La naja come scuola di vita che piace a molti del destra centro ma non a tutti: e che ha spinto anche Daniele Maura ad un amarcord
Accadde tutto esattamente 20 anni fa, nel 2004. Accadde che, all’improvviso, nessuno trovò più la “cartolina verde” del Distretto Militare nella cassetta della posta. E nessuno più iniziò a sudare freddo per quell’esame non dato che, maledetto lui, aveva schiuso le porte ad un anno di vita da dedicare-regalare allo Stato. In grigio-verde, sull’attenti, missile, burba, capospina, anziano, vecchia e fantasma. E dopo la mitologica “tre giorni” alla caserma Luciano Manara di Viale Giulio Cesare a Roma. Quella in cui molti imparavano la differenza tra la metro e il torpedone del sabato mattina che arrivava nelle piazzole del paesello.
Il 23 agosto del 2004, con la Legge numero 226 proposta dal ministro della Difesa Antonio Martino poi emanata dal Berlusconi bis, in Italia scomparve la naja. Urla di gioia di chi ci era arrivato un soffio vicino, urlacci di rammarico per chi per un soffio l’aveva fatta. Ed un Paese intero che si metteva in scia a quelli che avevano abbracciato il mood degli eserciti piccoli e professionali. In mezzo c’erano stati il Libano, l’ex Jugoslavia e la Somalia, dove ci facemmo assoluto onore in barba al fatto che molti di noi sarebbero tornati “borghesi” senza conoscere la differenza tra un Fal Bm-59 con calciolo pieghevole e la doppietta da lepre del nonno.
Il sollievo, per scampati e casse dello Stato
A tirare un sospiro di sollievo furono soprattutto le casse dello Stato, che dal primo gennaio 2005 vennero manlevate dalle spese di addestramento, sostentamento e formazione di decine di migliaia di giovani. La nuova geopolitica imponeva format più precisi. Le caserme vennero riconvertite a skill più professionali e, negli anni, il servizio di leva obbligatorio divenne un vago ricordo. Ricordo tanto sedimentato che alla fine, con un mood un po’ ipocrita tipico dei sistemi complessi umani, germinò la cantilena del rimpianto per il bel tempo che fu.
Dapprima fu un brusio sotterraneo concentrato soprattutto tra coloro che, avendola dovuta fare magari in zona Cesarini, la naja, non trovarono altro da fare che decantarne il valore. Il loop dei secondi 2000 era tutto sommato morbido e stava a metà tra l’orgoglio di aver “servito” contrapposto alla culoneria dei “salvati” e l’amarcord pezzotto.
Quello per il quale ancora oggi quasi chiunque abbia fatto il servizio militare tende a raccontare di aver invaso Grenada lanciandosi in Halo di notte e pure coi fulmini a smerigliargli la calotta. Tutto questo mentre invece il massimo del rischio (fatte salve le eccezioni da lode, ripetiamolo a sfinimento) era rientrare da un 36 in ritardo e corrompere il commilitone in garitta con due pacchetti di sigarette.
Tanta mistica e poche (ma buone) realtà
Oppure spallare bulli il basco piegato prima di andare a vedere un film discinto nel cinemino hot di fianco la caserma. Roba emendabile e bella, roba che appartiene alla mistica di un Paese che, non essendo mai stato mediamente una fucina di GI Joe (ripetiamo, mediamente, le eccezioni ci sono e sono splendide) , doveva raccontarsi l’esatto contrario.
Le cose cambiarono di pari passo con l’incedere del sovranismo, del populismo e della mistica maschia. Quella per cui un uomo che serve la Patria (e dal 2000 una donna) è “più” degli altri. Certo, ci furono incentivi esterni rappresentati dai mutamenti della società. Si finì quindi, in una escalation di pesi e contrappesi sociologici, per attribuire alla naja il merito di una formazione più tetragona dei cittadini. E per converso alla sua assenza la colpa di una società discinta e senza regole.
