
L'urlo di Fratelli d'Italia nel convegno dedicato a Satnam Singh ed a Luigi Guerriero, entrambi morti per lavorare. In una terra nata dal lavoro. Di emigranti. Un tempo cispadani ed ora indiani
Latina si guarda allo specchio. E scopre un volto che non è il suo. Gente di fatica quella che ha strappato la terra pontina alle paludi, che ha generato ettari di frutteti dove un tempo c’erano solo pascoli, selezionato vigneti dove prima cresceva l’uva e basta. Gente che si inventò gli scioperi al rovescio quando il Governo non gli dava da lavorare: loro per dimostrare che invece lavoro ce n’era si misero a costruire le strade che mancavano in tutta la provincia. Popoli venuti dal Nord per costruire il futuro con la forza delle loro braccia cispadane.
La provincia di Latina è terra di integrazione. Perché c’è un po’ di regno borbonico ed un po’ di papato, c’è un po’ di campagna romana e Terra di lavoro. È stato il lavoro ad ammassare tutti impastandoli nella forza del sudore.
Il volto che non è il nostro

Allora qual è il volto nel quale Latina non si riconosce? Quello degli sfruttatori e dei caporali: perché questa è terra di oppressi che si sono affrancati, contadini che sono diventati piccoli proprietari. È terra di rinascita e non di servaggio, luogo di orgoglio e non di soggezione. Ma invece è stata terra che è stata bagnata del sangue di Satnam Sing, il bracciante sfruttato che nonostante fosse stato mutilato dal macchinario al quale si era avvicinato troppo non è stato soccorso ma scaricato a casa con l’arto amputato messo in una cassetta per la frutta. Così dissero le indagini.

Fratelli d’Italia si interroga. È il primo Partito in questa terra di eterni braccianti, una volta veneti ed ora indiani. Non può permetterselo. Non ora. Impensabile dopo la svolta europea imposta da Giorgia Meloni: l’immigrazione è bersaglio se è clandestina, non lo è quando diventa lavoro, onesto e funzionale ad un’economia che deve riprendersi il suo ruolo.
È per questo che Fratelli d’Italia l’altro giorno si è interrogata. Mettendosi allo specchio e domandandosi se per lei l’immigrazione sia ancora un elemento da combattere. Lo fa con l’evento “Immigrazione e integrazione, una sfida possibile”, organizzato da Fratelli d’Italia e dal senatore Nicola Calandrini ieri al Circolo Cittadino di Latina.
Celentano e Calandrini aprono i lavori

La domanda provocatoria è Fratelli d’Italia e immigrazione sono un ossimoro? La risposta più efficace la fornisce Sara Kelany: deputato di Fratelli d’Italia, avvocato, casa e residenza a Sperlonga “di padre egiziano e musulmano, sempre fatto politica a destra“. Si potrebbe chiudere qui il convegno: tutti a casa ed i luoghi comuni subito accartocciati nel cestino. Destra ancora con la nostalgia dell’olio di ricino e la chiesa come religione di Stato? È bastata una frase dell’onorevole di Sperlonga.
Lo spiega bene nel suo intervento di apertura il sindaco di Latina Matilde Celentano. Dice che Latina ha il bisogno di uscire dai luoghi comuni della città del caporalato dopo la tragica morte di Satnam Singh di cui ricorda la vicinanza della amministrazione verso la vedova. Latina città accogliente.
Allora avanti con i lavori e via i luoghi comuni. Marcia in quella direzione il senatore Nicola Calandrini, padrone di casa. Pesa l’immigrazione non nei luoghi di una narrativa scontata ma dentro la sua portata reale.
I numeri di Schicchitano

Una doccia di realismo che diventa cascata quando il dirigente dell’istituto Orsolini Cencelli, Marco Schicchitano, segnala come nella sua scuola il 20% degli iscritti è originaria del sub continente indiano: ragazzi integrati che parlano in italiano e un inglese a volte più raffinato di quello dei docenti.
Intervengono Daniele Pili della Coldiretti, Luigi Niccoli di Confagricoltura, Roberto Cecere della Cisl. Sono loro ad avere il polso della situazione reale nei campi: gli immigrati in provincia di Latina coprono oltre il 50% della forza lavoro, gli indiani sono da solo 9mila su 21mila totali.

Parlano di flussi e di regole. Perché – spiega Daniele Pili – è solo in un sistema regolato dei flussi che si può costruire la lotta allo sfruttamento: poveri che approfittano di altri poveri perché nessuno li vuole vedere ma tutti sanno che senza di loro l’industria dei campi si blocca. Ma regolare il loro accesso, la loro presenza, significa riconoscere la loro esistenza e farli emergere alla luce: fine dello sfruttamento e dei Satnam macellati.
Il dovere di regolare
L’associazione degli agricoltori ed il Governo questa volta sono in sintonia. È evidente quando l’onorevole Kelany ed il sottosegretario all’interno Wanda Ferro sottolineano le politiche attive del governo Meloni sulle politiche dell’ immigrazione. Dicendo che esiste il dovere di una nazione sovrana di gestire i flussi.

Latina è una delle province italiane con più rimesse all’estero dei lavoratori e ha una percentuale di esportazione in agricoltura di oltre il 50%. Significa che qui c’è gente che viene da fuori per lavorare e non per fare una vacanza a scrocco in un Bel Paese che non ha nemmeno il tempo di osservare: c’è gente oltre il mare che aspetta quei soldi per avere un piatto da mangiare. Ecco cosa sono le rimesse ed ecco chi spinge l’esportazione.
Un gigante economico che ha bisogno delle garanzie della legalità. È chiaro allora da quel convegno che Latina non vuole passare per la provincia del caporalato ma per la provincia del lavoro sano e del bisogno di scacciare il lavoro senza legge.
Non a caso il convegno è dedicato a Satnam Singh ed a Luigi Guerriero, entrambi morti per lavorare.