Le speranze tenui che qualcosa cambi con il voto regionale di oggi e la perdita dei temi chiave della dialettica del Capitano
Dopo aver ricevuto la “semplice” risposta della Giustizia amministrativa sulla legittimità del seggio che illo tempore scattò per Angelo Tripodi, Pasquale Ciacciarelli ha deciso che la semplificazione è la via maestra. Ne aveva dato sintomo a Roma. “Legge di Semplificazione urbanistica. Questo il tema che ho trattato a Roma presso la Camera di Commercio dove ho partecipato all’incontro ‘Osservatorio sull’Edilizia’”.
Ciacciarelli lo aveva definito poi “un importante il dibattito sullo stato di salute delle imprese nel Lazio”. Dibattito per cui l’assessore della Pisana in quota Lega ha ringraziato “il Presidente di Federlazio, Silvio Rossignoli, e il Direttore Generale, Luciano Mocci per l’invito”.
Ciacciarelli ed Abruzzese sul pezzo
Dal canto suo, il responsabile dell’Organizzazione regionale del Carroccio Mario Abbruzzese, che di Ciacciarelli è padre putativo ed ex sensei passato a dare il talco al tatami, non è stato da meno. E si era ritrovato “presso il Campidoglio per la presentazione ufficiale del corso di formazione politica per gli amministratori. Un grande evento organizzato dal coordinamento regionale della Lega che ha visto la partecipazione di numerosi sindaci, assessori e consiglieri comunali”.
Il claim? E’ semplice, anche ad applicarlo su scala nazionale: gli uomini e le donne della Lega di Matteo Salvini sono molto più di quel che Matteo Salvini oggi rappresenta. Cioè un leader talmente multitasking e di epidermide che oggi che il suo grip ha la dermatite si vedono le croste.
La forza che cambia volto: e ruolo
C’è un dato importante su cui riflettere nell’analizzare la figura del Segretario leghista allo stato dell’arte. Ed è dato per cui quel che prima di Salvini era la forza oggi è una cosa molto diversa. Una via di mezzo fra il tallone di Achille, i capelli di Sansone e Cairo per il Torino. Un punto debole unico ed univoco che poi trova significazione in ogni ambito. A partire dalla geopolitica stortignaccola del Capitano, pronto a celebrare la vittoria di Donald Trump negli Usa ma anche a mettere una pezza ad ogni possibile esito diverso: dalle “zecche rosse” agli strali contro i giudici.
Ma dov’è che la parabola di Salvini ha davvero preso rotte da pavimento? Sull’unico tema del quale, per battage e storico, il leader leghista credeva di avere la premiership: sui migranti.
Lui è imputato a Palermo per Open Arms e sta spiegando da mesi che andrà a strinarsi le piume da Aquila Guardiana nella sentenza di dicembre? Non è bastato, ed il “miglior” lessico sul tema glie lo ha soffiato Giorgia Meloni, che sulle vicende Cpr-Albania ha scelto di impugnare il megafono in prima persona. Lui, l’inossidabile paladino dei Patrii Confini, si è dannato l’anima a piazzare centinaia di post contro i migranti?
Effetto Open Arms? Sta sfumando
Niente, Giorgia lo fa meglio di lui e chiamandosi i giornalisti che vuole. Non è (solo) un problema di spazi risicati e gerarchie, è roba più sistemica. Roba per cui oggi il Segretario della Lega sta perdendo il crisma di interlocutore unico del Partito sui grandi temi che alla mistica del Partito attengono. E non essendo proprio un’aquila in quanto a skill specialistiche spesso si impantana ancor di più in quel lessico basico e prezzemolino che prima era la sua forza.
Queste sono settimane dedicate alla Legge di Bilancio, perciò microfoni, oneri e dialettica stanno tutti in testa a Giancarlo Giorgetti. Salvini un po’ ci gode perché il tema è zeppo di cocci. E un po’ ci soffre, perché per lui i vetri rotti di un tema non sono mai stati ostacolo a ché lui di quel tema ne cannibalizzasse superficialmente la trattazione.
