L’equilibrio del falso “squilibrato” Salvini e lo squilibrio alla Pisana

Due piani di analisi sul Carroccio: alla Pisana dove sta in target di depotenziamento ed in Italia, dove scopre un leader concretista

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Alla resa di conti molto generici oggi la Lega nazionale sta messa molto meglio di alcuni suoi quadri territoriali. E a voler vedere meglio ciò che sta accadendo nel Lazio ed in particolare lungo l’asse provinciale tra Frosinone e Latina ci si accorge di due cose. La prima: che la politica di collegio o di areale vasto ma di settore è una cosa molto più complessa di quanto non suggerirebbero certi format. La seconda: che specie con Partiti che abbiano leader ad alto tasso di scenograficità l’abitudine italiana è quella di scavare poco.

Ed arrivare quindi a concludere, ad esempio, come Matteo Salvini sia una specie di personaggio da Commedia dell’Arte, mentre a livello locale tutto sommato le cose vanno bene. Bene nel senso che lì ci trovi solo leghisti quadrati, concreti e poco caciaroni.

Forza Italia in agguato alla Pisana

Claudio Fazzone

Approfondiamo senza paraocchi, e partiamo dalla base, base laziale. Alla Pisana c’è Forza Italia in agguato. Gli azzurri dicono di essere pronti a ritirare appoggio e fiducia al Governatore del Lazio Francesco Rocca. Se fosse vero, non lo avverseranno ogni tot, ma lo appoggeranno step by step, il che significa che dall’esterno valuteranno caso per caso se votare per il destracentro sarà opportuno o meno. Ma perché non dovrebbe essere vero?

Perché il senatore Claudio Fazzone è un abilissimo giocatore al tavolo da poker della politica. Sa scegliere le carte e le sa chiamare, sa comporre scale reali e doppie coppie, nessuno come lui sa bluffare quando ha poco in mano ed osare quando è il momento di provare. Soprattutto: nessuno, tranne lui stesso, sa a che gioco stia giocando e quale sia la reale posta. Per questo, in Regione Lazio solo lui sa se davvero vuole mettere all’angolo gli alleati e si prepara ad avere le mani libere nel futuro oppure sta solo alzando la posta per portare a Forza Italia il massimo che le regole del Poker consentano,

Ma non erano alleati? Sì, ma quando la porta è debole e quando il grimaldello si chiama Claudio Fazzone le cose cambiano. Il senatore azzurro è di fatto titolare di un “granducato” che però sarebbe sbagliato inquadrare nella caselle dei potentati sfuggiti alle briglie nazionali. E sta lavorando da mesi per togliere a Forza Italia di Frosinone quel retrogusto autarchico che spesso metteva Ciociaria e Pontino in competizione.

Fazzone e la crociata “Mario free”

Mario Abbruzzese

Insomma, Fazzone vuole un’area vasta “Mario free”, dove Mario è l’Abbruzzese forzista che fu, in combo con il Pasquale Ciacciarelli degli esordi. E dove equalizzare (qualcuno dice squilibrare a favore delle terre che affacciano sul mare) una nuova geografia di collegio. Idem dicasi a Frosinone, dove Adriano Piacentini è caduto sotto la scure della coordinatrice Provinciale Rossella Chiusaroli per non aver seguito gli azzurri nella crociata contro Riccardo Mastrangeli, sindaco di glassa leghista.

Il denominatore comune sui due piani è quello di un Partito, quello guidato da Antonio Tajani, che vuole di più di quel che era prima del voto regionale. E che avendo fatto fior di neofiti di tessera adesso vuole pesare di più. Sì, ma, al netto delle periferie arcoriane che c’entra la Lega? C’entra innanzitutto perché il Carroccio è il target preferito, quasi unico, degli azzurri: alla Pisana dove esprime caselle di giunta e nel capoluogo ciociaro dove “guida” il sindaco.

Carroccio a parti invertite

Roberto Vannacci (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

E qui scatta la riflessione: quella per cui certe incongruenze la Lega se le portava addosso in vulgata “solo” grazie al suo segretario nazionale. Al più grazie ad alcuni personaggi un po’ sopra le righe come Claudio Borghi ed il generale Vannacci che leghista non lo resterà per molto. Ed invece… surprise, come dicono le nonne americane ai nipotini a Natale: Salvini è molto meno… Salvini di quanto non lasci credere una certa letteratura sul tipo.

Non che sia diventato all’improvviso Cartesio con talea di De Mita, sia chiaro. Tuttavia il tizio è molto meno “ribelle” di quanto non suggerisca una certa aneddotica ormai consolidata. Salvatore Merlo de Il Foglio ci ricorda ad esempio che “senza di lui oggi non ci sarebbe Sergio Mattarella al Quirinale”. E che Salvini “ha eletto più donne di chiunque altro alle ultime elezioni europee”.

Antifascista, “rosa” e pro gay

Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Foto: Sergio Oliverio / Imagoeconomica)

Senza contare che, al netto del suo lessico social alla Michele Misseri, alla fine tra i sovranisti lui è stato il solo ad essersi dichiarato apertamente “antifascista”. Ovviamente lo ha fatto per pungere di spillone Giorgia Meloni che oggi è mezza nemesi, sua personale e della strategia leghista, ma lo ha fatto. Neanche su Vannacci il Capitano è andato di endorsement totale e sul tema dei gay aveva sconfessato apertamente la mistica da macho tamarro della greca.

L’impressione quindi è che i toni di Salvini siano molto meno puristi dei toni che, ad esempio, usano i suoi rappresentati territoriali. Leghisti come Mario Abbruzzese, ad esempio, l’uomo il cui format azzurro che fu sta nel mirino di Fazzone. Che sui social sembra un incrocio tra Gianfranco Miglio buonanima ed il professor Augusto Sinagra.

Una chicca: Abbruzzese identitario

Mario Monti (Foto Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

E che in tema di ius soli scrive: “Pur di attirare il voto straniero il Pd e la sinistra sono disposti a tutto, anche a svendere la nostra identità e i nostri valori!. Ma sforiamo un attimo dai contenuti etico-concettuali e andiamo di funzionalismo. Chi ha piallato più di tutti le pensioni alte e messo a regime razionale le iperboli della Fornero? Salvini. Chi è che spara a palle incatenate sul “banchiere” Macron ma che tutto sommato a volte è più montiano di Monti e più sparagnino delle nonne coi danè infilati nel reggipetto?

Sempre Salvini. La verità è che esiste un quadro “a clessidra”, con poli invertiti, per cui c’è un Salvini che parla-posta, e parla-posta malissimo ma per allamare elettori basici.

Il Salvini che dice e quello che fa

Matteo Salvini

Poi c’è un Salvini che fa. E che alla fine fa lo struscione con Putin sui social ma che su Nato ed armi non batte (più) ciglio. E’ una strategia, ovvio, ma è anche una chiave di lettura. Quella per cui la Lega ha due facce e nessuna di esse è spontaneista. C’è quella con cui mantenere un battage “contro” e pop e quella che alla fine ha briscolato il Supebonus.

Insomma, come ha messo a silloge perfetta Merlo, è vero che “questo fa tutto il contrario di quello che dice”, ma a volte lo fa per dare la vittoria ai fatti, invece che al lessico. E noi onestamente di questo Salvini qua che è molto meglio di quel che dice sapevamo molto poco. Colpevolmente.