Dal Senato a mangiare un wafer e sentire zia Maria raccontare di quando qui c'era da fare tutto, anche fare famiglie nuove per domani. È questa la vera sfida di una legge che non celebrerà l'epopea di Littoria ma dagli uomini comuni che la fecero grande
Sala Nassirya del Senato, si parla di… Latina. Per un incidente di percorso (Sarina Biraghi che doveva presentare l’evento era rimasta incagliata nella tempesta ferroviaria di oggi) mi chiedono: presenta tu. Tanto, mi dico, che sarà… Mentre inizio, scusandomi per la variazione, cerco di pensare a che dire. Dobbiamo presentare la legge che istituisce la fondazione per i 100 anni di Latina, padrone di casa Nicola Calandrini. (Leggi qui: Se La legge sul Centenario guarda l’Italia in modo nuovo).
Presentare Latina in un posto, il Senato, con il peso della storia così lontano dalla nostra breve retorica. C’è Claudio Durigon, Sottosegretario di Stato e vicecapo della Lega ma per me anche il vicino di podere a Santa Fecitola. C’è il sindaco Matilde Celentano, come se in trasferta fossimo chiamati a testimoniare l’unico di una città fatta a wafer con cialde, creme di vaniglia, creme di cacao. (Leggi qui: Calandrini porta in Senato i 100 anni di Latina “senza negare e senza nostalgia”).
La zia Maria ed il suo veneto dolcissimo
Interviene Roberto Marti, senatore e presidente della commissione Cultura del Senato, Andrea Paganella senatore cofirmatario della legge.
Mi viene da dire di mia zia Maria Bergamin di 92 anni, nata nel 1932 lo stesso anno di Latina, qualche giorno fa l’hanno portata in una residenza per anziani. Parla solo veneto, una lingua dolcissima.
Lingua di Goldoni, lingua della Serenissima e lingua di Latina e di Santa Fecitola. La cito per dire che è una legge che non parla di cose ma di umanità. Sarebbe bello far vivere ancora questa lingua, il friulano, il romagnolo, vedere uomini cantare per il troppo Clinto, il vino della rivolta alla banalità.
Una città che è cialde e creme
Sto in un posto della Patria ma mi sento dentro questa mia piccola Patria cispadana che confligge col mio nazionalismo setino.
Latina è un wafer: cialde e creme, il profumo di vaniglia e il sapore del cacao. Ecco che cosa mi piacerebbe nel 2032 il giorno del compleanno: mangiare un wafer e sentire zia Maria raccontare di quando qui c’era da fare tutto, anche fare famiglie nuove per domani.
Perché la sfida della legge sul centenario è esattamente questa. Dire all’Italia da dove veniamo a prescindere dalle stagioni. Che non sono i colori politici a decretare il successo di una visione perché la politica può tentare di guardare lontano e tracciare una rotta per arrivarci: ma ai remi ed alle vele ci sono gli uomini, che il più delle volte si muovono senza che a spingerli sia l’epica e l’ideologia. Ma la fame e la voglia di affrancarsi e dare una vita migliore ai figli.
Il rischio di questa legge era che potesse diventare una celebrazione di Littoria e non di mia zia ed i tanti e le tante come mia zia che con la loro umanità hanno accompagnato Llittoria nei suoi primi passi e Latina alla maturità.
Spero che si parlerà anche di questo in questi anni: dell’umanità che abbiamo creato e che 100 anni fa semplicemente non c’era.