Le vacanze di Elly sono finite ed a Frosinone sarà un autunno caldissimo

Tutti cercano la benedizione della segretaria che oggi "tira", ma Ciociaria e Cassinate aspettano un congresso al tritolo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

L’ultimo indirizzo vacanziero conosciuto di Francesco De Angelis è San Felice Circeo. Fanno fede i social, ovviamente, dove il presidente regionale del Partito Democratico ha postato le legittime immagini del suo relax da solleone. Non è tanto il mare a rilassarlo ma il luogo: lì dovette spostare la famiglia suo padre, falegname, rientrato dalla Cecoslovacchia.

Erano i tempi in cui si alzava la Cortina di ferro e gli occidentali all’improvviso divennero tutti potenziali spie. In Occidente, i rientrati dall’Est vennero marchiati dallo stesso sospetto: spie della Stasi o del Kgb. E nessuno voleva dargli lavoro. Ai De Angelis doppiamente, perché comunisti e perchè rientrati dall’Est. Un impiego lo offrì un mobilificio, il cui proprietario era socialista. Oggi per Francesco De Angelis è il posto dove ritrovarsi e riposare. Questo prima di tornare ad attaccarsi al telefono in vista del Congresso provinciale Dem della provincia di Frosinone.

“Frank” a Sabaudia e “Jumbo Mauro”

Francesco De Angelis

Mauro Buschini è andato oltre e con la sua Francesca Cerquozzi ha scelto il Kenya e le citazioni swahili. Questo prima di dare il suo personale “kwaheri” (arrivederci), secondo Alessioporcu.it, alla politica guardata dal loggione e tornare in pieno agone partendo dalla sua Alatri.

Ed Elly Schlein? Badia San Salvatore, Campiglia Marittima, la Svizzera, il mare di Procida? Boh!? E se a dire “boh” è stato uno come Igor Taruffi, responsabile dell’organizzazione Pd, allora siamo di fronte ad un rebus vero o ad una bocca cucita col Bostik.

Perché sì, sarebbe tecnicamente più facile scoprire chi ha passato lo spyware israeliano Pegasus a Londra che sapere dove la Segretaria del Pd sia andata a rilassarsi prima dei cimenti autunnali. Se fosse vera la regola delle barbe finte sapremmo. Ove fosse quella per cui una notizia riservata ha la sua soluzione nella casella più ovvia (ovvio che a vendere Pegasus è stato Israele) allora avremmo una risposta.

Dove eravamo rimasti con Schlein

Elly Schlein (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Ma non è questo che interessa davvero, non è tanto sapere se Schlein abbia scelto solleone o rugiada alpestre in antitesi con la Puglia meloniana e salviniana. Ciò che è semmai doveroso ribadire è che quello che attende Schlein dopo la sua estate militante sarà un autunno di lava. E se quello della Segretaria sarà rovente l’autunno del Pd frusinate sarà roba da altoforno.

Ma procediamo per gradi: la leader del Nazareno aveva iniziato la sua estate con due briscole assolute. Cioè con l’ottima affermazione alle Europee e con elezioni amministrative che avevano premiato la sua linea, fino a quel momento ondivaga. Quale linea? Quella di un certo massimalismo prevalente con innervature vere e concrete di merito. Tuttavia mai disgiunto da un senso della realpolitik che perfino i più studiati avrebbero giurato che nella segretaria latitasse.

Tra Pride ed armi a Kiev fino ad inizio maggio Schlein sembrava il funambolo Philippe Petit in “The Walk” di Zemekis. Cioè molto in bilico e con il vuoto sotto le suole. Al di là delle cause comunque l’effetto di quella combo convincente era stato visibile fin da poche settimane dopo le urne. Quando all’improvviso i bonacciniani, prima più comuni dei torraioli, erano diventati una via di mezzo tra il dodo e i congiuntivi di Luca Giurato: introvabili.

L’equilibrio tra etica e realpolitik

Matteo Renzi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Elly Schlein era riuscita a trovare il perfetto equilibrio tra la santità imprescindibile delle battaglie etiche sui diritti e la solidità bizantina delle stilettate da concretismo politico. Ed aveva fatto un mezzo miracolo, riassumibile in tre step.

Uno: aveva tolto all’ala cattolica dei dem ogni maniglia-appiglio per imbastire fronde a breve termine. Due: aveva messo il partito sulla rotta (transitoria) del superamento del correntismo. Tre: aveva allamato ed ammaliato perfino uno scettico al curaro come Matteo Renzi.

Questo nel nome di un centrismo funzionalista che, in altri tempi a Schlein avrebbe fatto orrore anche solo nominarlo. Mentre oggi lei si schernisce morbida e sonda inside. E senza neanche agitare troppo le acque negli spicchi più ortodossi del Nazareno come quello degli ex Articolo 1, si badi.

Andiamo di zoom e mettiamo a fuoco quella parte della provincia di Frosinone che guarda al Nazareno. Facciamolo tenendo bene in mente l’effetto concausa con la metamorfosi della leader.

