
Diocesi più piccole, comunità più riconoscibili, pastori più vicini. È la riforma di Papa Leone. E in Ciociaria, la rivoluzione è già cominciata. A brevissimo il nuovo vescovo di Anagni. Che torna autonoma da Frosinone. Il toto nomi.
Papa Leone sorprende ancora. Dopo le aperture sul ruolo dei laici e l’attenzione alle comunità locali, arriva un cambio di passo anche sul fronte delle diocesi. E secondo indiscrezioni ben piazzate in Curia, la Diocesi di Anagni-Alatri verrà presto separata da quella di Frosinone-Veroli-Ferentino. Una mossa che segna una netta inversione rispetto alla linea di Papa Francesco, più incline all’accentramento e alla razionalizzazione territoriale.
La nuova visione di Leone punta invece a diocesi più piccole, governate da pastori che conoscano da vicino il proprio gregge, con territori “riconoscibili per storia e tradizioni” – come avrebbe detto il Pontefice in un recente scambio informale con alcuni nunzi. Basta diocesi “macro”, difficili da amministrare e distanti dalle persone.
A metà giugno è atteso l’annuncio ufficiale del nuovo vescovo per Anagni-Alatri, che tornerà a camminare da sola, con un pastore dedicato. E intanto cominciano a circolare i primi nomi, tra conferme e sorprese.
I cinque in corsa per la nuova cattedra

Nella rosa dei candidati ci sarebbe don Emanuele Giannone, rettore del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni e figura ben conosciuta in zona; presbitero della sede suburbicaria di Porto-Santa Rufina, in carica dal 9 gennaio 2018 al Leoniano. Proprio questo ruolo lo rende riconoscibile dal gregge, i fedeli ne conoscono già l’autorevolezza e lo spessore. Altro nome forte è quello di Pasquale Bua, presbitero della diocesi di Latina, ha conseguito il dottorato in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, dove ha lavorato come assistente alla cattedra di ecclesiologia, e la laurea magistrale in filosofia presso l’Università di Roma Tor Vergata. Attualmente, oltre che amministratore parrocchiale e officiale della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, è professore associato di teologia dogmatica presso l’Istituto Teologico Leoniano di Anagni. Dovrebbe essere creato vescovo: Papa leone darebbe un grosso segnale di rinnovamento.
C’è in lista monsignor Dario Gervasi, già vescovo ausiliare di Roma e da pochi mesi segretario aggiunto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Un profilo di peso, già rodato nei meccanismi vaticani. Se prevarrà la spinta politica interna, l’ago della bilancia potrebbe pendere verso il suo nome.

Terzo in lizza, mons. Giovanni Di Stefano, vicario generale della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, storico rettore del seminario di Ferentino e uomo di governo con lunga esperienza. Conosce già il territorio di Anagni – Alatri per essere il braccio destro di monsignor Ambrogio Spreafico vescovo di Frosinone ed averlo affiancato in questi anni nella gestione. Fa parte del Movimento di Sant’Egidio. Chiude il quartetto don Antonio Molle, rettore del Santuario di Canneto, detto Il prete del sorriso. Apprezzato da Papa Francesco che lo stava facendo ‘pesare‘ e noto per il suo stile pastorale diretto e popolare. Anche a lui però manca la nomina a vescovo.
Montecassino, si valuta un ritorno all’antico

Ma non è tutto. Nei fascicoli che stanno passando sulla scrivania del Papa, c’è anche il caso Montecassino. Dopo il terremoto mediatico del caso dom Pietro Vittorelli – poi assolto da ogni accusa poco prima della morte repentina di fronte al televisore – era stato il Papa in persona a nominare l’abate. Ora si ipotizza un ritorno all’antico privilegio: sarà di nuovo la comunità monastica a eleggere l’abate, ma con obbligo di placet da parte del Pontefice. Autonomia sì, ma con supervisione. Come era prima di Francesco.
Una scelta che ricalca la logica che Papa Leone sembra voler applicare su più fronti: più libertà ai territori, ma senza perdere l’unità ecclesiale e l’ultimo controllo della Sede Apostolica.
Verso una Chiesa “più minuta”

Le scelte di Leone sembrano convergere verso un’idea di Chiesa “più minuta”, per usare le sue stesse parole: non più reti troppo larghe che perdono i pesci più piccoli, ma maglie strette, comunità vere, relazioni dirette. Diocesi a misura d’uomo e di vescovo. Un modello forse meno efficiente sulla carta, ma molto più aderente alla realtà di tante comunità italiane, soprattutto nel cuore della provincia.
La Ciociaria, in questo senso, diventa banco di prova. E il ritorno alla distinzione tra Anagni-Alatri e Frosinone-Ferentino potrebbe essere solo il primo passo.