L’ultima (o quasi) occasione elettorale del leader leghista dopo la scoppola Toscana… con qualche contraddizione
Questa settimana è scattata la “calata dei big” in Campania per le prossime regionali. Per tutta una serie di motivi differenti, ognuno di loro ha un buon motivo per non buscarle. Soprattutto nel centrodestra, dove ciascuno dei caporioni politici ha la sua, di motivazione. Giorgia Meloni, che poche ore fa ha fatto sapere di aver trovato la quadra sulle banche tramite la solita anticipazione del solito libro di Bruno Vespa, ha un suo uomo.
Si tratta di Edmondo Cirielli, candidato alla Presidenza. Antonio Tajani deve sfruttare il califfato di Fulvio Martusciello per consolidare il trend positivo di Forza Italia. E lui, Matteo Salvini, deve rialzarsi. Lui e la sua Lega non più tanto vannacciana, dalle recenti scoppole nelle Marche ed in Toscana. Ieri ha ricevuto Viktor Orban chiamandolo “amico mio”. Ha incassato, sulla inutilità dell’Ue, un entusiastico post social di Mario Abbruzzese, il Segretario Organizzativo per il Lazio. Che a corredo della card di Partito ha scritto: “È davvero difficile pensarla diversamente…”.
Chi rischia di più

A voler dir tutta, quello che forse ha il motivo più impellente per gettarsi “anema e core” nel cimento d’urna campano è proprio Salvini, che infatti non si è fatto pregare ed è arrivato a Napoli con il solito mood amicone di quando prova a strusciarsi a quel Sud smemorato che non tanti anni fa dileggiava.
Nella circoscrizione di Napoli Salvini, che in queste ore è furioso con la Corte dei Conti che gli ha bocciato la delibera madre di impegno economico sul Ponte, ha candidato come capolista Daniela Di Maggio. Si tratta della madre di Giovanbattista Cutolo, il giovane musicista ucciso a Napoli nel 2023. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti di giovedì 30 ottobre 2025).
Ovvio come, essendo la Campania regione tendenzialmente data con il centrosinistra vittorioso, il vicepremier e leader del Carroccio abbia dovuto anche invertire il trend lessicale.
Se tradizionalmente l’astensionismo degli italiani è sempre stato l’alleato più forte di questo centrodestra è evidente che nel caso dell’ex “reame” di Vincenzo De Luca i termini vanno sovvertiti. Al destracentro servono voti ed a Salvini ancora di più, se vuole sperare di assestarsi almeno su un 7% che per lui sarebbe oro.
Lega “alla pummarola ma debole”

Oro zecchino a contare l’effetto traino del candidato governatore di Fdi e lo storico radicamento forzista in quelle terre, specie in provincia di Caserta. Ma a Salvini serviva e serve anche di tenere ben alta la guardia sul fronte delle divergenze interne alla maggioranza su scala nazionale, specie in tema di legge di Bilancio.
Perciò ha fatto la cosa che forse Salvini sa fare meglio: creare ossimori, contraddizioni, senza neanche accorgersene. Con due step precisi. Il primo territoriale e legato al voto regionale, e con queste parole.
“Spero che in tanti votino. Anche perché a sinistra sono divisi. Che Fico, De Luca, la Schlein, Manfredi, Conte dicano ognuno una cosa diversa, mi sembra evidente. Come potranno governare una Regione se non vanno d’accordo neanche tra di loro?”.
Divergenze, pagliuzze e travi

Insomma, il messaggio chiave è: sono divisi e litigano su tutto, perché votarli? Poi però, non pago, il ministro meloniano ma non troppo riapre nello stesso scenario una polemica che assevera come neanche tra i Partiti di maggioranza ci sia poi tutta questa omogeneità di vedute.
Specie se si parla di banche, extraprofitti e Def. Salvini lo aveva già fatto replicando alla dichiarazione belluina con cui Antonio Patuelli, dell’Associazione bancaria italiana (Abi), aveva spiegato che “non esiste il concetto giuridico di extraprofitti”.
E il segretario leghista ci è andato giù durissimo: “Ogni lamentela in più da parte delle banche è un miliardo in più che gli chiediamo”.
Bordate a Patuelli

Poi, implacabile: “Sono gente che finirà quest’anno con 50 miliardi di guadagno, una parte dei quali dovuti alle commissioni che impongono ai commercianti o agli interessi che chiedono a chi prende un prestito in banca e interessi che non danno agli italiani che lasciano soldi in banca”.
E ancora: “Gente che per sua fortuna e suo merito guadagnerà 50 miliardi di euro mentre tanti italiani e tante imprese sono in difficoltà”. Salvini insiste con quel concetto vago e vagamente offensivo, “gente”, nel riferirsi ai banchieri.
“Gente dovrebbe avere vergogna a lamentarsi, per un contributo che il governo ha giustamente chiesto di 4 miliardi”.
Extraprofitti e frattura con Tajani

Ora, se c’è una cosa che ultimamente ha visto la Lega salviniana e Forza Italia di Antonio Tajani (e Marina Berlusconi) fieramente ed ovviamente contrapposti quello è proprio il tema della tassazione degli extraprofitti delle banche.
Un po’ troppo evidente per andare nella stessa sede a rimarcare le differenze tra un De Luca ed un Roberto Fico.
Ma Salvini è fatto così: lui semplicemente vede il bello nel solo effetto sloganistico e non studia quasi mai il merito in purezza.
La battaglia nella battaglia

Perciò ha incalzato: “Una parte di questi utili sono garantiti dallo Stato quindi dai cittadini ed è un modo di fare impresa, per cui se guadagno i soldi sono miei, se perdo ce li mette lo Stato e quindi i cittadini”.
“Fare impresa così non è normale. Se poi il governo ti chiede un contributo a esempio per assumere forze dell’ordine o medici e infermieri, o per rottamare le cartelle dell’Agenzia delle entrate dovresti solo essere felice di contribuire alla crescita del Paese. Gli unici che non si possono lamentare in Italia sono i banchieri“.
Perché dentro ogni battaglia corale ce n’è sempre un’altra personale, e Salvini sa che questa in Campania dovrà vincerla per forza. O quanto meno non perderla troppo clamorosamente.