La lunga estate calda di De Angelis

Pier Luigi Bersani ed Elly Schlein

Leader che da pasionaria sfigata di molti elettori “spuri” alle Primarie era diventata marescialla di tutti (o quasi) i tesserati del Pd. E che si era vista rotolare addosso l’investitura di anti-Meloni manco fosse Wonder Woman. Qui da noi qualcosa peppiava già da tempo. Perché gente come Francesco De Angelis, Daniele Leodori, Mauro Buschini et cetera, se sta dove sta, è anche perché non si limita a prendere atto del presente.

No, loro tartufano il futuro, e a volte gli danno la rotta. Subito dopo le amministrative di giugno in cui i dem si erano per lo più stemperati in un civismo tattico quanto inatteso, era arrivato il ka-boom. Imbastito ovviamente prima. De Angelis aveva spostato Pensare Democratico ed era approdato in AreaDem. Cioè nel correntone con pretese egemoniche che fa capo a Dario Franceschini e passa per Dario Nardella. Proprio quest’ultimo era stato la “sonobòa” della mossa del presidente regionale.

Che aveva fatto votare alle Europee il sindaco uscente di Firenze invece che quello di Pesaro, Matteo Ricci. Ricci che invece stava in terzina con Sara Battisti, ex (pro tempore) figlioccia politica di De Angelis che invece aveva tirato dritto per la sua strada. E sotto egida di quel Claudio Mancini che con i catto-dem aveva incrociato le lame fin dai tempi del compianto Bruno Astorre per la Segreteria regionale del 2018.

Prendiamoci un attimo di respiro ché la roba dem è da Bartenzaghi. Fatto? Ok, andiamo avanti.

Sara che resta dov’era

Digeriti i due etti di Aulin necessari a dipanare la matassa e preso atto del fatto che più il Pd ricusa il correntismo, più ci cade dentro, procediamo. Il dato di fatto è che nel mezzo di un’estate ciociara torrida era accaduto un fatto cardinale. Una Consigliera regionale di peso assoluto ed un Presidente regionale con pedigree da master and commander si erano ritrovati da sodali a contrapposti. Ci può stare. Anzi, nella politica ragionata ci deve stare: altrimenti non è Sezione ma è caserma, non si innesca quel dibattito che è alla base del confronto e della crescita.

Con tutte le conseguenze ed i movimenti di “truppe” del caso. Con chat whatsapp su “La forza del Noi farà la differenza”. Con cene carbonare a base di carbonara a Roma, dove abita in autocrazia un Pd talmente Pd che neanche sembra il Pd, da quanto è Pd. E con tutta una serie di sindaci, consiglieri, amministratori, uomini e donne-chiave che in poche settimane hanno dovuto valutare e scegliere dove e con chi stare. Qualcuno senza neanche pensarci. Qualcun altro invece pensandoci un po’. Il giusto che serve per abbrancare il distinguo tra uno scacco matto ed un pestone su un montarozzo di roba calda e marrò.

Il test della Segreteria provinciale

Elly Schlein con Danilo Grossi ed il sindaco Enzo Salera

E siamo arrivati a settembre, il mese in cui questi due schieramenti in campo si troveranno come gli agriani e i triballi di Alessandro il Grande. Cioè uniti da un vessillo ma contrapposti da origini e credenze. E dal desiderio di esserne gli alfieri più degni, di quello stendardo. Perché il senso è quello: ciascuno degli schieramenti pretende di avere il crisma di rappresentare al massimo grado la nuova ecumenicità dem intestata ad Elly Schlein. L’egemonia di una rotta univoca, la direzione senza quadrivi infidi.

Ma nessuno di loro ha la certezza assoluta di poterlo dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio. Per farlo servono i numeri: aridi, implacabili e con tanto di coda. Ecco perché, con la fine dell’estate e la chiusura degli ombrelloni, è scattata un’altra competizione. Un ring parallelo oltre a quello sul sostegno bis a Luca Fantini (Battisti) o sull’elevazione a Segretario provinciale di Danilo Grossi (in relazione diretta con Elly Schlein quando era solo un’emergente e nessuno scommetteva che potesse candidarsi Segretario, figuriamoci diventarlo). Senza contare outsider di calibro assoluto tra cui qualcuno annovera perfino il sindaco di Cassino Enzo Salera.

La conta, Comune per Comune

Ci si sta contando Comune per Comune, sezione per sezione, per far pesare le tessere. Ed in qualche municipalità si stanno arruolando “truppe fresche”, neo tesserati. Per piazzarle sui tavoli giusti e far pesare il piatto della bilancia a favore di una delle due ali, e prendersi poi gli ovvi benefit se si andasse a meta sul nome.

Perché ci sono autunni caldi ed autunni roventi, e sul lato dem la Ciociaria non è mai stata così vicina ad assomigliare allo Stromboli. Che non a caso è un vulcano unico ma ha cento bocche. Tutte fumanti di lava.