Molti big del Pd sono stanchi di soccombere davanti alle impuntature dei Cinque Stelle. E le parole di Vito Crimi e Alfonso Bonafede sono l’ennesima porta in faccia. Per molti il segretario dovrebbe mettersi in discussione con la carica di vicepremier, che però significherebbe aprire la strada ad elezioni anticipate nel Lazio. Con molti rischi. Per uscire dal tunnel non resta che imporsi su Conte e Di Maio. Ma nulla è scontato.
Stavolta davvero Nicola Zingaretti rischia di giocarsi molto. Forse tutto. Perché dell’opportunità di un rimpasto di Governo sono convinti tanti big del Pd, a cominciare da lui stesso e dal “vice” Andrea Orlando. Ma è convinta anche Italia Viva di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi.
Il gioco delle tre carte
Chi invece non è convinto è il Movimento Cinque Stelle, che ancora una volta fa il gioco delle tra carte. Luigi Di Maio fa credere di essere anche lui favorevole a cambiare qualche pedina dell’esecutivo, poi però arrivano le bordate contrarie di Vito Crimi (capo politico dei Cinque Stelle) e soprattutto del ministro della giustizia Alfonso Bonafede, che stamattina su La Stampa manda in onda il doppio no: al rimpasto e al Mes. Doppia porta in faccia.
La regia è però del premier Giuseppe Conte, che sta scendendo nei sondaggi e che sa che in uno scenario di rimpasto sarebbe anche lui in discussione. Pesantemente. Nei Dem in diversi stanno chiedendo a Zingaretti di tirare fuori gli attributi, stanchi di dover sempre soccombere di fronte alla linea dei Cinque Stelle. Dal Mes al Governo.
Le spalle larghe del Pd
Il Partito Democratico, da solo, ha retto all’urto della Destra all’election day di settembre. Mentre i Cinque Stelle continuano a perdere ovunque, tranne che all’interno della maggioranza. Per molti Zingaretti dovrebbe accettare il ruolo di vicepremier (unitamente a Luigi Di Maio). Una mossa estrema e forse perfino azzardata, perché porterebbe il Lazio ad elezioni anticipate. Con il rischio di consegnarlo al centrodestra.
Sull’intera vicenda del rimpasto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella appare contrario. Se ne parlerà a gennaio, ma ancora una volta i Cinque Stelle hanno imbrigliato la partita.
Se non ci sarà il rimpasto all’interno del Pd qualcuno potrebbe chiedere conto a Zingaretti. Il quale ha un’ampia maggioranza, ma il punto è che comunque passerebbe un messaggio di indebolimento. Il ruolo di vicepremier avrebbe come effetto collaterale le elezioni anticipate alla Regione Lazio. Non resta che la strada politica: convincere al rimpasto Conte e i Cinque Stelle esercitando il ruolo di segretario del Partito.
Comunque la si veda e comunque vada a finire, la matassa è molto difficile da districare.