La “tenda centrista” di Renzi e chi farà saltare i picchetti, anche in Ciociaria

Il sogno del leader di Italia Viva di cercare almeno un 7% ed i motivi per cui trovarlo sarà molto, ma molto difficile

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

In principio fu il Corsera, in gran spolvero rispetto ad un suo format ultimamente molto neutro sul tema. La descrizione era stata di quelle perfette, almeno iconograficamente: “La tenda centrista”. Come a suggerire un luogo di protezione dalle intemperie ed al contempo che possa raggruppare una certa categoria.

Una sorta di riparo per soli boy scout, a pensarci bene e visto il battage del personaggio. La categoria che da sempre corteggia il Matteo Renzi passato dal leader di Palazzo Chigi con percentuali bulgare a leader dei governi silurati dalle sue ubbie ma con percentili da periferia di Cinisello Balsamo.

Pantano ultimo giapponese sull’isola

Ubbie che avevano avuto eco anche in Ciociaria, con la nomina di Adamo Pantano, sindaco di Posta Fibreno e uomo con delega a Palazzo Iacobucci dal 2024, a coordinatore provinciale. Ed una stasi che di Italia Viva in salsa frusinate aveva fatto perdere le sue tracce, anche per colpa della stasi del suo referente territoriale.

Ma cos’è la “tenda riformista” di Renzi? E’ un progetto funzionalista che purtroppo trova nella sua stessa perfezione formale la sua irrealizzabilità funzionale.

Innanzitutto perché quel format presuppone una diffusione capillare sui territori che il partito del senatore di Rignano non ha, non dovunque e non abbastanza, almeno. Si pensi alla Ciociaria ed al Cassinate, che storicamente sono luoghi di pasturazione elettorale privilegiata di un certo centrismo moderato, carismatico e struscione.

La Ciociaria centrista che fu

Da sempre qui da noi partiti come la Democrazia Cristiana una volta, poi Forza Italia ed l’Udc hanno conservato quell’appeal assoluto che aveva permesso a queste terre di esprimere una classe di amministratori capillarizzata ad ogni livello, a volte sfrontatamente clientelare – è vero – ma efficace almeno per la parte intruppata dei “follower”.

Vincenzo Ignazio Senese (Archivio IchnusaPapers)

Il guaio è che con Italia Viva il miracolo non si era perpetuato e, in piena buriana sovranista, un certo centrismo qui da noi è rimasto latente ma con scarsissima rappresentatività.

Questo al netto di qualche sparuta enclave azzurra. Il secondo motivo è se possibile ancor più evidente: il contenitore immaginato da Renzi ha lo scopo, dichiarato dal suo stesso progettista, di restare “al di fuori della delicata dinamica tra Pd e M5S”.

Via dal Pd di Schlein e da Conte

Lo scopo è quindi quello di abbandonare Elly Schelin al suo post berlinguerismo oltranzista, attendendo magari che qualcuno la esautori da dentro, ed evitare che Giuseppe Conte vada oltre le sue velleità tribunizie con nostalgia canaglia di Palazzo Chigi.

Giuseppe Conte

Ergo, Renzi vorrebbe pescare tra i riformisti dem di Energia Popolare, che sono un po’ i suoi cascami residuali dopo l’abbandono del Nazareno, e diventare magnete per tutti quei soggetti politici che si riconoscono nel centrismo… incluso Carlo Calenda che con lui il centro non era riuscito a farlo però, e per colpa di chi meglio chiederlo a Zucchero “Sugar” Fornaciari.

Un altro distinguo basilare lo ha fatto con la consueta maestria Marco Taradash su Linkiesta. Così: “Ciò che rende impossibile il disegno di Renzi è il percorso opposto di Meloni e di Schlein”.

Giorgia la… democristiana

Giorgia Meloni

Il progetto di Meloni era “confluente con quello di Salvini ma, diventata leader della destra e poi della maggioranza, Meloni ha cercato in tutti i modi di allargare le distanze fra il suo partito e la Lega, sul tema decisivo della collocazione occidentale di FdI”.

Che significa? Che mentre Renzi provava a rendere appetibile un centro alternativo ai peana malpancisti e rocchettari di Meloni lei, Meloni, si era trasformata in “centrista alla bisogna”. Una sorta di metamorfosi paracula dai Metallica a Mino Reitano buonanima.

Lo aveva sfruttando gli eccessi del suo alleato del Carroccio e lasciando che fungessero da sponda implicita per far capire che quelli di Via della Scrofa non sarebbero più quelli di Colle Oppio.

Elly ed Enrico…

Il che, al netto degli scivoloni di colonnelli meloniani che tante volte e per questo motivo avevano mandato la premier ai matti, ha reso quella del centro una novità molto meno nuova. Senza contare che Elly Schelin ha fatto il miracolo al contrario.

Elly Schlein

Taradash la mette benissimo: “Ha preso in mano un partito che aveva una connotazione riformista e antipopulista, da Renzi a Paolo Gentiloni fino a Enrico Letta (che ruppe con Conte giusto alla vigilia delle elezioni politiche del 2022)”.

E “sia per sottrarsi alla concorrenza dei Cinquestelle, sia per liquidare i suoi avversari interni, lo ha sempre più accostato al movimento di Conte, affiancandolo in tutte le più avventurose iniziative: dalla scelta pacifista contro il riarmo europeo, alle marce antisioniste, fino all’ultima debacle sui referendum landiniani.

Campo stretto, assai

Matteo Renzi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Quindi c’è un campo strettissimo per evocare premiership e leadership del campo largo e ci sono pochissimi posti nella “tenda” di Renzi, che punta soprattutto all’Italia industriale che arranca ed ai temi praticoni che all’elettorato piacciono tanto.

A patto però da trovare abbastanza boy scout per condividere quel telo protettivo in un campo di urlatori.

Di riuscire a convincere gli italiani che l’unico che non urla è lui. E soprattutto di convincere gli stessi che urlare in tv e sui social non è la ricetta migliore. E quello sarà molto più difficile.