Pompeo scuote il Pd: “Così non si vince, basta finzioni”

Pd, Antonio Pompeo rompe gli argini: “Basta finzioni, così non si vince. E nemmeno si capisce dove si va”

Altro che analisi del voto. Antonio Pompeo non ha alcuna intenzione di partecipare al festival delle illusioni post-referendum. E lo dice con parole nette, scomode, da dirigente che non ha più voglia di girarci intorno: “Questo referendum è andato male! Basta con le letture fantasiose finalizzate a convincere più noi stessi che gli elettori”.

Non è solo autocritica, è una denuncia politica. Fatta dall’uomo che nel Pd è stato due volte presidente della Provincia di Frosinone, presidente dell’Unione Province del Lazio, due volte sindaco di Ferentino, alle ultime regionali ha preso 15mila preferenze ed oggi guida nel Lazio la componente Energia Popolare. Una denuncia rivolta soprattutto a chi, secondo lui, ha piegato il voto referendario a una logica tutta interna: “Come se fosse un banco di prova per la futura alleanza nel centrosinistra, con la marginalizzazione dell’area riformista”. Tradotto?

L’atto d’accusa

Antonio Pompeo, Luca Fantini, Sara Battisti

Le minoranze (ex renziani compresi) sono state messe all’angolo mentre la maggioranza ha usato il voto per contarsi, sognare rivincite e, al limite, tornare alla guida del Partito. “Tanto – accusa Pompeo – per alcuni stare all’opposizione va bene lo stesso. Gli interessi del Partito vengono prima di quelli del Paese”.

A quale “futura alleanza nel centrosinistra” fa riferimento Antonio Pompeo? Per capirlo bisogna uscire dalla provincia di Frosinone. E rileggere cosa è avvenuto durante la campagna referendaria: il Pd ha scelto di fare squadra con Giuseppe Conte ed il suo Movimento 5 Stelle, con Nicola Fratoianni e quindi Sinistra Italiana ed Alleanza Verdi Sinistra. Un ‘patto’ che ha escluso invece il polo riformista, composto in larga parte da elementi che nel Pd ci hanno militato e con incarichi di rilievo. È il caso di Matteo Renzi (Presidente del Consiglio dei Ministri) e di Carlo Calenda (Ministro dello Sviluppo).

Per Pompeo quell’accordo sbilancia il Partito e lo sposta pesantemente a sinistra. Una rotta che non convince Energia Popolare: sia sul piano politico che su quello tattico. Il tutto a vantaggio del centrodestra.

La scelta dei tempi

Un atto d’accusa durissimo, che parte dal quadro nazionale ma trova la sua eco più concreta nel pantano provinciale del Pd frusinate. Dove – ricorda Pompeo – “da mesi la stagione congressuale è ferma”. Anche qui, dice Pompeo, è arrivato il momento di affrontare le vere questioni: la perdita di radicamento, le alleanze incoerenti (Pd che governa insieme a Lega e FdI), la mancanza di una strategia. E mette in guardia: “Non si può restare in eterno nel limbo. Il Congresso si farà, ma il punto è cominciare a parlare, davvero, delle cose che servono alla nostra terra. E serve rispetto per tutte le sensibilità”.

Anche qui, di questa eterna discussione si sta avvantaggiando il centrodestra: come dimostrano i recenti fatti del Comune di Frosinone. Fratelli d’Italia sta accelerando la sua manovra di logoramento sul sindaco Riccardo Mastrangeli perché vuole arrivare a mettere l’ipoteca sul prossimo candidato sindaco del capoluogo prima che il polo progressista si riorganizzi. Approfittano insomma dell’eterna discussione e dello sbilanciamento a sinistra. (Leggi qui: Scontro Mastrangeli-FdI: adesso si fa sul serio).

Linea riformista

Poi l’affondo più pesante: “Ovunque c’è bisogno di centrosinistra. Non di centrodestra travestito, né di coalizioni trasversali che sono solo regali alla Destra”. Nessun nome, ma un messaggio chiarissimo a chi, anche nel Pd, ha guardato con simpatia alle formule spurie in vista delle prossime comunali. Vedasi i casi di Ferentino, Veroli, Sora ed ora anche Frosinone: città nelle quali pezzi del Pd governano con pezzi del centrodestra.

Pompeo torna a proporre una linea riformista, con i piedi nella realtà e lo sguardo a un futuro che passa dai problemi concreti: “Giovani, lavoro, salari, sanità, sicurezza. Solo così il Pd può tornare a essere il perno di una coalizione credibile, vincente alle politiche, alle regionali, nei comuni”. Ricordando che il prossimo Parlamento eleggerà anche il presidente della Repubblica. “E noi – conclude – vogliamo arrivarci con una proposta seria. Non con la solita recita”.

Un j’accuse che brucia, perché viene da dentro.