La messe di voti europei si preannuncia scarsa e serve una "sponda": con un gruppo autonomo per candidati misti. E decisamente strani
Il sogno di Lorenzo Cesa è diventato realtà e grazie anche ad un “passaggio” sul Carroccio di Matteo Salvini. Che significa? Che c’erano due problemi e che entrambi pare siano stati risolti. Da un lato c’era un piccolo Partito in cerca di identità istituzionale che affolla la pletora degli eredi più o meno legittimati della Balena Bianca. Dall’altro c’è un partito che illo tempore nacque proprio sulla cotenna della Balena Bianca. Ma che oggi non sfonda proprio dove la Balena Bianca tradizionalmente pescava più krill: al sud.
Due problemi, una soluzione: rimettere l’Udc come gruppo alla Camera in questi giorni e farlo grazie anche ai buoni uffici di un leader del nord che, malgrado il Ponte, al sud non ha sponde elettorali forti. Anzi, i sondaggi dicono che la Lega di Salvini rischia di rompersi delle rotule proprio nel Meridione dello Stivale.
Quel che il Carroccio deve evitare
E che le Elezioni Europee di giugno potrebbero certificare il passaggio definitivo del Partito in zona under 9% e, horribile dictu, con Forza Italia a fare il sorpasso.
Sarebbe una debacle immensa, con il sovranismo spinto di Salvini a diventare il vetrino per un’analisi. Uno studio ex post e tardivo alla “Tecnica della sconfitta” di Franco Bandini. Le circoscrizioni elettorali per le Europee sono immense, e pescare voti in quei bacini nei quali circostanze, umori elettorali e situazioni sociali sono così diversificate, è difficilissimo.
Ci si devono giocare briscole generaliste ed al tempo stesso ci si deve strusciare ai grandi casi territoriali. Prendiamo un esempio nostrano: nella circoscrizione dell’Italia Centrale Mario Abbruzzese, candidato del Carroccio, sta messo come quei fornai che con un solo fuoco devono tirar fuori baguettes, sfilatini, ciriole e pagnotte.
Come si muove Abbruzzese al Centro
Nei piccoli comuni del Cassinate e della Ciociaria, ad esempio, ha dovuto battere molto sul vantaggio tutto pratico della rappresentanza territoriale. A San Vittore del Lazio aveva ricordato come grazie a lui ed a Pasquale Ciacciarelli alcuni grandi investitori della logistica originariamente restii erano stati attratti sui territori. E la stessa scelta di Nicola Ottaviani di delegare a Ciacciarelli la facoltà di trattare per lo spinoso caso delle primarie del centro destra a Cassino testimonia una cosa. (Leggi qui: Le elezioni a Cassino, se le vede Pasquale).
Che i candidati per le Europee devono avere le mani libere di agire su scala ampia, senza l’attribuzione di “impronte digitali” su manovre di respiro provinciale. E’ la maledizione del voto Ue, baby, e Salvini la conosce benissimo. Tanto bene che ha capito che al Sud il Carroccio deve avere una sponda. La componente Udc nascerà nel gruppo misto alla Camera e, spiega Il Foglio, già con “il via libera informale della presidenza di Montecitorio”.
La sponda di Cesa, via da “Noi Moderati”
Ma come funzionerà in concreto e dove starebbero le utility che qualificano la manovra come in combo tra un Partito che urla ed uno che sussurra?
“Lorenzo Cesa, segretario centrista, uscirà da ‘Noi moderati’ e dal Carroccio arriveranno Antonino Minardo e Gianpiero Zinzi. I tre formeranno la nuova area centrista, con tanto di simbolo”. Insomma, lì dove il segretario della Lega si sarebbe dovuto far venire le convulsioni a vedere due dei suoi che cambiano casacca oggi quella transumanza pare sia benedetta.
E strategica. “In un batter d’occhio Giorgia Meloni si troverà con una gamba in più in maggioranza” e, sempre secondo il quotidiano diretto da Cerasa, “la regia è di Salvini”. Tutto in reset dunque, anche una storia interna per la quale la allora Lega bossiana era nata proprio per dare il definitivo colpo alla nuca della DC post Tangentopoli. Una volta e per bocca dell’ormai marginalizzato Senatur “quelli là”, erano “ladroni”, oggi sono un salvagente.
“Primum vivere”, ma al Nord borbottano
E al Nord, come l’hanno presa gli elettori duri e puri della Lega? Malemalissimo, dicono i rumors, ma il “primum vivere” impone che il Partito faccia di necessità virtù, copi paro paro Montanelli e, turandosi il naso, faccia sponda al Cesa-team. Sembra che il patto tra i due troverà suggello in questi giorni “al ministero dei Trasporti”. Superato lo scoglio concettuale dei “valori comuni”, roba da far crocchiare le ossa di Andreotti al Verano, si andrà di accordo.
E la polpa sarà “la giusta rappresentanza dei centristi nelle liste della Lega alle europee e anche alle politiche, quando ci saranno”. Su tutto questo peserebbe anche la delusione didattica di Cesa nei confronti dei ben più contigui forzisti.
Alle ultime elezioni “aveva chiesto due deputati e tre senatori ad Antonio Tajani, alla fine è riuscito a ottenere un collegio uninominale per sé alla Camera e un altro per Antonio De Poli, presidente dell’Udc, al Senato”. Ci aveva pensato Giorgia Meloni, che in certe cose sa essere la più democristiana di tutti, a mediare, cioè ad intimare agli azzurri di lanciare la briciola.
L’uomo della strana sintesi: Aldo Patriciello
E gli uomini simbolo di questa crasi aliena con un Alberto da Giussano dal cui petto spunterebbe un Biancofiore? Uno per tutti: Aldo Patriciello, candidato “con la Lega al Sud, ma in quota centrista”. Sì, ma in Europa come la mettiamo, nel senso di coniugare le case madri dei due partiti che stanno in quartieri diversi assai? I molossi ringhiosi di Id per la Lega ed i sensei liberisti del Ppe per l’Udc?
Messa meglio e seguendo l’ipotesi di scuola de Il Foglio, peraltro plausibile, a contare che si parla di un mister preferenze a 24 carati, andrebbe letta così.
“In caso di elezione Patriciello rimarrebbe con Id o andrebbe con i Popolari, gruppo che ha frequentato per quattro legislature quando militava in FI?”.
Come la mettiamo in Europa tra Id e Ppe
Al momento Matteo Salvini non ha tempo per darsi e dare queste riposte. La sua ormai è la mistica del survivor game, quella di una Sicilia in cui come commissario ci ha spedito il pontino-veneto Claudio Durigon.
Cioè un ambasciatore fidatissimo che porterà la croce di fare massa dei voti leghisti isolani. Un mistica, quella della necessità sghemba ma impellente, che in Sicilia al Capitano gli ha fatto capire che Ponte o non Ponte lì la Lega non la votano in molti.
Non al punto di permettere alla Lega ed al suo leader di costruire quell’altro ponte: quello tra il partito del dopo Papete ed il suo futuro elettorale. E lì sì, pare proprio che le campate non tengano benissimo.
Ed ove quelle fossero poco “centrate” poco cale: Salvini in certe cose di ingegneria ardita è un maestro.