Patate, banane, Vannacci fruttarolo ed Abbruzzese banconista pratico

Il dualismo che funziona di un Carroccio che sta fra slogan e “cortesia democratica”, dei suoi esponenti territoriali più esperti

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

C’è un doppio binario nella Lega di Matteo Salvini che continua a tenere banco e che, forse, costituisce la vera forza del “nuovo” Carroccio che ha tenuto in arcione il suo segretario con tanto di acclamazione. E’ un po’ come a Sparta, dove vigeva una diarchia ed esistevano format per la guerra e protocolli di pace.

Da un lato quindi esiste, resiste e prospera una Lega parolaia, sloganistica, fatta di carisma pop. Un Carroccio che vive in tutto e per tutto lo “Sturm und Drang” di una lunghissima stagione partita ieri l’altro con gli improperi del senatur Umberto Bossi verso il Tricolore ed arrivata ad identificarsi oggi con uomini che il Tricolore lo hanno servito.

Dall’altro c’è una Lega concretista, che non affonda mai troppo e che, se ricorre agli slogan, lo fa con una “mesotes” che denuncia la grana più saggia di certi suoi esponenti.

Mario che non infierisce

Mario Abbruzzese

Esponenti come Mario Abbruzzese ad esempio, che ha voluto dire la sua sul tema dei referendum in credito di quorum proposti da Pd-Avs e M5s. E che tuttavia lo ha fatto senza dimenticare alcune sfumature fondamentali, la prima delle quali è rappresentata dall’ecumenicità e sacralità della volontà popolare, anche quando essa si sostanzia come minoritaria. Anzi, soprattutto quando accade questo.

E’ un passaggio importante, quello che ha rilevato il responsabile organizzativo del Carroccio nel Lazio, perché non perde di vista il mood arrembante del suo partito, ma lo stempera in una sorta di “saggezza”. In una comprensione che non ha i toni della magnanimità orientale del “vincitore”, ma che attinge al format della democrazia in purezza.

Credo, indole o cazzimma che siano, quella di Abbruzzese è una chiave di lettura importante, in un partito che vive da sempre il dualismo fra toni “trucidi” e maturità politica.

“Rispetto per gli elettori”

Abbruzzese l’ha messa così: “Rispetto per chi si è presentato alle urne per votare ma allo stesso tempo non si può non sottolineare la sonora sconfitta della sinistra italiana!”. Come un perfetto banconista scafato che sa benissimo che i toni “fruttaroli” servono ma che è meglio lasciarli ad altri.

Altri come il generale Roberto Vannacci, ad esempio. Che invece sul tema post referendario non ci è andato leggero, non ha risparmiato allusioni in ordine al suo format “masculo”. E che soprattutto, da buon incursore, se vede un “nemico” ferito a terra scarrella l’ARX 160 e tira il grilletto.

Banco frutta

Così: “Dobbiamo rimandare a scuola Landini, Schlein, Bonaccini, Fratoianni e tutta la sinistra. In prima media, infatti, introducendo l’algebra e lo studio dei polinomi, ci spiegano che non si possono mescolare le patate con le banane”.

Roberto Vannacci

Il ragionamento del generale e numero due di Matteo Salvini all’AdnKronos ha i toni di una fanfara vendicosa. Ed assieme a quelli di una reprimenda pelosa sui numeri, in perfetto stile Vannacci.

“Loro non lo hanno capito e confondono, paragonandoli, i voti presi al referendum con i voti presi alle politiche dal centrodestra senza considerare che sono grandezze e dimensioni incomparabili e inconciliabili.

Sferzata “fluida”

Poteva mancare l’allusione sardonica (ed un po’ greve, a dire il vero) ai temi prog che tanto stanno in ubbia alla greca appaltata dal sovranismo 2.0? Per persone a cui piace la fluidità questo non mi stupisce. E’ come se io dicessi che all’esame di maturità ho preso un voto più grande del peso espresso in chilogrammi del professore che mi ha interrogato. Magari è vero, ma non ha alcun senso un paragone del genere.

“Si dimenticano, infatti, che alle politiche si vota un programma, un partito e o un candidato mentre in un referendum si vota (o si sceglie di non votare) per farlo passare o per farlo fallire“. Ragionevole ma greve, non c’è dubbio.

Questi sono i giorni in cui Matteo Salvini, che di comunicazione pop è maestro più per demeriti dell’italiano medio che per meriti suoi, sta proclamando che fermerà lo stop ai diesel Euro 5 previsto per fine mese in quattro regioni.

Salvini che ferma i fermi

Matteo Salvini (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

E che andrà contro un Decreto del 2023 varato dallo stesso governo di cui è vicepremier. Il che spiega due cose molto importanti della Lega attuale. Che segue sì sempre e solo l’usta di un elettorato facilone che ama i “robin-hoodismi” del Capitano, ma che ha scoperto un nuovo terreno.

Quello cioè di un concretismo che “lega” male con il lessico di alcuni leghisti parvenu. Gente come il generale Vannacci, che andava più imbrigliato per non fare danni e salassare i sondaggi, più che blandito per il merito delle sua indole. E che sul terreno di questo concretismo cerca personaggi che sappiano tracciare una rotta senza necessariamente lastricarla di morti e motti belluini.

Gente come Mario Abbruzzese, che sottolinea le sconfitte del “nemico” ma che non mette mai il popolo tra i vinti. E, piaccia o meno, in politica questa si chiama saggezza.