
Dal nuovo equilibrio in Giunta Gualtieri nasce una tregua politica che ridisegna gli equilibri interni del Pd. La ritrovata intesa tra Leodori e Mancini rafforza Roma, rilancia il sindaco e rianima il Partito in tutto il Lazio.
A Roma, le fratture non si ricuciono con una stretta di mano. Occorrono mesi, forse anni. E nel caso della storica distanza tra Claudio Mancini e Daniele Leodori, leader rispettivamente delle componenti regionali Rete Democratica ed Area Dem serviva una leva più robusta. Ad azionarla è stata politica la “P” maiuscola. Quella che oggi, grazie a un nuovo equilibrio all’interno della Giunta capitolina, ha fatto scattare la riconciliazione. Una tregua vera. Non di facciata. Con conseguenze nel Partito su tutto il Lazio.
Il punto di svolta è arrivato nel momento più inaspettato: mentre si ultimavano i cantieri del Giubileo, mentre il Modello Roma portava i risultati più concreti sotto il rullo delle asfaltatrici ed i successi nei tempi di realizzazione, grazie ad un progetto ambizioso ma realistico al tempo stesso. Risultati che proiettavano l’immagine di un sindaco diverso: con il caschetto in testa e le scarpe antinfortunistiche ai piedi, ogni giorno su un cantiere diverso nella città.
Il fattore Gualtieri

A dare nuovo respiro alla Giunta Gualtieri non sono stati solo quei cantieri edili ma soprattutto il cantiere politico. Che Claudio Mancini è stato capace di progettare, Roberto Gualtieri è stato capace di attuare, Daniele Leodori è stato capace di interpretare come equo riequilibrio per la sua componente. Area Dem è tornata ad avere un suo uomo in Giunta e visibilità su quel tavolo politico. Dal quale era stato estromesso non per un capriccio, ma per i consueti giochi della politica uniti alle divergenze strategiche con l’area guidata da Mancini.
Il sindaco di Roma ha compiuto un mezzo miracolo: è riuscito a rimettere in dialogo due protagonisti del Pd laziale che per troppo tempo si sono guardati in cagnesco. Non lo ha fatto con dichiarazioni altisonanti ma con l’arma dei risultati. Ha fatto sì che ogni ostacolo si trasformasse in opportunità, creando le premesse per una ricomposizione interna al Partito Democratico romano.
Il ritorno di Leodori a una piena rappresentanza nella cabina di regia della Capitale è, in realtà, il segnale più tangibile di una nuova fase: quella della coesione. Una coesione che – guarda caso – si sta propagando a cascata in tutto il Lazio.
La nuova geografia Pd

Il primo segnale c’è stato nei mesi scorsi: quando è stata trovata la sintonia in Direzione sulle date dei Congressi della provincia di Roma e di Latina. Un modo per blindare lo status quo in due feudi rispettivamente di Leodori e di Mancini. Il rinnovo in quelle Federazioni è avvenuto senza traumi, senza scontri, senza la necessità di un Congresso forzatamente unitario. Ad ognuno il suo, in base ai suoi numeri. In poco tempo anche a Rieti si è trovata una sintesi.
Solo Frosinone è rimasta fuori ma perché lì c’è un ulteriore player di caratura regionale: Francesco De Angelis. Non a caso è il presidente Pd del Lazio. Ma lo è in virtù di un’alleanza che lo ha portato in AreaDem lasciando Rete Democratica dove era confluito con la sua Pensare Democratico.

Ma la ritrovata intesa regionale cambia l’orizzonte. E disegna una nuova prospettiva di medio e lungo termine che porterà fino alle prossime Comunali di Roma ed alle Regionali. Non è solo una questione di poltrone o di incarichi in Giunta. È la ridefinizione di un asse. Se ieri la dialettica era tra Rete Democratica e AreaDem, oggi il gioco si fa più sinergico.
E se a Roma si volta pagina, nelle province il vento cambia direzione. Il segnale è arrivato chiaro anche nei territori: a Frosinone, a Latina, a Rieti, dove gli equilibri interni al Pd erano ostaggio di veti e diffidenze. La nuova intesa tra Mancini e Leodori disegna un Pd laziale più unito, più coeso, con meno veleni e più visione.
Riequilibrio e prospettiva

La rielezione di Roberto Gualtieri in Campidoglio non è più un’incognita sospesa sulle nuvole di una Capitale litigiosa. Al contrario: la nuova architettura politica gli regala una strada in discesa. Una base solida. E, soprattutto, un Partito non in guerra con sé stesso.
Non è un caso che questa svolta avvenga ora. Il Pd sa che la stagione 2026 si avvicina. Sa che il centrodestra non starà a guardare. Ma sa anche che se c’è un tempo per combattere e uno per costruire, adesso è il momento della seconda opzione.
Il finale è ancora aperto. Ma il copione è cambiato. Bisognerà inserire nel discorso Energia Popolare ed il Comitato Parte da Noi cioè l’area che sostiene da sempre Elly Schlein. Che, va ricordato, è quella che ha vinto il Congresso nazionale ed esprime la Segretaria. E non ci sta a recitare un suolo secondario.
Ma se fino a ieri si recitava un dramma tutto interno, con scissioni vere e presunte, oggi il Pd del Lazio si muove con l’aria di chi ha ritrovato la bussola. E forse, anche la voglia di vincere.