marco Rubio e il capo del Pentagono per valutare la sospensione o la cancellazione degli aiuti militari americani all’Ucraina, comprese le ultime spedizioni di munizioni e attrezzature autorizzate durante l’amministrazione Biden. Una mossa che era nell’aria da giorni, dopo la rottura nello Studio Ovale, ma che sembra aver subito un’accelerazione anche alla luce degli esiti del vertice di Londra.

È sempre più chiaro che gli Stati Uniti di Trump non vedono l’ora di passare la palla all’Europa sull’assistenza a Kiev. Accogliamo con favore che gli europei assumano un ruolo guida nella sicurezza europea ma devono investire nelle proprie capacità per poterlo fare“, ha dichiarato il consigliere per la sicurezza nazionale americana Mike Waltz.

Sperare di spaccare l’Ue

(Foto: Afp / Ansa / Ukrainian Presidential Press-Service)

La prima lettura, la più evidente, è quella per cui Trump ha perso la partita con cui sperava di spaccare (ancor più) il fronte europeo. La sua spavalderia ha in realtà compattato l’Ue e perfino una sodale a 24 carati come Giorgia Meloni ha dovuto giocarsi più di una briscola diplomatica per non ritrovarsi dalla parte del torto pur restando dalla parte di chi torto lo ha.

La seconda, quella italiana, è che oggi c’è un solo partito che sta perfettamente spalmato addosso a The Donald senza equilibrismi, e non lo fa certo per endorsement ideologico come vorrebbe fare credere il suo leader. No, la Lega di Matteo Salvini ha fiutato l’usta di una Ue debole e vuole sfruttare questo filone, anche in chiave di fronda inside all’alleanza che oggi governa il Paese.

E per farlo Salvini ha bisogno di un lessico chiaro anche nei sottosistemi politici in cui il Carroccio agisce.

Il lessico di Supermario

Mario Abbruzzese con Claudio Durigon, Laura Cartaginese, Davide Bordone

Non è un caso infatti che, 24 ore prima delle dichiarazioni del vicepremier e ministro sulla combo Trump-Pace, qualcun altro aveva detto cose come queste. “E’ chiaro che tutti auspichiamo la fine di questa sanguinosa guerra che solo pochi giorni fa ha segnato il suo triste anniversario di morte e distruzione. Trump? Lo conosciamo, è fatto così: è un personaggio sui generis. Tuttavia va detto che lui è uno che ‘minaccia’ ma che al contempo tratta. E sappiamo tutti che senza gli Stati Uniti l’Ucraina avrebbe perso la guerra dopo massimo 20 giorni.

Sembra Salvini prima di Salvini, ma in realtà sono affermazioni di Mario Abbruzzese che, interpellato direttamente sul tema, ha risposto con solerzia ad un’ora in cui di solito per telefono si lanciano solo maledizioni. E lo ha fatto usando toni e lessico da format impeccabile, almeno a contare la visione del partito sullo scenario.

Il coordinatore Organizzativo regionale della Lega ha poi aggiunto: “Detto questo è chiaro che esiste anche una corresponsabilità da parte dell’Europa. Un’Europa debole ed incapace di trovare una sintesi politica che la rendesse protagonista della firma di un accordo di pace. Europa che oggi paga un prezzo altissimo”.

Vladimir torna ad esserci amico

Di certo come sistema complesso al di qua dell’Atlantico “non possiamo addossare la responsabilità a Trump di non avere il nucleare, Come non possiamo addossargli quella di non avere l’AI o del fatto che non abbiamo industrie belliche sul nostro territorio. E’ necessario quindi chiudere questa guerra ed al contempo credo si ponga fine ad un disastro socioeconomico devastante per tutta l’Ue”.

Quindi i temi sono due ed il lessico è uno solo: l’Italia deve tornare al nucleare per avere una sua sponda energetica autarchica, grossa ed interna e deve completare la stessa non escludendo un “ritorno di fiamma” con Vladimir Putin e con il suo gas. Il che però implica che Roma non sia ambigua nella condotta che, per mezzo di Trump e della sue soperchierie dialettiche da bullo tamarro, dovrebbe portare ad una pace non giustissima nell’accezione Ue originaria, ma necessaria.

