La guerra di Piero ma senza papaveri rossi: da Cassino ai correntoni del Pd

La battaglia del governatore campano per il terzo mandato e la posizione del figlio, che rappresenta un "totem" di correntismo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Alla fine è sempre tutta una questione di calibri e misure. E di circostanze che disegnano un fatto. Nel 2021 a Cassino Piero De Luca diventò “famoso” per due cose: perché era il figlio di Vincenzo, fumantino governatore della Campania, e perché diventò professore associato presso l’Università di Cassino. Prima che qualcuno nell’antichità scoprisse che i semi di carruba hanno sempre le stesse dimensioni e che potevano costituire unità di misura costante (da cui la parola ‘carato’) le cose umane si sono sempre misurate a clamore.

Neanche quell’episodio fece eccezione. E secondo Il Fatto Quotidiano De Luca jr passò “dall’essere un ricercatore a tempo indeterminato a docente tramite una selezione a chiamata rivolta solo ai ricercatori già interni all’Università.

Il concorso Unicas e l’ira di Betta

Sul concorso interno, in realtà regolarissimo, arrivò una mezza shit-storm con finestre di illazione anche sul ruolo del sindaco di Napoli Manfredi. Perciò l’allora Rettore Giovanni Betta fece due cose: prima si incazzò legittimamente, poi cassò il tutto in punto di assoluta legittimità procedurale. “Esiste un piano straordinario – spiegò a Ciociaria Oggi – che finanzia i passaggi da ricercatore ad associato per quel che riguarda i ricercatori che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale”.

Tutto retrocesse a rumore sordo e Piero De Luca fu libero di dedicarsi al suo altro amore: quello per la politica, il Pd e per i correntoni. In una benevola “guerra” che lo vide sconfitto con il suo “Energie popolari” al congresso del 2022. Tutto in fisiologia e dialettica intera, tutto misurato, almeno fin quando Elly Schlein, ascesa alla segreteria per voto pop e non di tessera, non calò la mannaia sul deputato.

Energie popolari e la mannaia di Elly
Elly Schlein (foto © Glauco Dattini)

A giugno 2023 la leader rimosse De Luca jr da vicecapogruppo del Pd alla Camera e scoppiò una Casamicciola tutta inside al Nazareno. Ci fu chi vide in quel gesto una crociata contro il cognome e chi invece rispose che si era trattato di una decisione fisiologica.

Nel tempo tra i due era tornato il sereno, anche in virtù delle skill di De Luca jr comecapogruppo in commissione Affari europei a Montecitorio e segretario del gruppo parlamentare dem con delega al Pnrr”.

Tutto questo fino ad oggi, a quando cioè la guerra tutta intestina e mai andata oltre tiepide tregue tra De Luca quello senior ed Elly Schlein non aveva ripreso vigore tattico.

In particolare con il governatore della Campania che si è fatto votare il terzo mandato di ruolo, per il quale Giorgia Meloni in veste di fante-sabotatore si appresta a presentare un ricorso anti-Schlein. E con la segretaria che pare, indispettita, non lo candiderà sotto il simbolo del Pd per le regionali del 2025.

Una posizione molto difficile
Arturo Scotto (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Attenzione: sbaglierebbe di grosso chi leggesse questa “guerra” come una mera contrapposizione generazionale di caratteri in parrocchia unica. In ballo ci sono sempre state due ricette politiche.

E due modi di vedere il Pd. E quando nel Pd, che di modi di vedere e vedersi ne ha già decine, ne arriva uno dietro la quale ci sono carisma e piglio di “Vicienzo”, allora sono dolori. Dolori di sistema, non di fuffa. Sono guerre che portano a traino altri conflitti. Come quello che, secondo il deputato Arturo Scotto, pare stia riprendendo grinta tra De Luca jr e la Schlein.

“Nessuno vorrebbe essere al suo posto ma un certo punto gli toccherà scegliere da che parte stare. Perché qui temo che dentro al partito stia per scoppiare una battaglia gigantesca, e lo dico con il rispetto che ho per Vincenzo De Luca, ma Elly rappresenta il rinnovamento. Ci sono due dati su cui riflettere, e che Il Foglio diretto da Claudio Cerasa ha messo bene in evidenza.

Il mediatore che però sul terzo mandato…
Vincenzo De Luca

Il primo è quello della assoluta diversità di carattere tra padre e figlio. Dove, solo in iperbole letteraria, il primo è Tarzan che si mena coi bertuccioni sotto Brazzaville il secondo pare Lord Greystoke che versa il tè sopra Dover. E dove De Luca senior sa essere il Capopolo Ottimo Massimo ed Erudito De Luca Jr sa fare benissimo il ministrante bizantino. Quello che sussurra cose senza mai dare ad esse la patente di proclama sguaiato. Ed è bravo.

E’ un mediatore nato ed è uno che se va alla guerra non te lo urla in faccia. Non fa dichiarazioni ma agguati. E c’è un dato: sul terzo mandato Piero De Luca sta col padre. “Trovo del tutto legittimo e condivisibile consentire agli elettori di scegliere il sindaco o il presidente di regione anche per un terzo mandato”.

In più, mai in pubblico, è stato critico nella manovra a diga della segretaria proprio sul tema. E siccome non esiste una posizione formale del Nazareno ma tante posizioni che sono andate in deroga via via che si rendeva necessario un loro endorsement concettuale alle linea di Schlein oggi il Pd peppia.

Correntismo e nuove occasioni

Lo fa due volte: con quelli che vedono in De Luca jr un’occasione per rimestare nel correntismo atavico del partito e con De Luca jr stesso. Che sul tema paterno non parla ma che attende che qualcuno magari parli per lui. Ed è successo: “Da quando la comunicazione di Schlein ha iniziato a fare i dispetti a Piero, non lo mandano più in radio, lo nascondano, lui non se lo merita”.

E forse la guerra di Piero altri non è che la guerra di Elly, che potrebbe usare il destino politico del figli per rabbonire il padre. Ma queste sono solo malignità, ed in un clima bellico già di suo conviene prendere con le molle. Chilometriche ma non troppo.