Il summit pugliese "a denti stretti" in masseria da Vespa e il nodo da sciogliere dei quadri territoriali, fedelissimi ma in ovvia allerta
Non ci sono chiavi di lettura sottili tra quelle che includono la mezza sconfitta di Matteo Salvini, indiretta ma palese, nel voto di Francia e nel mood di un’estate ai titoli di coda che lo porta ad una Pontida che sa di Waterloo. Neanche oggi che è fine agosto e quel voto appare lontano.
Non ci sono nel senso che Salvini sta nel novero dei briscolati e che nel suo caso ci sta benissimo un avverbio: “ennesimamente”. La Francia è (ancora) troppo vicina e troppo forte era e resta il legame, ideologico ed in chiave strategica Ue, con Marine Le Pen. E soprattutto quel che è accaduto al leader della Lega ha accelerato un processo che era in atto già da tempo. Il vertice piacione di queste ore in terra Pugliese ha confermato tutti i nodi gordiani di un rapporto a due che tiene ma vacilla al contempo.
La Lega del Capitano e le “altre”
Quale processo ancora in atto, se non in recrudescenza, è emerso dal summit in quel di Manduria, nella luxury-masseria di Bruno Vespa? Quello di uno scollamento di necessità tra ciò che il vertice del Carroccio fa e subisce e quello che i quadri territoriali della Lega imbastiscono nelle loro quotidianità politiche ed amministrative. Che se in altoalto c’è un Salvini orbo di vittoria che ha virato ufficialmente verso i mari e le rotte di Orban e dei Patrioti per l’Europa, dall’altro qui da noi ci sono leghisti che hanno preoccupazioni – momentaneamente interrotte dall’usta da solleone – più terragne e meno di sistema. Noie che legano male con la foto mainstream di Salvini e Francesca Verdini che gigioneggiano con l’amica premier.
Ed è un bene, perché forse mai come oggi è necessario spiegare che non c’è solo la Lega del Capitano, sul tavolo. E che non ci sono solo le alternative sornione dei governisti di rango massimo come Zaia, Fedriga e Giorgetti. No, mai come oggi e dopo il voto in Ue e quello di Parigi in giro ci sono i leghisti che hanno l’affanno dei governi di sistemi intermedi, cioè degli spot che alla fine sono quelli veramente cruciali per la qualità della vita dei cittadini.
E c’è perfino un generale Vannacci che, dopo essersi fatto dare un passaggio dal Carroccio in zona mainstream, ha scalmane movimentiste tutte sue, tanto da aver fatto buttare giù uno statuto. Questo nelle ore in cui Salvini e Meloni discutevano di Commissari Ue, di Ius soli e delle lame incrociate del Carroccio con Forza Italia, l’altra gamba dell’esecutivo.
Abbruzzese tra ideologico e concreto
Non sarebbe errato affermare quindi che per un leader che se la gioca con il Risiko della bandierine ideologiche, ci sono decine di “graduati” che devono pensare a ben altro. Graduati come Mario Abbruzzese, ad esempio, che al netto di una corsa per Bruxelles di livello olimpionico a Bruxelles non ci è andato. E che da un lato era stato “costretto” a seguire l’usta di massimo rango con una foto ed un post social esplicito.
“Nasce il grande gruppo dei Patrioti, 84 membri di 12 nazionalità che lotteranno senza tregua a Bruxelles contro le follie filo-cinesi ed eco-estremiste della sinistra. Insieme ai nostri alleati, cambieremo il futuro dell’Europa!”. Dall’altro tuttavia deve richiamarsi e temi più terragni e meno “magiari”.
E spiegare che “grazie alla Lega nel decreto sicurezza sono previste sanzioni per chi occupa abusivamente un alloggio. E, finalmente, le forze dell’ordine potranno intervenire senza dover attendere il nulla osta da parte del giudice”.
Che significa? Che le difficoltà della Lega attuale non sono tanto quelle di allocazione in macro area Ue, quanto piuttosto quelle di un quotidiano dove la Lega è “minacciata” dalle forze politiche che hanno calato gli assi migliori.
Ciacciarelli-Stakanov in Regione
Come Forza Italia che chiedeva un rimpasto alla Pisana e che avrebbe gradito accerchiare Pasquale Ciacciarelli. Che in Regione Lazio fa lo Stakanov e l’uomo preda di Forza Italia mentre gli azzurri puntano alle controllate e danno un transeat tattico a Libero Mazzaroppi in cda di Laziodisco. E che, tanto per citare la sua road map personale, poche settimane fa ha presenziato alla presentazione della proposta di modifica alla Legge Regionale N° 36 del 7/1987.
Quella sulle “Norme in materia di attività urbanistico-edilizia e snellimento della procedure”. E per l’attenzione alla quale aveva ringraziato “il Presidente Francesco Rocca, il Presidente della Commissione Urbanistica del Consiglio Regionale, On. Laura Corrotti. La Capogruppo Lega, On. Laura Cartaginese e tutti coloro che hanno preso parte a questa importante iniziativa”.
L’impressione è che nel Carroccio ormai esista un netto distinguo esattamente tra questi due poli: la collocazione strategica dei “capi” e le iniziative di chi sta in trincea. Il guaio è che oggi Salvini porta sulle spalle l’ennesima aura non solo dello sconfitto, manche del “perculabile”.
L’approdo dai Patrioti Ue di Matteo
Perché come al solito sui social e prima del voto francese non si era risparmiato. Ed in queste settimana di pinne, fucile ed occhiali sta subendo l’ondata di ritorno di un’ironia social. Ironia che fa apparire l’approdo coi Patrioti più come un rifugio tra amici che come una mossa consapevole in scacchiera. Se l’arrivo di Marine le Pen e perfino degli spagnoli di Vox nel nuovo gruppo massimalista di destra appare come un fisiologico assestamento di rotta, con Salvini è diverso.
Il suo sembra in tutto e per tutto il ripiego di chi, in carenza di ossigeno, cerca un’aria meno rarefatta e lo fa perché gli alleati italiano ormai sono solo nemici inside. E con dinamiche di ripercussione che stanno via via erodendo anche i governi si secondo livello come la Pisana.
Fazzone ed i Fratelli: i veri problemi
Dove il braccio di ferro finora è stato (dopo il vertice in masseria Meloni – Salvini con Tajani al telefoino si vedrà) non solo tra FI di Claudio Fazzone e Carroccio, ma tra Carroccio e frange regionali di Fratelli d’Italia. E su temi cruciali come le rotte di governo di una Regione Lazio che soprattutto in tema di sanità e commissariamento delle Asl si appresta ad una resa dei conti epocale.
Con Salvini che scappa da Orban e con gli uomini di Salvini che non possono scappare dalle loro responsabilità collegiali di alleanza. A meno di non voler far saltare il banco romano. Quello della Pisana e, perché no, del Governo. Prima che magari ci pensino Forza Italia ed il Pd che ultimamente si guardano con malcelata fregola funzionalista.