Mense scolastiche: a Frosinone la più cara del Lazio e tra le più esose d’Italia

Un altro primato negativo per il capoluogo ciociaro: le tariffe del servizio di refezione sono più alte del 42 % rispetto alla media regionale. Secondo lo studio effettuato da Cittadinanzattiva i costi sono in aumento in tutta Italia. Dato positivo per Roma

Roberta Di Domenico

Spifferi frusinati

Settantacinque euro al mese: è quanto una famiglia nel Lazio ha speso in media nell’anno scolastico in corso per la mensa di un figlio, sia per la scuola dell’infanzia che per quella primaria. A Frosinone invece il costo mensile della mensa per entrambe le tipologie di scuole è di 107 euro. Ben 32 in più. Che equivale a + 42 % rispetto alla media regionale.

E’ quanto emerge dalla lettura della VIII Indagine sulle mense scolastiche in Italia, pubblicata in questi giorni condotta da Cittadinanzattiva, l’organizzazione sociale fondata nel 1978 per dare voce ai cittadini.

L’analisi

Cittadinanzattiva ha analizzato, per tutti i capoluoghi di provincia (ad eccezione di Trento e Bolzano poiché le due province autonome calcolano le tariffe su indicatori diversi dall’Isee e non comparabili con le altre regioni), quanto paga una famiglia composta da tre persone: due genitori e un figlio minore, con un reddito lordo annuo di euro 44.200 e un ISEE di euro 19.900.

Nel calcolo della quota annuale del servizio di ristorazione scolastica si è ipotizzata una frequenza di 20 giorni mensili per un totale di 9 mesi, escludendo eventuali quote extra, annuali e/o mensili. Che cosa rileva l’indagine a livello nazionale? Ottantacinque e 86 euro al mese: è quanto una famiglia ha speso in media nell’anno scolastico in corso per la mensa di un figlio iscritto rispettivamente alla scuola dell’infanzia e alla primaria.

Si tratta di 4,25 e 4,30 euro a pasto. La regione mediamente più costosa è l’Emilia Romagna con 108 euro mensili (lo scorso anno era la Basilicata). Mentre quella più economica è, come nell’anno scolastico precedente, la Sardegna con 61 euro nell’infanzia e 64 euro per la primaria.

Tariffe in aumento

(Foto © DepositPhotos.com)

Anche quest’anno si registra un incremento delle tariffe seppur poco rilevante (circa l’1%), con decisive variazioni però a livello regionale: la Sicilia registra un’importante crescita del costo a carico delle famiglie sia nella scuola dell’infanzia (+13 % circa) che in quella primaria (oltre l’8%), mentre per la Basilicata si segnala una riduzione significativa di circa il 6% sia nell’infanzia che nella primaria.

A livello di singoli capoluoghi di provincia, sono le famiglie di Barletta a spendere di meno per il singolo pasto (2 euro sia per l’infanzia che per la primaria) mentre per l’infanzia si spende di più a Torino (6,60 euro a pasto) e per la primaria a Livorno e Trapani (6,40 euro). Fra le città metropolitane. si conferma il dato positivo di Roma che rientra nella classifica delle meno care, con un costo a pasto per la famiglia “tipo” di circa 2,60 euro in entrambe le tipologie di scuola.

La situazione nel Lazio

A proposito delle Città del Lazio, l’indagine di Cittadinanzattiva evidenzia la situazione di Frosinone, che si segnala come il capoluogo più oneroso della Regione, sia per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, che la primaria, per il costo del pasto: mensile e annuale. Con differenze quasi del 50 % in più rispetto ai Comuni di Latina, Roma e Viterbo.

SCUOLE DELL’INFANZIA E PRIMARIA – 2024/2025  LAZIO
CITTA’ COSTO PASTO COSTO MENSILE COSTO ANNUALE 
Frosinone € 5,37 € 107 € 967 
Latina € 2,60 € 52 € 468 
Rieti € 4,48 € 103 € 927 
Roma € 2,60 € 52 € 468 
Viterbo € 3,00 € 60 € 540 
Media € 3,61 € 75 € 674

L’indagine rileva infine che in soli 15 Comuni Capoluogo italiani il costo della mensa è superiore a quello di Frosinone. 

Ecco quali:                        

COMUNECOSTO MENSILE
Padova € 109
Belluno€ 122
Livorno€ 128
Trapani€ 128
Andria€ 118
Bologna € 112 
Potenza€ 112
Cosenza€ 110
Savona€ 110
Modena € 130 
Bergamo€ 110
Piacenza € 114 
Pesaro€ 118
Reggio Emilia € 122 
Torino€ 132

Perché aumentano

Il municipio di Frosinone (Foto © Antonio Limonciello)

Perché le tariffe sono aumentate? Cosa incide nella determinazione della tariffa? Sono le società fornitrici a volersi arricchire sulle spalle dei genitori e sulle pance dei bambini? No: c’è altro e ben riconoscibile dietro a quegli aumenti. In sintesi, l’aumento dei costi delle mense scolastiche è attribuibile a fattori economici generali, come l’inflazione e l’aumento dei costi energetici, nonché a disuguaglianze strutturali e territoriali che influenzano l’accesso e la qualità del servizio offerto. Chiariamolo.

Il primo fattore ad incidere sull’aumento è l’Incremento dei costi energetici e delle materie prime. Il gas per alimentare i fornelli e l’energia elettrica per i forni ha inciso significativamente sui costi di gestione delle mense scolastiche. I Comuni, non riuscendo più a sostenere completamente queste spese, hanno trasferito parte dei costi sulle famiglie .

Il secondo aspetto dipende dalle Regioni. Infatti ci sono Variazioni regionali significative. Sebbene l’incremento medio sia stato dell’1%, alcune regioni hanno registrato aumenti più marcati. Ad esempio, in Sicilia si è osservato un aumento del 13% per la scuola dell’infanzia e oltre l’8% per la primaria. Al contrario, la Basilicata ha visto una riduzione dei costi di circa il 6%. E questo dipende dalla situazione locale: l’Italia non èp tutta uguale, i prezzi variano da territorio a territorio. Lo spieghiamo meglio?

Per comprenderlo bisogna parlare della Disparità nella distribuzione delle mense scolastiche: cioè solo una scuola su tre in Italia dispone di un locale mensa. Al Sud, la situazione è ancora più critica: appena il 22% degli edifici scolastici è dotato di mensa, con percentuali ancora più basse in Campania (15,6%) e Sicilia (13,7%). Aumenta il costo per il personale e questo incide sul prezzo finale.

Infine conta anche la Distribuzione ineguale dei fondi del PNRR. Sebbene il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) abbia previsto finanziamenti per migliorare le infrastrutture scolastiche, le regioni del Sud hanno ricevuto solo il 37% delle risorse economiche, nonostante rappresentino una quota significativa degli interventi previsti. Questo ha limitato la capacità di colmare il divario territoriale in termini di accesso e qualità del servizio mensa.