Salvini disinnesca Vannacci e si “riprende” la Lega, anche con i laziali

Il segretario uscente incassa il terzo mandato ed a sorpresa consegna al generale una tessera con statuto riformato

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Ci ha pensato il meno empatico tra i leghisti, a sancire il terzo mandato del leghista più empatico. Giancarlo Giorgetti, che proprio salviniano salviniano non è, alla fine ha capitolato in quel di Firenze, al Congresso Nazionale di un Carroccio che ha scongiurato il suo Termidoro affilato. “Io penso che si possa acclamare Segretario della Lega Matteo Salvini”.

Il ministro dell’Economia era il Presidente del Congresso ed il suo invito, una sorta di calumet della pace, è arrivato dopo l’intervento del leader-segretario-vicepremier-ministro. Alla fine la due giorni alla Fortezza da Basso, a Firenze, ha consegnato un risultato affatto scontato.

Segretario per la terza volta

Il gruppo dirigente della Lega in provincia di Frosinone (Clicca per allargare)

Con un’operazione di bonifica ordigni e con un’aspirazione mai del tutto sopita. Partiamo dal dato crudo. Matteo Salvini è stato confermato segretario della Lega, in carica fino al 2029, anno dopo il quale il Capitano avrebbe fatto capire di voler riporre i galloni di nocchiero.

Disco verde (anzi, Verdini, anzi, verdissimo) ad un nuovo statuto grazie al quale il terzo mandato di Salvini si allunga di dodici mesi ed avrà validità per 4 anni.

Poteva mancare il tweet-silloge del collo più cercato dalle ghigliottine inside degli ultimi anni e più graziato dai tempi della Vandea? Eccolo, fresco fresco di nomina ter. “Pronti a nuove sfide da affrontare insieme, a testa alta: il singolo non sarebbe nulla se non ci fosse un popolo che marcia e cammina con lui. Grazie a tutti!”.

Opa sul Viminale

Il Congresso della Lega

Matteo Salvini acclamato segretario della Lega per la terza volta. E pronto al bis al Viminale, almeno secondo i suoi militanti. Riproponendo il duello con la premier: “Ne parlerò con Giorgia Meloni“, dice il leghista dal palco con apparente nonchalance. Risponde così alla richiesta, quasi corale, espressa dai ‘suoi’ perché torni a fare il ministro dell’Interno. E’ ormai caduto lo stigma dell’accusa di sequestro di persona grazie all’assoluzione al processo di Palermo. E Piantedosi – fanno intendere i leghisti – potrebbe lasciare l’incarico al Viminale e correre per la presidenza della Campania alle prossime regionali.

Ma i fan del ricambio finiscono qui. Fuori dalla fortezza fiorentina, tra gli alleati di governo, la proposta viene vista come un rimpasto ad personam né necessario né voluto. E nemmeno semplice in questo momento. Traccia ne è il gelo assoluto dai vertici del Governo, a partire dalla premier stessa che dedica all’alleato meno di 5 minuti di videomessaggio e nessun accenno alla proposta ribadita ieri. Nessun’altra reazione, tranne i commenti quasi identici del forzista Raffaele Nevi e di Marco Osnato di Fratelli d’Italia. “Ognuno è libero di chiedere ciò che vuole – osserva Nevi – Ma per noi il governo va bene come è attualmente senza cambiamenti“. Stesso concetto di Osnato che si aggancia a quanto detto dal governatore leghista Fedriga su Piantedosi che “sta lavorando molto bene“.

Bottini di giornata

Salvini però non rinuncia alla rivalità e a mo’ di arringa interna, dice: “Siamo i secondi della coalizione, vogliamo tornare primi“. Ma è soprattutto sull’opa al Viminale che il ‘capitano’ osa di più. Inizialmente la prende da lontano. Parlando per un’ora dal palco, dopo le questioni di Partito, passa alla politica nazionale ed elogia Matteo Piantedosi: “E’ un amico, è un ottimo ministro, persona di fiducia e di parola“. Ma dietro al “dovere” di ascoltare il suo Partito, c’è altro. Così ne approfitta e azzarda: “Con serenità parlerò sia con Matteo che con Giorgia Meloni“. Piovono applausi in sala.

Il vicepremier riprende la parola e passa a uno stile più rituale: “Io sono a disposizione dell’Italia e della Lega, senza avere smanie“. Lo ripete più volte interrotto dai cori “Matteo, Matteo” e da qualche leghista in piedi, tra cui i capigruppo Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, ieri portavoci dell’appello.

Nel frattempo il Segretario ha altri ‘bottini’ di giornata da vantare. Riconfermato alla guida del partito per la terza volta dal 2013, con il nuovo statuto resta in carica 4 anni. In una Lega partito nazionale (come lui l’ha voluta, in dissenso da Umberto Bossi che però resta “un genio assoluto“), può contare su un quarto vicesegretario. Per ora nessuna nomina ma intanto sbandiera il colpo della tessera a Roberto Vannacci. Gliela consegna sul palco tra flash e applausi, più o meno convinti, della platea. Quindi introduce il generale prestato alla politica, e finora resistente, e lo rende arruolabile come vice. Lui si schernisce dietro all’attuale incarico da eurodeputato ma non chiude: “Vedremo, in base a quello che sarà“.

