Papa Francesco è tornato a proclamare il dovere di dare salvezza ai migranti ed il Presidente Cei ha "cesellato" il concetto
Cosa unisce Roma e Veroli? Praticamente tutto, lo saprebbe dire senza scarrocciare anche un “regnicolo”, come i ciociari chiamano i residenti in Alta Terra di Lavoro. La città ernica ha legami saldissimo con la futura Capitale d’Italia fin dai tempi delle Leghe dei secoli dal VI al III a.C. Quando cioè Veroli si federò contro Roma assieme ad altre città ed al tempo stesso di essa divenne federata quando ci fu da opporsi a Sanniti e Cartaginesi.
Per non parlare dei secoli del Papato, dei privilegi riconosciuti ad una città che ha anch’essa il rosso ed il giallo in stemma. E che è autorizzata a fregiarsi in stemma di quel SPQV che riecheggia il SPQR compresso nelle vecchie Mura Aureliane. Insomma, gli elementi di crasi non mancano, e quello che porta dritto alla “comunione” tra Papa Francesco e Matteo Zuppi passa per le origini verolane del Presidente della Cei.
Il legame saldissimo tra Roma e Veroli
Dell’arcivescovo di Bologna elevato dal Pontefice Bergoglio a “ministro degli Esteri non official” del Vaticano. E soprattutto a uomo simbolo di una humanitas militante che non si limita a proclamare regole etiche di massimo rango. Ma che mette a combo anche la monarchia papale con il “parlamento” vaticano, la Conferenza Episcopale Italiana.
Il tema clou è quello della pietà e dell’accoglienza, e giocoforza non può essere solo un tema di saldissima struttura morale. Esso, ammalato ed ammaliato dal format della politica italiana polarizzata, è diventato spunto di dibattito. A volte acceso, altre sottile, ma sempre con una rotta chiara.
Quella per cui spesso e volentieri la visione del Vaticano non coincide con quella della parte più sovranista dell’Esecutivo. Anche al netto di un Luca Zaia soffusamente “aperturista”, ma solo in senso esplicativo, sull’autonomia differenziata. Il primo segnale lo aveva lanciato proprio Bergoglio all’udienza generale dello scorso 28 agosto. Le parole del Papa sono così: sembrano linimento evangelico ma sono anche altro. Sono pietra nello stagno di una struttura di pensiero per cui la condizione del cittadino prevale sempre sulle condizioni dell’uomo.
Le “bombe buone” di Bergoglio
Quasi sempre a braccio Papa Francesco aveva sganciato bombe d’amore e tritolo etico. “Per accompagnare il popolo nel cammino della libertà, Dio stesso attraversa il mare e il deserto. Non rimane a distanza, no, condivide il dramma dei migranti, è lì con loro, soffre con loro, piange e spera con loro. Il Signore è con i migranti, non con quelli che li respingono”. E quell’esortazione, suonata come un monito greve ed ex posto ad una Giorgia Meloni il cui imbarazzo allora fu palese: “Pensate a Lampedusa, pensate a Crotone”.
La chiosa aveva avuto il sapore di una bonaria ma cementizia accusa: “Invece c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave”. Quel concetto di “mare nostrum, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà” che invece oggi assomiglia ad un “cimitero” è stato sottilmente replicato da Zuppi.
La scure ed il fioretto
Il presidente Cei di origini erniche ha un lessico più sottile, ma di fatto è cesello di concetti assolutamente condivisibili e condivisi. Il che fa spesso di Zuppi un obiettivo degli house-organ del destracentro sovranista. Ad Avvenire ed il silloge esclusiva di AdnKronos Zuppi aveva spiegato come “salvare chi è in pericolo è un dovere gravissimo, primario. Il Papa invita sempre a un approccio integrale del fenomeno dell’immigrazione (i famosi quattro verbi: proteggere, accogliere, integrale e promuovere)”.
A quello ed a “una collaborazione globale (delle istituzioni e dei governi, come delle comunità e delle famiglie”. Dove il sovrano proclama, il ministro insinua, ed in questo Bergoglio e Zuppi sono l’assortimento più letale sul tema migranti. Lo sono perché il pungolo del Vaticano su temi così delicati prende inevitabilmente un format geopolitico, oltre che religioso e morale. E il Vaticano è uno Stato, guai a dimenticarlo.
“Idee, non ideologie”
“È un approccio di grande realismo sul quale speriamo l’Europa si decida a un approccio comune e a non lasciare solo il nostro Paese. La questione mette in gioco un diritto fondamentale della persona. Per questo deve suscitare delle idee, e non delle ideologie, per trovare le risposte adeguate”. Cosa c’è di più urticante per ogni verbo sovranista assurto a ruoli di potere massimo che questo distinguo? Di uno steccato concettuale e pratico tra chi pensa col cervello ed agisce col cuore e chi segue un vessillo ed agisce dietro al suo solo sventolio?
“È la stessa cosa potere essere uguale ai miei compagni o sentirmi addosso di essere italiano a metà? Più facilmente sceglierò i doveri se ho chiari i diritti”. E c’è anche la cartesiana serenità di chi capisce che in politica ci sono altre scale, magari gli stessi valori ma distribuiti in maniera più frattale e complessa.
“Quando un problema umanitario e per certi versi tecnico diventa un problema di scontro politico non si capisce più chi ha ragione e chi no”.
Mano tesa a prog e… a Tajani
Poi la mano tesa che attendevano non solo le forze prog, ma anche e probabilmente più di tutti Antonio Tajani. Cioè uno che sull’elettorato cattolico o credente ci imbastisce oltre l’80% della ricerca di consenso per Forza Italia. “Aprendo una sessione del Consiglio Permanente già nel luglio del 2022 osservavo che concedere la cittadinanza italiana ai bambini che seguono il corso di studi con i nostri ragazzi”. Cioè “il cosiddetto Ius Scholae”.
Che per Zuppi “costituisce uno strumento importante di inclusione delle persone ed è un ‘tema di cultura’. E si trattava di una istanza da tempo ribadita dalla Cei”. E i rapporti con il governo Meloni? “Con questo Governo, così come avvenuto con quelli passati, c’è una buona interlocuzione e su certi temi una ottima collaborazione”.
Solo opinioni, ma pesanti come ghisa
E poi: “Se la Chiesa esprime un’opinione non è per entrare nel dibattito politico, o per dare indicazioni socio-politiche specifiche, che competono alle forze politiche e sociali, Ma solo per promuovere la persona e senza interessi di parte. E questa è proprio la libertà della Chiesa”.
E a questo punti di capisce benissimo perché il Papa tenga così in conto questo super vescovo nelle cui vene scorre anche sangue ernico. Perché solo Zuppi poteva dire a Giorgia Meloni ed ai suoi che “libera Chiesa in libero Stato” è un mantra che può essere anche letto al contrario.
Come una clessidra che, se la giri, poi ti ritrovi ad affidare la tua coscienza a chi sta oltre Ponte Sant’Angelo. E proprio nel momento esatto in cui magari non vorresti per quel che pensi o non potresti per quel che rappresenti.