Niente più fa brodo e si sente, insomma. “Ci sarebbe la manovra di Giancarlo Giorgetti ma è così scipita, per Salvini, che i parlamentari leghisti chiedono: ‘Ma cosa andiamo a dire in televisione? Di che parliamo?’. L’Ufficio parlamentare di bilancio, ieri, ha definito la manovra ‘prudente e responsabile’, ma ha poi aggiunto che ‘le misure sono complesse e poco intellegibili’”.
Ministro ma non troppo
Ci sarebbero poi le recenti grane mezze risolte tra Ita e Lufthansa, ma Salvini ne sa di acquisizioni più o meno come ne sa di criteri di accoppiamento dei platelminti. Perciò risponde: “Di Ita se ne occupa brillantemente Giorgetti”. Gli manca il lessico facilone e mainstream, e gli stanno mancando le praterie dove sciorinarlo, quel lessico, anche al netto di un particolare risibile ma non del tutto trascurabile.
Il Capitano è ministro di Infrastrutture e Viabilità, solo che sul solo ambito istituzionale su cui è chiamato a (dover) rispondere il vocabolario si è perso. E qualche frase sciolta se l’è presa il compagno di partito Edoardo Rixi che è viceministro. Che però non parla d’ambito e scarroccia sul voto in Usa che tanto fa brodo comunque e dovunque. E dice: “Per il governo non cambia niente”. Solo che “storicamente, con i repubblicani, arriva la pace. Con Trump la guerra in Ucraina finisce”. Novantadue minuti di applausi per cotanta profondità e Fantozzi suca.
Salvini è quindi ormai accerchiato dal se stesso peggiore. E pare abbia sviluppato una mezza mania per l’assedio di Forza Italia, che gli sta rubando terra, uomini, donne e credito sondaggistico.
Azzurri, Pisana e Pier Silvio
Quello stesso partito che in Regione Lazio con Claudio Fazzone sta facendo vedere i sorci verdi ai verdi del Carroccio, tanto da evocare un Francesco Rocca in veste arcigna di decisore finale. Che dopo avere compiuto un tentativo di reincollare i cocci non ha perso tempo ed ha girato la questione al piano superiore: ai segretari nazionali Giorgia Meloni ed Antonio Tajani. Con un effettl immediato: con gelare la crisi sine die o quanto meno fino a quando i due big non troveranno il tempo per occuparsi del Lazio e dei suoi capricci.
Qual è la fissa salviniana del momento? Quella di un Pier Silvio Berlusconi che scende in campo e scalcia via una friendship già messa a dura prova dal magnetismo più sornione di Antonio Tajani che sta per fare capolino ciociaro al G7 di Fiuggi-Anagni.
Il Foglio nei giorni scorsi ha citato maligno una frase scappata al capitano in quel di Palermo: “Volete mettere Silvio con Pier Silvio? Un’altra cosa”. Sì, ma i trasporti? L’Ad di Trenitalia Corradi è stato recentemente audito in commissione Trasporti alla Camera. Ed ha detto: “La nostra puntualità è del 95 per cento ma scende al 73 per cento per altre cause”. Come ad esempio con un Frecciargento Roma-Genova che parte con 50 minuti di anticipo per non arrivare in ritardo.
Non ci sono più temi-maniglia, mancano gli argomenti utili. Non a risolvere i problemi, ma a far vedere che sì, Salvini se ne occuperà o se ne sta occupando e tutto andrà bene.
Voto in Umbria ultima spiaggia
Come per la Legge Fornero, che a suo tempo promise di cancellare e che oggi è sostanzialmente viva e vegeta anche se in format da maquillage furbo. A conti fatti perciò a Salvini restano solo il voto regionale in Umbria di oggi (in Emilia non ha gioco e lo sa) e i liscioni a Trump ed Elon Musk, che però parla e fa affari con Meloni.
Un po’ poco per un ex Capitan Prezzemolo, un po’ troppo per vedere ancora i galloni sulle sue spalline. Anzi, spallucce. Quelle che fanno i leghisti quando gli chiedi come andrà il Congresso di gennaio 2025.