Perché la due giorni di Vannacci nel Lazio Sud è utile ad Abbruzzese

La due giorni di Vannacci tra Frosinone e Latina è un segnale. Da leggere insieme al riconoscimento del Mimit, l'identitarismo con la figura del Segretario. Il generale potrebbe trasferirsi in Italia. Il che avrebbe conseguenze per Abbruzzese

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Il format di tenere sott’occhio, in binario doppio, l’incedere dell’avventura politica di Matteo Salvini e quello parallelo dei quadri del suo Partito ha uno scopo. Che è quello di rilevare, passo dopo passo, slogan dopo slogan, un fenomeno che è fisiologico ma solo entro certi limiti. Cioè lo scollamento che esiste nei Partiti di range ampio tra le rotte di chi li comanda e quelle di chi agisce sui territori. Perché attenzione: se questo fenomeno resta contenuto negli scenari che ne determinano le inevitabili differenze va tutto bene, ma se la forbice si allarga allora quello è un sintomo.

Il sintomo che certi leader politici magari sono decotti e resistono all’incedere degli eventi, e che magari ci sono basi alternative che puntano a trasformare il Partito partendo proprio dall’esautorazione dei leader. Roba “bianca”, per sopravvenuto esaurimento della carica di consenso inside.

Abbruzzese: tra slogan e fatti

Mario Abbruzzese

Da questo punto di vista ed in particolar modo per la Lega di Salvini la mistica dello slogan salva capra e cavoli. Perché non fa scoprire le carte e si affida ad una rappresentazione del messaggio politico immediata. Accade perciò che uno come il Resonsabile Organizzazione nel Lazio Mario Abbruzzese, da sempre sui suoi canali social alterni prassi governiste (da uomo dei territori che non ha tempo da perdere con gli spot di pancia) a jingle in purezza.

Mercanzia leghista della più bell’acqua come questa. I furti nelle abitazioni sono un crimine annoso che sconvolge profondamente chi li subisce. Con le norme “Blocca Ladri volute dalla Lega, chi ruba nelle case avrà la certezza della galera, senza sconti o scappatoie. Tolleranza zero verso la delinquenza!”.

Oppure come la censura dei recenti scontri innescati dal caso Raymi. “Teppisti dell’estrema sinistra devastano la città con un attacco intollerabile alla democrazia. Solidarietà alle forze dell’ordine. La violenza non è mai una risposta.

Le mosse del generale

Roberto Vannacci (Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica)

Mario Abbruzzese per poco non era arrivato in Ue. Aveva dovuto “soccombere” (anche) allo strapotere del generale Vannacci. I suoi 24mila e rotti voti sono stati una salutare dimostrazione di forza: insufficiente per staccare il biglietto per Bruxelles pagato 117mila voti dall’irraggiungibile greca dei paracadutisti e 34mila abbondanti per la toscana Susanna Ceccardi. Ma utilissimi per ricordare alla Lega le proprie origini: i territori, il dialogo con gli elettori, disposti a sostenere il candidato in cui hanno fiducia anche se sta sotto le insegne del Nord. Quei 24mila voti sono valsi l’immediata apposizione sulle maniche dell’ex presidente del Consiglio regionale del Lazio dei galloni da responsabile Organizzazione nel Lazio. Per il momento.

Per i passi successivi si deve tenere conto dei movimenti del generale. Vannacci è tornato a supervisionare i territori. Esattamente come fece quando iniziò a costruire il suo personaggio elettorale. Il 5 ed il 6 febbraio lo dedicherà al Lazio Sud e sarà a Latina e Frosinone: territori che rientrano nella competenza organizzativa del vicesindaco di Frosinone Antonio Scaccia elevato al rango di Coordinatore regionale nel Lazio del movimento Noi con Vannacci.

