
Ceccano, le fioriere della discordia e l’acqua che non c’è: Querqui, il farmacista maratoneta, al primo mese di governo
Lui entra puntuale, poco dopo il caffè. E se ne va quando in paese è già ora di chiudere le persiane. Andrea Querqui, primo cittadino col camice in tasca e la terapia nel cassetto, ha archiviato il primo mese con la fascia tricolore indosso facendo il sindaco operaio: lavorando.
Una media di dodici ore al giorno, dicono. “Sta più in Comune che a casa”, mormora qualcuno. “Più che un sindaco, è un turno da farmacista di guardia”, ironizza un altro. E in effetti, tra determine e segnalazioni, se continua così rischia di farsi rimborsare la Tari come dimora principale in ufficio.
È l’altro lato della medaglia per chi viene eletto sindaco: le strette di mano, i selfie in piazza e le promesse al megafono fanno parte della corsa. Ma poi c’è il dopo, quello in cui la città ti chiama ogni giorno. E non per un comizio, ma per un lampione rotto, una perdita d’acqua o una buca da riparare.
Il teatro di Gizzi e l’ironia di FdI: “Chi è Giusy?”

Eppure, Ceccano è Ceccano. E anche quando il sindaco lavora troppo, qualcuno trova il modo di storcere il naso. Il motivo? Le fioriere. Quelle stesse fioriere di ghisa, acquistate anni fa con l’intento nobile di decorare il centro. E rimaste invece per mesi a fare da mangiatoia per gatti randagi o, peggio, da cestini abusivi. Il Comune le ha recuperate, spolverate e sistemate nella piazza centrale. Apriti cielo.
Il primo a scatenare la polemica è l’ex assessore leghista Stefano Gizzi, che venne accompagnato alla porta dall’allora sindaco di centrodestra per avere manifestato appoggio pubblico all’operazione militare speciale di Vladimir Putin. Gizzi ha affrontato l’argomento con i suoi immancabili video su YouTube, girati con l’estetica da monologo shakespeariano e il ritmo di una lezione universitaria su “L’urbanistica ottocentesca nella valle del Sacco”. Per lui “La piazza così è sfregiata”, ha tuonato, “non è rispettato lo stile ottocentesco”. A momenti lo cita pure Canova.
Ma il capolavoro lo regala il segretario cittadino di Fratelli d’Italia Rino Liburdi, che sferra la stoccata da social: “Una vera rivoluzione. Una soluzione mai tentata nella storia di Ceccano. Unica cosa… ma chi è Giusy?”
Rubinetti muti e turnazione eterna

Il riferimento è a una scritta che campeggia su una delle fioriere, probabilmente un omaggio estemporaneo alla ex proprietaria del vaso. O al suo ex, chissà. “Un bel biglietto da visita davanti al Palazzo Comunale – scrive ancora – complimenti al delegato al decoro urbano.” Sarcasmo servito, magari pure su ceramica.
In realtà, il commento lascia il tempo che trova. Un po’ come certe critiche in cerca di polemica mentre le strade si sciolgono sotto il sole e l’acqua continua a non scorrere.
Già, l’acqua. La vera emergenza dell’estate ceccanese. Le temperature salgono, i serbatoi si svuotano e i rubinetti… tacciono. È il grande classico della città più assetata del Lazio: Ceccano è il comune più colpito da turnazione idrica di tutto l’Ato5. Ferentino? Beve. Anagni? Beve. Veroli? Pure. Ceccano? Aspetta.
Ogni notte, il 70% della popolazione resta a secco. Dalle 22 alle 5, più o meno tutto il centro storico e mezza campagna restano a guardare i rubinetti come se fossero reliquie. L’unico flusso costante è quello dei post indignati sui social.
Lo sfogo social: “Fate la danza della pioggia”

Uno, in particolare, fa più rumore degli altri. È quello di Antonella D’Annibale, che scrive:“La trasparenza non provvede alla fornitura di acqua!!! Chiedo all’amministrazione: qual è la difficoltà nel far arrivare le autobotti? Non si chiedono miracoli, ma interventi elementari! Intanto fate la danza della pioggia!”
Lo sfogo è sentito, drammatico, condivisibile. Ma c’è un dettaglio tecnico che sfugge a molti: Acea, da regolamento, è tenuta a fornire autobotti solo in caso di emergenza certificata o in assenza totale di fornitura per oltre 48 ore consecutive. Il che significa che, anche se l’acqua manca tutte le notti per mesi, se ogni giorno torna anche solo per mezz’ora, l’intervento straordinario non scatta.
Una clausola beffarda. Una regola che sembra fatta apposta per lavarsene le mani…quelle che, tra l’altro, molti cittadini non possono nemmeno lavare.
Il farmacista che sogna Mosè

E in tutto questo? Querqui ascolta, prende appunti, chiama Acea, convoca riunioni. Per ora, senza effetti taumaturgici. Ma se davvero riuscisse a risolvere l’emergenza idrica, non sarebbe solo un sindaco: sarebbe un santo. Più che un farmacista, un novello Mosè capace di far scaturire acqua dalla roccia… o da una condotta di via Marano.
Per ora si accontenta di lavorare dodici ore al giorno. Qualcuno dice che la notte sogni già il secondo mese. Altri giurano che, se continua così, gli metteranno una fioriera anche in ufficio. Con inciso: Grazie Andrea. PS: non firmarti “Giusy”.