L’ultima trincea rossa tiene ancora. Ma quante crepe nei muri della Toscana

La vittoria di Eugenio Giani in Toscana salva la coalizione di centrosinistra, ma non nasconde le crepe: affluenza in calo, Pd stabile, 5 Stelle in affanno e Lega ai minimi storici. Vannacci flop, Renzi risorge, Bundu sorprende. Ora inizia la partita vera: governare.

È andata com’era scritto ma non come qualcuno sperava. Eugenio Giani ha vinto in Toscana. E lo ha fatto con uno scarto netto, di quelli che fanno stappare le bottiglie in casa Pd (nonostante il frigo fosse vuoto da un pezzo). Tredici punti di vantaggio su Alessandro Tomasi, candidato del centrodestra, che ha perso con onore ma non con sorpresa. Il fortino rosso ha retto, sì. Ma stavolta non è sembrato poi così inespugnabile.

Dietro l’abbraccio di Elly Schlein al governatore riconfermato si cela molto più di una foto da prima pagina: c’è il bisogno viscerale della segretaria di dimostrare che il “campo largo” non è un’utopia da convegno progressista. Oggi può dire: “Abbiamo vinto”. Ma tra le pieghe dei numeri e delle defezioni silenziose, la realtà è meno trionfale. Perché l’affluenza è crollata al 47,7%. Perché Giani tiene solo grazie al peso specifico di un Pd che galleggia sul 34%, e perché il resto della truppa è più un’armata Brancaleone che una coalizione.

A destra brinda Mattia

Roberto Vannacci

A destra, si piange ma non si urla. Giorgia Meloni ha fatto la sua telefonata istituzionale – onore alle armi, si direbbe – ma la sua coalizione perde anche laddove, cinque anni fa, la Lega toccava il cielo con un dito. Matteo Salvini si lecca le ferite e magari si chiede se mettere Vannacci a guidare la campagna sia stata la mossa giusta. Risposta: no. Senza il battage pubblicitario che ne monti l’effetto, il generale si affloscia come un soufflé venuto male. L’effetto generale? Boomerang. Da 21% a 4,5%: roba da dimissioni, o da terapia.

In Fratelli d’Italia l’unico a festeggiare è Aldo Mattia, l’ex direttore di Coldiretti che ha girato dal Lazio alla Sardegna, dalla Sicilia a Basilicata. Ora che sta a Montecitorio il Partito gli ha chiesto di guidare la federazione provinciale di Firenze. Risultato: FdI oltre il 26% e nel collegio provinciale di Firenze Mattia ha piazzato due Consiglieri Regionali. Mai successo nella storia del Partito da quando esiste la Regione. Un’altra tacca al palmares di Mattia. Forse la più difficile.

A sinistra del Pd

Aldo Mattia e Francesco Lollobrigida (Foto Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

I Cinque Stelle? Conte dice che è stata “una transizione”. In effetti, il Movimento è passato dalla speranza di incidere alla certezza di contare poco. Il 4% è un messaggio chiaro: il popolo grillino non ha gradito l’abbraccio con Giani. E neppure i palchi separati, le mezze parole, i progetti da firmare con le dita incrociate. A Palazzo Panciatichi, i pentastellati rischiano di restare comparse.

A sinistra del Pd, la Bundu sfiora il 5%, e lo fa intercettando i voti giovani e “pro Gaza”. È questo il nuovo bacino della sinistra radicale: non più le fabbriche ma le piazze solidali. Renzi sorride dall’alto del suo 8%, più che altro perché nessuno se l’aspettava: la sua Casa Riformista diventa la terza forza della regione. Non male per un leader che molti davano per spacciato.

La nuova Toscana

E allora, che Toscana ci restituisce il voto? Una Regione dove si vince più per inerzia che per passione, dove l’astensione fa più rumore dei comizi, dove la sinistra governa ma non trascina e la destra si perde nei suoi stessi esperimenti. Eugenio Giani, il presidente di tutti, ora dovrà fare i conti con una maggioranza che si finge unita ma dentro è un puzzle di rancori e ambizioni.

Perché la politica non è mai solo il risultato: è tutto ciò che viene dopo. E in Toscana, dopo questa vittoria, arriva il momento più difficile: governare. In mezzo alle macerie, alle defezioni, ai veleni, ai delusi. Con un solo alleato sicuro: il tempo. Ma anche quello, prima o poi, finisce.