Qualcuno boicotta Franco Fiorito, vogliono impedirgli di parlare. Oppure, più realisticamente, il sistema di registrazione nel Palazzo di Giustizia di Roma fa acqua. Sta di fatto che per la seconda volta di fila non è stato possibile celebrare il processo d’Appello all’ex capogruppo del Pdl in Regione Lazio. E sempre per lo stesso motivo: l’impianto di registrazione non funzionava.
Nemmeno oggi Fiorito ha potuto rispondere alle domande dei giudici di Piazzale Clodio chiamati a rivedere il processo di primo grado nel quale è stato condannato per avere abusato dei fondi assegnati al Gruppo. E non ha potuto fare le tanto attese rivelazioni su ciò che accadeva nel 2010 in Regione sotto il governo di Renata Polverini.
A differenza di quanto accadde ad aprile, oggi i giudici hanno assegnato al processo Fiorito bis un’aula di Corte d’Appello nella quale non c’erano altre udienze e comunque diversa da quella della volta scorsa. I microfoni questa volta hanno funzionato ma non si attivava l’impianto di registrazione. Sono stati chiamati subito i tecnici della cooperativa che ha in gestione il servizio di manutenzione ma i tempi di riparazione erano troppo lunghi ed il presidente della Corte ha deciso di rinviare. Dicendo, tra il serio ed il faceto: «La prossima volta me lo porto da casa un registratore, se per voi va bene».
La risposta dell’ex Capogruppo regionale è stata «Per me va benissimo, non immagina la voglia che ho io di parlare».
Assistito dagli avvocati Carlo Taormina ed Enrico Pavia, anche questa volta si era portato appresso una corposa documentazione da esibire ai magistrati. ha già annunciato che intende descrivere il contesto «di degrado politico nel quale si svolsero i fatti». Fiorito ritiene che la sua condotta «fosse assolutamente regolare in virtù delle consuetudini in atto tra i gruppi ed i consiglieri di tutti gli orientamenti politici».