Se Salvini avesse detto “si fotta Zelensky” avrebbe fatto passare il concetto con meno giri di parole. Ma dalle parti del Carroccio c’è bisogno come mai prima di lessico intelligente e spiegoni situazionisti, non certo del solito vocabolario trucido e polarizzante che stavolta potrebbe azzoppare la manovra del Carroccio.

Tradurre la linea del Carroccio

Perciò Abbruzzese è uno di quelli che sui territori devono tradurre la linea di un partito a volte troppo mastino per governare in un approccio fermo ma non isterico. Ad esempio sul nuke il politico di Cassino aveva commentato sui social: “Approvata in Consiglio dei Ministri anche la legge delega che avvia il percorso per riportare nel nostro Paese l’energia pulita, sicura e di ultima generazione del nucleare.

Matteo Salvini

Un dato crudo, semplice e che contiene subliminalmente un messaggio di “bollette basse” e “mood green”, ma che non lo urla come se si fosse sul Pratone ad arringare vichinghi 2.0. A quello ci pensa il Capitano, che ha le sue manovre da mettere in campo. E che dietro le stesse ci nasconde un’indole comunque vocata al lessico da frattura, questo perché c’è una fetta di elettorato che, in quanto a sessappiglio pop, è seconda solo a quella di Fratelli d’Italia.

Tutto giocato sulle bollette

“La fine della guerra fra Russia e Ucraina sarà il più grande risultato a cui noi tutti come comunità internazionale dobbiamo ambire nel 2025, al di là dei risvolti economici evidentemente positivi. È chiaro che cambia il mondo. La Russia deve tornare ad essere un paese amico dopo la tragica guerra. È chiaro che anche le bollette ne risentiranno in positivo”.

Ecco perché Salvini, che non si può permettere il piacionismo intelligente di Abbruzzese che liquida il Commander in Chief come un qualunque tipo “fatto così” ma tutto sommato pratico, la mette giù diversa. Più diretta. “La presidenza di Trump è un’occasione storica e irripetibile per l’Italia. Possiamo essere centrali, cosa che non siamo a livello internazionale dai tempi di Berlusconi e prima ancora di Craxi, quando l’Italia contava e sedeva ai tavoli giusti”.

Tornare centrali “come con Craxi”

Bettino Craxi (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica)

Come a dire che il ritorno di centralità e prestigio millantato da Giorgia Meloni, che sul tema bollette è stata costretta a dare un bonus extralarge in quota Isee, è solo il ripieno per gonzi di cui parlava Stephen King. Il vero nemico è la maggioranza Ursula due, e, per domino concettuale, anche quella leader che pur essendo leader dei Conservatori, le ha offerto spalla.

Salvini lo sa e affonda, riecheggiando inconsapevolmente altre ruggini di sotto sistema, quelle che ancora permangono tra Abbruzzese ed il deputato e presidente provinciale di Fdi Massimo Ruspandini. “Le minacce di von der Leyen, permettetemi, sono ridicole. Se la piccola Europa – fra Cina, Russia, Paesi emergenti e Stati Uniti – minaccia le guerre commerciali e gli eserciti continentali… Non siamo riusciti a difendere il settore dell’auto, suicidato dalle politiche di Bruxelles, vuoi mettere in piedi un esercito e fare la guerra a Trump? Non siamo ridicoli.

I dazi come merce di scambio

Donald Trump

Poi la linea di convergenza per cui Lo Scaricatore di Porto in Chief sarebbe uno che tutto sommato ed al netto del suo peggior sé sa trattare. “Trump usa i dazi come merce di scambio. Ha messo i dazi sul Messico, ma poi si sono messi al tavolo, ha tolto i dazi e il Messico ha schierato 10mila militari ai confini per bloccare l’immigrazione clandestina. Con il Canada ha fatto lo stesso. Trump è uomo di business. Ti siedi al tavolo”.

Già, basta sedercisi al tavolo tutto sommato, e portare a casa il risultato. A meno che non ti chiami Volodymyr Zelensky. In quel caso dal tavolo ti ci alzi con l’umiliazione di chi, non senza errori, ha comunque provato a difendere il suo popolo.