
La storia di una città sta anche nelle pieghe dei suoi conti. Tra i Debiti fuori bilancio: che spesso si trascinano da decenni. Rivelando storie di espropri, progetti, parcelle e contenziosi. Come nel caso di Latina
Non è vero che i numeri sono freddi, non è vero che sono aridi. Nemmeno quelli dei Bilanci, incolonnati con precisione contabile, divisi tra griglie e capitoli tra le quali si orientano a malapena gli addetti ai lavori. A saperli leggere, raccontano la storia di una città e del suo territorio: in particolare i numeri che si nascondono nelle pieghe dei Debiti fuori bilancio. Cioè le spese che non erano previste e che un Comune si trova a dover fare con urgenza.
Può sembrare una boutade ma a Latina, come in molte altre città, è così. E accade perché spesso i Debiti fuori bilancio risalgono a decenni addietro: anche mezzo secolo. E raccontano di espropri fatti per costruire strade e scuole. O di terreni prima dati poi tolti, con relative cause e sentenze. Narrano di progetti fatti e mai pagati ai professionisti, per tirare su opere pubbliche che si volevano ma sono rimaste nel libro dei sogni.
Gli espropri

Il primo capitolo, dolorosissimo per le casse del Comune capoluogo pontino, è quello degli espropri. Tra gli anni ’60 e gli anni ’90 Latina ne ha fatti tanti. Per strade, scuole, cooperative, palazzi. All’epoca, le norme erano diverse. Il terreno si occupava dietro decreto regionale, poi a perfezionare c’era sempre tempo. Tempo che passava, senza che i legittimi proprietari venissero indennizzati, senza che il bene venisse volturato. E per decenni restava intestato ai suoi legittimi proprietari di un tempo mentre ad utilizzarlo era l’ente.
Poi le leggi sono cambiate. Oggi non si può fare più e infatti se un terreno serve, si preferisce intavolare una trattativa per una perequazione. Cioè ti do un altro terreno e ti ci metto sopra pure una volumetria. Ai proprietari degli anni ’60, ’70, ’80, però, non restava altra strada che quella del contenzioso. Che andava avanti per decenni. Fino a quando è intervenuta la corte di giustizia europea a dire: i beni vanno pagati, non c’è prescrizione. E i Tar italiani hanno recepito. E i Comuni hanno iniziato a pagare. Somme che nel frattempo, tra rivalutazioni e interessi per illegittima occupazione, sono diventati decine, centinaia di migliaia di euro, quando non milioni.
Uno dei casi più eclatanti è quello della scuola di piazza Moro, terreno preso e non pagato, contenzioso in corso. Ma i casi sono centinaia. E a frotte arrivano, con le attuali amministrazioni a dover pagare i danni di quelle di decine di anni addietro.
Le progettazioni

Un altro capitolo è quello delle progettazioni. E a raccontarlo è un debito fuori bilancio da 1,2 milioni di euro, approvato in commissione due giorni fa. Nel lontano 1987, l’allora giunta comunale si accorse che in Europa c’erano tanti fondi da andare a prendere per realizzare opere pubbliche. Ma serviva presentare schede di progetto. Detto fatto, si incarica un professionista esterno, un architetto, che le predispone. L’accordo è che sarà pagato a percentuale all’ottenimento dei finanziamenti. I progetti, tra cui tre viabilità importanti, come la Marè-Monti o la tangenziale nord, vengono accettati dalla Cee: il Comune ottiene – sulla carta – 99 miliardi di vecchie lire. Salvo accorgersi un anno dopo, che occorreva anche il cofinanziamento da bilancio comunale. Che il Comune non aveva. Così, rinuncia.
Ma il professionista voleva essere pagato. Perché i finanziamenti, lui, lo aveva ottenuti. Va in causa. Primo grado, appello, cassazione che cassa, e di nuovo appello. Alla fine ha ragione. Vuole 4,4 milioni di euro. Intanto, gliene versano 1,2.
Le scuole

Nuova seduta di commissione Bilancio, nuovo debito fuori bilancio. Stavolta si va indietro fino a metà anni Settanta. Ancora una scuola, stavolta un istituto superiore. La vicenda è quella della realizzazione dell’ex istituto tecnico Sani-Salvemini. E le Scuole Superiori sono di competenza della Provincia, che viene autorizzata dal Comune. Comune che nel contempo autorizza anche, sul lotto accanto, una società a costruire un edificio a uffici e commerciale (siamo in zona centro direzionale). Fatto sta che la società lamenta poi uno “sconfinamento” dell’edificio scolastico, ovvero un mancato rispetto di confini, che renderebbe impossibile la realizzazione del proprio edificio.
Partono le cause, in cui la Provincia chiama a manleva il Comune: primo grado, appello, Cassazione. È quest’ultima Corte a “cassare”, come si dice in gergo, la sentenza di appello. Rivista quindi, l’ultima sentenza dà ragione alla società. E ora il Comune paga, quasi 770mila euro.
Di generazione in generazione
Storie di una città, ma anche vicende di famiglie, che si sono viste espropriare beni e terreni. E che hanno visto risarcimenti solo in terza generazione, rispetto a quella espropriata.
Storie di costruzioni di strade, di scuole, di villette di cooperative, ricostruite (spesso con fatica) dagli stessi uffici comunali, chiamati ogni volta a spulciare faldoni, carte, documentazioni. E a spiegare ai consiglieri che si, si deve votare, perché la sentenza è esecutiva. Poi, si vedrà.