Il calendario registra due tappe in Ciociaria: mercoledì 5 febbraio il deputato Ue sarà all’Astor di Frosinone alle 15 e poi farà tappa ad Isola del Liri nel Castello Boncompagni Viscogliosi. La giornata serata lo vedrà a Terracina per visitare le coop agricole da dove partirà l’indomani giovedì 6 febbraio per andare al Mercato Ortofrutticolo di Fondi e poi al Parco Hotel di Latina.

Mario In Ue? Non è fantascienza

Mario Abbruzzese

I rumors ultimi dicono che Vannacci si sta preparando ad una missione molto italiana e poco comunitaria, molto politica e per nulla amministrativa. In pratica? La Lega è in crisi di consensi, la spinta di Matteo Salvini è stata balsamica all’epoca dello scandalo dei diamanti e dei milioni inguattati. Ha salvato il Partito dandogli un’identità nuova e mandando in soffitta tutto il Pantheon che fino a quel momento lo aveva illuminato.

Ma tutto ciò che ha un inizio ha una fine. Il mondo cambia, gli elettori anche: i numeri dei sondaggi dicono che la spinta di Matteo Salvini oggi è in affanno. A dare le vitamine adl Partito di Alberto da Giussano potrebbe essere il razionalismo funzionale di Roberto Vannacci. Che a quel punto potrebbe essere chiamato a tempo pieno a Roma (o Milano): può essere più utile in Italia alla Lega, schierandolo in una delle prime suppletive che dovessero tenersi.

Il che significherebbe che Abbruzzese, almeno un paio di anni da pendolare tra Bruxelles e Strasburgo, logica vuole che se li faccia. Intanto lui continua a tessere le sue tele locali come ha dimostrato la settimana scorsa concorrendo a portare l’ex Presidente della Provincia d Latina e sindaco di Sperlonga Armando Cusani nella casella di 500mo sindaco leghista.

Il Capitano si blinda in cassero

Matteo Salvini (Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Qual è la chiave? E’ quella per cui mentre i quadri seguono la rotta del Capitano – a volte con l’affanno di chi sta un po’ come Fletcher con Bligh altre con mood disciplinato – il Capitano fiuta l’aria e si blinda. Salvini ad esempio lo aveva fatto in tempi non sospetti, nel 2018, cioè subito prima del crash di consensi post Papeete. E lo aveva fatto cercando di realizzare la crasi perfetta che dorme a mo’ di sogno nel cassetto di ogni politico ammalato di cesarismo: far coincidere il Partito con il suo leader, anche nel simbolo.

Già, quello con Alberto da Giussano che tiene lo spadone e con la scritta “Salvini Premier” sotto. Simbolo che sta(va) a significare due cose: che il copyright del Carroccio bossiano era passato di mano e cuore in delfinaggio legittimo, e che chiunque non stesse con Salvini non stava con la Lega. Non è più così, non lo è da tempo ed il pronunciamento del Mimit sul brevetto del logo di questi giorni arriva come il sorso d’acqua che ti serve più oggi di quando aveva ipotecato che magari potesse servirti.

Perché nel frattempo la Lega si è “ammalata” del governismo tecnico dei vari Zaia, Fedriga, Giorgetti, Fontana & co. Perché nel frattempo il tentativo di colonizzare il sud dell’Italia è fallito miseramente. E perché in questi anni Salvini è peggiorato, in tutto.

Di governisti, gaffes ed altri guai

Luca Zaia (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

I ruoli istituzionali fanno male al segretario, che vive perennemente nella broda di slogan facili sul cui piano è stato ormai esautorato da Giorgia Meloni. E come ministro, vicepremier e quant’altro il capitano soffre da sindrome del capitone: buono per le feste ma desaparecido dalle tavole di tutti i giorni. I palazzi decisori lo comprimono e gli accelerano possibili figuracce. Senza contare che i social, che di Salvini sono pascolo d’elezione, ormai hanno accumulato tanta di quella roba invecchiata male che di Salvini paiono essercene tre, da quanto sono due.

