Marino vigile sul termovalorizzatore: Gualtieri avvisato e “vendetta green”

L'obiettivo Ue sul raggiungimento di una percentuale di raccolta differenziata del 75% entro il 2030 e un sorvegliante "scomodo": quello che i dem fecero fuori nel 2015.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Etica e temi “de sinistra”: sono state queste le due grandi sorprese delle Europee 2024, tanto grandi e tanto sorprese da mettere nella casella dei vincitori Alleanza Verdi-Sinistra. Cioè una formazione politica italiana che, nella mistica comune, sta a metà tra gli Inti-ilimani, El Condor Pasa ed il green spinto. Il Partito bicefalo guidato da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, quello che si è messo Ilaria Salis in casa per toglierla dai ceppi orbaniani, ha ottenuto sei seggi per Bruxelles. E con un 6,7% tondo che ha fatto marameo ai centristi di Carlo Calenda e Matteo Renzi che neanche hanno toccato la deadline del 4%.

Il sunto spiccio di tutto questo è che in Italia c’è un modo di pensare la politica che non vuole starci, a passare per dissidenza organizzata dal Nazareno. E che annovera persone capaci di attrarre voti e portare una progettualità definita. Tra di loro però non ci sono sono i duri e puri della sinistra-sinistra, ma contano e fanno curriculum grosso proprio quelli che stavano col Partito Democratico e che dal Pd sono fuoriusciti per cercare approdi più consoni alle loro storia personali ed al punto di intersezione tra le stesse e la mission di Avs. Come Massimiliano Smeriglio, che non ce l’ha fatta per un soffio.

Il ritorno di Ignazio: inatteso

Angelo Bonelli, Ignazio Marino, Nicola Fratoianni (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

O gente come Ignazio Marino ad esempio, che ce l’ha fatta e di grana grossa. Cioè colui che da Sindaco di Roma e nel 2015 era stato “silurato” e che, forse anche senza volerlo, si era candidato non solo per l’Ue, ma anche ad essere una versione ippocratea di “V per Vendetta”. Il chirurgo con i bruscoli della congiura che lo fece fuori ancora sparsi sul bavero ha messo subito le cose in chiaro una volta eletto. Ed ha puntato alla giugulare esattamente i temi che da lui ci si aspettava mettesse a regime da europarlamentare.

Quali? Equalizzazione tra Nord e Sud dell’Europa su ambiente e sanità e visione prospettica su Roma. La Roma di Roberto Gualtieri che “si appresta” a varare il primo termovalorizzatore della Capitale. Uno dei temi caldi per il campidoglio è sul triennio venturo: dal 2028 infatti dovrebbero scadere i cosiddetti “sussidi Ets”.

Si parla dello scenario per cui impianti che emettono gas climalteranti come inceneritori e termovalorizzatori dovranno pagare diritti di emissione da cui oggi sono esclusi. E con costi presunti che si aggirerebbero su 60 euro a tonnellata. Ad aprile Gualtieri aveva detto dell’impianto che “dovrebbe essere pronto per la fine del 2026, inizio 2027, con qualche mese per andare a regime. Poi essendoci una gara è possibile anche anticipare i tempi ma quello è il tempo massimo. Noi siamo per correre”.

Il modello Borgomeo che diventa romano

Poi aveva spiegato che “sarà un termovalorizzatore con le tecnologie più avanzate del mondo. Non si farà solo energia ma le ceneri diventeranno materiali da costruzione. Con i residui della termovalorizzazione faremo le strade e i marciapiedi e con il biometano prodotto dai biodigestori che realizzeremo ci faremo andare i mezzi di Atac”. Un ciclo perfettamente registrato sul green dunque, e con la circular economy a fare da nocchiera.

Quella stessa economia verde che aveva permesso a Francesco Borgomeo di mettere a regime un progetto pilota con la sua Saxa Gres e con la presenza in quadrante territoriale dell’impianto di San Vittore del Lazio.

Tutto bene dunque? Non proprio, almeno in ottica Marino, che sul termovalorizzatore di Roma è stato sempre scettico e che adesso ha un’arma a doppio filo. Quella di una posizione in cui il suo scetticiscmo può figliare rotte precise.

