L’Icos inevitabile di Latina: quelle che alla fine va giù

Voltare pagina e finirla di pensare come i brutalisti, ma come quelli che in ambito pontino sostituiscono "grosso" a "grande"

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Stava lì, come il Colosseo quadrato a Roma, come la Torre Velasca a Milano. Stava lì a prova che il tempo passa e anche una infanzia lunga ha il suo calendario che la fa cambiare di età. L’Icos era come un tempio laico ad una città che si immaginava già metropoli invece era postatomica.

L’Icos lo vedevi sulla Pontina poi più giù il grattacielo Key e ti sentivi, non a tuo agio, come a Beirut. Era una città vecchia mai stata bambina. Era il “ricordati che devi morire” dei frati trappisti.

L’abbattimento

Ora? Ora va giù: saluta e va via. Dopo trent’anni di degrado e promesse mancate, Latina volta pagina: è cominciata ufficialmente la demolizione dell’ex Icos, e tra un mese e mezzo quell’edificio di sette piani che per decenni ha rappresentato il simbolo del degrado urbanistico e amministrativo sparirà definitivamente dal paesaggio urbano.

L’ex Icos non era solo un edificio mai finito: era diventato, come ha detto l’architetta Teresa Alvino, «un totem, un non luogo dal fascino metafisico», una ferita aperta nel tessuto cittadino. Un’ombra lunga dagli anni ‘80, quando la società Icos ne avviò la costruzione, fino al fallimento nei primi Duemila. Seguirono anni di silenzi, progetti mancati, tentativi di recupero andati in fumo — compresa l’idea di destinarlo a nuova sede della Guardia di Finanza, poi abortita.

Ora si passa dalle parole ai fatti. E anche se l’intervento si farà in due stralci — prima l’abbattimento, poi la costruzione — il segnale è chiaro: Latina non accetta più di convivere con il degrado.

La risurrezione

A dare il via all’operazione sono stati l’Ater e il Comune di Latina, nell’ambito del progetto “A gonfie vele”, finanziato con fondi del Pnrr. Un piano ambizioso di rigenerazione urbana, classificatosi quarto a livello nazionale, che prevede non solo l’abbattimento della struttura, ma anche la costruzione di un quartiere nuovo. Grazie ad un edificio con finalità di housing sociale, oltre a spazi per la Questura, la Asl, un centro polifunzionale, una cavea all’aperto, parcheggi, biblioteca, e persino un “biblio-bar”.

Il progetto prevede anche l’efficientamento energetico di 350 alloggi Ater, nuovi infissi, tetti isolanti e un’area mercato da 4.500 mq. Tutto questo accadrà dove oggi regna l’incuria. Non a caso la sindaca Matilde Celentano parla di «fine delle incompiute» e di «ricucitura urbana» come missione. Un concetto ripreso anche dal presidente della Commissione Urbanistica Roberto Belvisi: «È un lavoro che parte dal passato, abbraccia il presente e guarda al futuro».

Non sarà necessario chiudere la Pontina per i lavori: la demolizione, effettuata con tecnica di pinzatura e nebulizzazione d’acqua per contenere le polveri, procederà in sicurezza e senza traumi per il traffico. Alla fine resterà solo il rumore dei calcinacci che cadono, simbolo di una città che finalmente ha deciso di cambiare pelle. Un futuro più umano, più vivibile e — finalmente — più degno.

La sindrome di Stoccolma

La struttura Icos (Frame dal documentario Empty / Medea Film)

Qualcuno avrà la sindrome di Stoccolma e forse nostalgia di questa “decadenza”. Ma quel vuoto tra il cemento dell’Icos lo ritrovi in centro, nelle vie di una città che come l’Icos era stata vandalizzata dei suoi arredi, la città è abbandonata dalla sua gente.

Si ricomincia? Il presidente di Ater Latina, Enrico Dellapieta, dice che “è un giorno storico”. Il sindaco di Latina, Matilde Celentano gli fa eco.

Le pinze tagliano il ferro, strappano il cemento. Pare Godzilla che abbatte i grattacieli di megalopoli nel loro declino. Latina è una città che si immaginava gigante e non è cresciuta, ha mostri eccezionali e umanità che vorrebbe essere discreta e invece esonda si si fa brutta.

Voltare pagina

Matilde Celentano

L’Icos tra poco non ci sarà più e questa è grande cosa, ora si volta pagina e non dovremmo più immaginarci grossi ma essere grandi.

Buttare via il cemento e cercare alberi e rose, sarebbe bello poi fare un grande giardino. Però, ammetto, è bello vedere che le cose si possono fare, basta volere.