Bisognava forzare un’operazione di recupero di brand ed in questi giorni il leader leghista ci è riuscito. Lo spiega AdnKronos. “Lo ‘spadone’ di Alberto da Giussano è ufficialmente nelle mani di Matteo Salvini”.

E ancora: “A quasi sei anni dalla domanda di registrazione, il leader della Lega è ora a tutti gli effetti il titolare del logo con l’immagine del leggendario condottiero che nel 12esimo secolo avrebbe partecipato alla battaglia di Legnano guidando la ‘Compagnia della Morte’ a difesa dell’autonomia dei Comuni lombardi”.

Dal senatùr al vicepremier

Umberto Bossi (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Giureremmo che a casa di un senescente Umberto Bossi nessuno ha fatto salti di gioia, ma il dato è un altro: adesso Salvini ha un mezzo, formale, in più, per resistere agli attacchi che gli verranno, specie dalle imminenti Regionali in Veneto. Dove cioè lui stesso ha la testa infilata nella morsa di una Meloni che in Veneto ci vorrebbe far candidare un “fratello/sorella” e di uno Zaia che, come governatore uscente, ha passato più volte il lapis blu sotto le scelte del segretario.

E il Veneto è per la Lega quel che la Ciociaria di una volta era per “Primavera” di Andreotti: non un feudo grosso, ma la pagina su cui sta scritto “Genesi”. Ad ogni modo lo scorso 9 gennaio “l’Ufficio brevetti e marchi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha approvato la registrazione del logo di Alberto da Giussano”.

Lo ha fatto “esaudendo così la richiesta che Matteo Salvini aveva presentato il 15 giugno del 2018: nella stessa data, il vicepremier e segretario del Carroccio aveva depositato contestualmente anche la domanda per la registrazione del simbolo della ‘Lega Salvini premier’ (che contiene Alberto da Giussano) e di un altro logo dove compaiono solo la scritta ‘Lega’ e l’immagine del condottiero lombardo, senza la dicitura ‘Salvini premier’.

Il rilievo misterioso

Matteo Salvini a Firenze

Attenzione: “Anche per questi due marchi il 9 gennaio è arrivato il disco verde dell’Ufficio brevetti”. Andrea Valente Cioncoloni , legale dello Studio Consulenza Brevetti Cioncoloni Srl, ha spiegato che ora Salvini “è a tutti gli effetti il titolare del logo di Alberto da Giussano, come si evince dal database dell’Uibm”.

Dal file si evince anche una risposta a rilievo depositata il 31 luglio del 2023 per rispondere a specifiche richieste dell’esaminatore ministeriale”. Quale rilievo? Cioncoloni non si è sbilanciato con Adn, preferendo rilanciare sul risultato tondo. “I tempi lunghi sono dovuti alle tempistiche d’ufficio. Ad ogni modo, i rilievi sono stati superati e siamo riusciti ad arrivare a dama”.

Al congresso con elmetto e brand

C’era un dato cardine a monte ed a valle dell’intera vicenda, quello per cui da ambienti inside il Carroccio e nell’imminenza del congresso era trapelata l’ipotesi di una modifica del simbolo. Che in politichese stretto voleva dire che forse quel nome e quell’aspirazione scritti sotto non avevano più ragion d’essere. Poi una nota ufficiale aveva calmierato tutto.

(Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Così: Fantasie giornalistiche. Al congresso si parlerà di progetti, di come far crescere il partito e l’Italia, delle sfide nazionali e internazionali di cui la Lega è protagonista. Di riforme, di lavoro e di sicurezza. Nessun cambio di nome in vista, nessun arretramento, nessun cambio di progetto”.

Già, fantasie a cui opporre qualcosa di ineluttabile. Come un brevetto che dà a Salvini la patente per correre su una pista che adesso però ha una griglia di partenza. Con altri veicoli a sgasare sull’acceleratore. Magari più veloci.