Poi quella di un ex dem silurato dai dem ed ex sindaco di Roma che oggi si trova a guatare un dem e sindaco attuale di Roma. Roma a metà strada esatta tra vendetta e giustizia, avrebbe fatto dire Maurice Denuziere ad uno dei suoi variopinti personaggi. E segnali della rotta del neo europeduptato Avs ce ne sono e come. Roma che precipita sul teatro romano con il Giubileo alle porte. “Chiedere a me se opto per la Capitale è come domandare a Francesco Totti se tifa Roma”.

La doppia lettura tra giustizia e “vendetta”

Lui aveva già spiegato di aver scelto di candidarsi “in nome della transizione ecologica e per poter agire in tema di sanità. E, ultimo ma non ultimo, per la città che ho governato per 28 mesi e che ora guarderò da lontano ma ‘numeri alla mano’. Il Foglio di Claudio Cerasa ha colto la doppia lettura, quindi, ma non è che Marino abbia fatto molto per dissimularla. Anzi: “Una delle questioni che più mi impensierivano, da sindaco, era stata la tardiva chiusura della discarica di Malagrotta, prevista nel 2007, come chiedeva la Ue, ma rimandata”.

“Un ritardo che ha pesato, visto che Roma, sanzionata a livello europeo, non aveva potuto accedere a fondi che le sarebbero stati utilissimi. L’Europa ci guarda, ed è attenta. Che oggi è come dire, “Io ti guardo Robè, stai attento”.

Sul termovalorizzatore Marino spiega: “Stiamo parlando di un impianto che ancora non esiste e che però, nel contesto del contratto di project financing, una volta realizzato, prevede una durata della concessione di 33 anni e 5 mesi. Poi l’alert sul fatturato di ritorno per Acea che ha la fetta più grossa di investimenti: “L’impianto costa 7 miliardi, 392 milioni e 700 mila euro. Il Comune ci mette soltanto 40 milioni, il resto lo mette un privato. Che ovviamente vuole recuperare l’investimento, e ci mancherebbe, ed ecco spiegati i 33 anni e rotti di concessione”.

Poi una cosa che fa di Marino quel ragionatore sottile da cui forse il Nazareno si era separato troppo tempestivamente: il timing. “Ma sappiamo anche che l’obiettivo europeo è quello di un quadro ‘carbon neutral’ per il 2050. Se l’impianto fosse pronto nel ‘27 o nel ‘28, aggiungendo 33 anni e 5 mesi, si arriverebbe al 2061: saremmo fuori di 11 anni. I conti non tornano”.

Perché “i conti non quadrano”

Ecco perché Marino sciorina i numeri di Ignazio contro quelli “di Roberto”. “Io parto da altri numeri, e cioè dall’obiettivo europeo che prevede il raggiungimento di una percentuale di raccolta differenziata del 75 per cento annuo entro il 2030. Se si raggiungesse quella cifra, al Comune di Roma resterebbero soltanto 300-350 mila tonnellate da smaltire. Ma allora perché costruire un impianto che smaltisce 600 mila tonnellate annue?.

Ecco perché la stoccata finale arriva su un piano concettuale molto ma molto ostico. E partendo da quel che il Marino briscolato via dai dem fece prima di essere briscolato, il che è un segnale di quella lama a doppio taglio che oggi il medico impugna.

I privati che risolvono, ma a che prezzo?

Manlio Cerroni. Foto © Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica

“Io ho portato la differenziata dal 20 al 45 per cento in 28 mesi. Ma nel 2023 si era a quota 43, meno due punti. Ora si prevede che un privato risolva il problema dello smaltimento, esattamente come tra il 1963 e il 2013, gli anni di Manlio Cerroni. Sono scelte, per carità, lucide e non casuali. Ma se si prosegue lungo questa china, arriveranno altre sanzioni”.

Giustiziere secondo congruità di contesto che gli faciliterebbe il compito o censore in purezza che troverebbe nel suo “rancore” un accelerante? Saperlo non è importante, è importante sapere che Ignazio Marino ha risalito la china politica.

Ed oggi ha il binocolo più grosso di tutti puntato sullo skyline della Città Eterna.