Arrivano sovranismo e rimpianto
Tutto questo accadde ed accade ancora con il solito format polarizzante all’italiana. Quello in cui un ragionamento medio e senziente viene automaticamente bandito perché a noi quella roba cartesiana là non è ma piaciuta. La politica non aiutò: da un lato La Lega di Matteo Salvini e robuste frange di Fratelli d’Italia che spingono ancora oggi per un ripristino modulare ma identitario del servizio militare.
Dall’altro centrosinistra e sinistra che non vedono affatto la “bellezza etica” della soluzione. In mezzo, come sempre, Forza Italia, che la butta saggia e defilata dal core ideologico sui costi. E che con il solito, quadrato Antonio Tajani ha bocciato la fattibilità pratica della cosa. “Non credo che si possa reintrodurre la leva obbligatoria, costerebbe talmente tanto. Con il sistema che abbiamo noi sarebbe troppo costoso”. Gli ha fatto eco il titolare attuale della Difesa, il “fratello moderato” Guido Crosetto.
La nuova naja e la politica
Elly Schlein invece era stata più netta: “Noi siamo per vedere nelle mani dei giovani il futuro, non il fucile”. Salvini, che è un po’ il Sampei delle cose piacione ma buone solo a far abboccare l’elettorato, aveva cavalcato l’effetto Vannacci. Come? Andando in iperbole rispetto ad un suo vecchio cavallo di battaglia rinvigorito dall’arruolamento del generale. Perciò a maggio aveva annunciato fiero: “Depositata alla Camera la proposta di legge della Lega per reintrodurre sei mesi di servizio civile o militare per i ragazzi tra i 18 e 26 anni”.
“Su base regionale e da svolgere esclusivamente in Italia”. Una sorta di Guardia Nazionale random, insomma. E i politici ed amministratori nostrani? Non è un mistero che Enzo Salera sia un ex ufficiale di complemento arrivato all’agognata stella da sottotenente dopo aver frequentato il 145° Corso Armi Varie a Cesano di Roma. Da Piazzale del Fante al poligono di Pian di Spille il sindaco di Cassino fece tutte le tappe per ottenere l’agognata stelletta.
I politici nostrani: il sottotenente Salera
Dalla naja pare abbia preso l’attitudine al comando e quella sua indole rupestre, ma in realtà le mostrine sono come l’alcol: non ti cambiano affatto, semplicemente esacerbano quello che già sei di tuo. Daniele Maura invece ha frequentato il 255 Corso Vam, che sono i Vigilatori dell’Aeronautica Militare, quelli che non volavano ma che, Mab e Fal Alpino imbracciati, facevano la guardia alle cose che volano.
E qualche giorno fa Maura ha toccato il tema sui social. Così: “Ho svolto il servizio militare e a mio personale parere, la leva militare era scuola di vita. Il primo distacco dalla famiglia, apprendere cosa significa rispettare le gerarchie, l’educazione, il condividere le cose, il sacrificio, le regole, l’onore e come si rispetta il prossimo”.
Maura, il Vam che rimpiange le mostrine
E a chiosa: “Vista la deriva della società forse oggi un po di naja non farebbe male!”. E giù una valanga di commenti sodali sul bel tempo in cui Berta filava e i marmittoni non si facevano le sopracciglia ad ala di gabbiano. L’impressione è che non solo esista una leva politica che spinge a rivalutare la leva che fu per dare magnetismo alle singole ricette partitiche.
Ma che ci sia anche un certo mood sociologico per cui i blocchi ideologici italiani non sappiano ancora rinunciare alle rispettive mistiche personali. Quelle intime e personali che ci fanno sentire via via ribelli o fedeli. Pacifisti pacifici o pacifisti finché lo Stato non chiama al dovere. E con un certo rimpianto per quel “dest’-riga” che ci urlavano sulla nuca ogni mattina.
Quando stavamo sì male ed in astinenza da morosa, mammà e frittatone amorevole in tavola, ma sapevamo sempre cosa fare. Perché c’era qualcuno che organizzava la giornata per noi. E forse, oggi che la vita ce la dobbiamo costruire minuto per minuto, il vero rimpianto sta proprio in quello. E a pensarci bene la naja come rimedio a quel ripianto là c’entra molto poco.