Roma, l’alleanza (im)possibile con il Pd: il M5S isola la Raggi

A Roma, il Movimento 5 Stelle (M5S) sta valutando l'alleanza con il Pd in vista delle prossime elezioni comunali. Francesco Silvestri avverte che se il Pd non si muove rapidamente, il dialogo non inizierà. La divisione interna nel M5S, tra dialoganti e intransigenti come Virginia Raggi.

Antonella Iafrate

Se è scritto chiaro si capisce

A Roma il tempo stringe. E il Movimento 5 Stelle lo sa benissimo. «O si inizia adesso oppure, a tre mesi dalle elezioni, matematicamente non potremo andare insieme», ha detto senza troppi giri di parole Francesco Silvestri, capogruppo alla Camera del M5S. Tradotto: o il Pd si muove, o il dialogo sull’alleanza non parte. E non sarà colpa dei grillini. Anche perché la posizione è chiara: «c’è una distinzione netta tra un sindaco progressista e uno di destra. E dobbiamo ragionare su un’intesa e sul potersi confrontare»

Sul palco della Città dell’Altra Economia, in uno di quei convegni che di solito passano inosservati, stavolta è esploso il nodo politico più spinoso: come affrontare le prossime elezioni comunali a Roma? Insieme o divisi?

Il bivio del Movimento

Francesco Silvestri (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Il M5S si presenta con una divisione interna: da una parte i dialoganti, dall’altra Virginia Raggi. L’ex sindaca, sempre fedele alla linea “non si governa per gestire, ma per trasformare“, ha ribadito la sua visione: niente compromessi, niente alleanze solo per vincere. «Il nostro obiettivo non è amministrare nel qui e ora, non è portare a casa la consiliatura cercando di dare una mancia elettorale a quelli che ci hanno eletto»: un approccio quasi messianico che però oggi rischia di pesare più come zavorra che come faro.

«Non dobbiamo pensare alla prossima consiliatura ma ai prossimi venti anni», ha detto Raggi, infilando una frecciata ben calibrata contro l’attuale sindaco Roberto Gualtieri per il tanto discusso inceneritore. Tema spinoso, su cui il presidente Giuseppe Conte poco più tardi ha scelto di restare silente, puntando invece su una suggestione diplomatica: «Roma caput pacis».

Il Pd osserva, il tempo corre

Roberto Gualtieri

Dal lato Dem, l’atteggiamento è attendista. Roberto Gualtieri prende tempo: se il dialogo decolla può diventare un ponte per un discorso nazionale, come lo fu il patto tra Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi in Regione Lazio che favorì il passaggio dal governo Giallo-Verde ad uno Giallo-Rosso. Al tempo stesso, se parte ma poi frana avrebbe altrettanto inevitabilmente riflessi nazionali. La prudenza del sindaco è un obbligo politico ma il tempo non è suo alleato. Il messaggio del M5S è chiaro: se non si definisce subito un progetto comune, la macchina non parte. E se davvero passerà la riforma che elimina il ballottaggio nei Comuni abbassando al 40% dei consensi il limite per essere eletti subito, l’urgenza raddoppia: si vince — o si perde — al primo colpo.

Il fronte “realista”

Adriano Zuccalà (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Dentro al Movimento, la spinta all’alleanza cresce. Il consigliere Paolo Ferrara è stato netto: «Se condividiamo la casa progressista, dobbiamo parlare con gli altri inquilini». Adriano Zuccalà, dalla Regione, ha rincarato: «Se teniamo fermi i nostri pilastri, possiamo ottenere molto». Più pragmatico il coordinatore regionale Carlo Colizza, ha fatto i conti: senza ballottaggio, il M5S vale di più. E allora meglio sedersi ai tavoli adesso, piuttosto che restare fuori a fare testimonianza.

E da fuori, anche Stefano Fassina lancia un monito: «Si può perdere credibilità anche andando da soli». In altre parole: l’identità non si difende chiudendosi, ma scegliendo battaglie vere e interlocutori credibili.

Il dilemma della sinistra

Carlo Calenda (Foto: Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

Il M5S romano ha finalmente rotto il silenzio su un tema che aleggiava da mesi: alleanza sì, ma a che condizioni? I toni non sono affatto da resa, anzi. Sono da trattativa serrata e da orgogliosa rivendicazione delle proprie posizioni: esattamente come lo furono ai tempi del confronto Lombardi – Zingaretti. Con un Pd che deve decidere se restare nell’autosufficienza o accettare una sfida comune per Roma. E con una sinistra che, se davvero vuole contare, deve iniziare a parlarsi per tempo. Cercando di capire quale sia il perimetro per un dialogo con Carlo Calenda e con Matteo Renzi, se convenga imparentarsi con voci così oscillanti tra un’idea ed il suo opposto.

Il punto è che scotta ancora la rottura del Campo Largo fatta alle scorse Regionali, nonostante il compianto senatore Bruno Astorre si fosse sgolato fino all’ultimo minuto, con i numeri alla mano, per dimostrare che solo insieme si era competitivi.

Roberto Gualtieri marcia spedito come i suoi cantieri: ai disagi dei primi momenti, poco alla volta si sta sostituendo una Roma più moderna, efficiente e bella da vedere a mano a mano che i ponteggi vengono smontati e le opere inaugurate. Il prossimo cantiere da costruire è quello politico. Ma solo su basi solide.