30 milioni di clic

Matteo Salvini

In un giorno solo, e dopo il regalo di Elon Musk con il video che ha fruttato 30 milioni di visualizzazioni sul web, per Salvini può bastare. I messaggi sono stati spediti. All’interno: con modifiche allo Statuto, rassicurazioni sui temi clou (l’Autonomia, la pace fiscale, la difesa dei confini sottolineando che erano nei manifesti politici del partito degli ultimi 25 anni) e chiedendo meno gelosie di cortile. E all’esterno: con il mantra pacifista “senza se e senza ma“.

Il leghista martella sul no al Rearm Eu, la “calma” sui dazi e la solita guerra all’Europa. Per attaccare il Green deal, invoca la ruvidezza del presidente argentino Javier Milei: è “quello il mega dazio, è a Bruxelles il problema per le nostre imprese, è lì che bisogna usare la motosega di Milei e bisogna sfoltire“. Messaggi centellinati anche attraverso gli ospiti a sorpresa: ieri è toccato al video di Marine Le Pen, amica e compagna di sventure giudiziarie, quello molto meno empatico di Meloni e la solita parata di leader sovranisti tra cui Viktor Orban fino al presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, per la prima volta a un Congresso della Lega e testimonial del sì al nucleare “e subito”.

Sul finale, un attimo di commozione accennando al tempo tolto ai figli (“è il mio crucio più grande“) e la promessa che al prossimo congresso sarà (solo) delegato.

Il Consiglio dei 22

Salvini incontra i quadri della provincia di Frosinone (Clicca per allargare)

Ne frattempo, in questo sono stati scelti 22 membri del Consiglio federale su 29 candidature e con una novità che ha molto a che fare con lo scacco da “Hurt Locker” di Salvini: prima per stare in quel sinedri ci volevano 5 anni minimi di militanza, ora non più, e il motivo è una greca scomoda come Roberto Vannacci. Poi 17 mozioni accolte in blocco ed alla via così, anche con i leghisti laziali.

Come Mario Abbruzzese, che ha postato sui social il suo sunto: “Ora, bisogna guardare al futuro e continuare a lavorare per un Paese migliore! Avanti con le riforme dell’Autonomia differenziata e della giustizia. Bisogna inoltre scongiurare assolutamente il riarmo dell’Unione Europea e garantire più sicurezza agli italiani!”.

I post di Abbruzzese, Ciacciarelli ed Amata

Clicca per ingrandire)

Poche ore prima e dopo un lusinghiero brindisi a base di rosso schietto
Pasquale Ciacciarelli aveva invece postato: “Onorato di essere qui a Firenze tra i delegati In Italia al congresso nazionale Lega-Salvini Premier. Insieme a Matteo Salvini”. Ed Andrea Amata? Lui è più di articolato ed al suo post ci aveva appiccicato uno slogan: “Il Coraggio della Libertà. Una giornata straordinaria al Congresso Nazionale della Lega! Un’enorme partecipazione, tanta passione e una fiducia incrollabile nel futuro del nostro Paese”.

Esaminando con attenzione le foto si vedono Mario Abbruzzese e Pasquale Ciacciarelli spalla a spalla, l’uno vicino all’altro. È la risposta più concreta per coloro che giurano abbiano litigato e non si rivolgano più la parola: semplicemente, uno fa l’assessore regionale e l’altro il consulente al ministero, non sono due fidanzatini.

Scheggia impazzita? Non più

Pasquale Ciacciarelli, Andrea Amata e Riccardo Mastrangelii

Così come una risposta plastica Salvini l’ha fornita con un vero scatto in avanti. Avendo intuito come il generale Roberto Vannacci avesse preso ad assomigliare sempre più ad una scheggia impazzita e non del tutto organica alle cose “giussaniane” alla fine lo ha disinnescato. Come una delle Green Parrot che il “suo” Col Moschin aveva dovuto scansare illo tempore ed a migliaia in Afghanistan.

Come? Consegnandogli la tessera e facendolo diventare de facto uno dei numeri due del Partito, alla faccia di governisti ed ortodossi. “Oggi sono orgoglioso di consegnare la tessera della Lega a un eurodeputato. Questa è la migliore risposta al popolo della Lega e alle ansie e turbamenti di tanti retroscenisti, siamo qua e andremo lontani.

Prima i numeri, poi la sorpresa

Roberto Vannacci

Salvini si è prima assicurato i numeri dietro le quinte e poi ha abbrancato il microfono congressuale un po’ a sorpresa. Per consegnare la tessera del partito a Vannacci, l’eurodeputato fino a oggi indipendente della Lega. Poteva mancare l’affettuoso abbraccio a favore di telecamere tra i due, il numero uno riconfermato ed il numero due “converso”?

Che ha detto: “Devo ringraziare Matteo Salvini per questa amichevole pacca sulla spalla, da oggi (notare il “da oggi” – ndr) andremo avanti assieme, ringrazio gli entusiasti che ci danno coraggio, ringrazio i critici, perché la critica è il concime del progresso, ringrazio i perplessi, perché tutto ciò che non ci uccide ci rende più forti”.

“Ursula stai preoccupata”

Ursula von der Layen ed Antonio Tajani (Foto EU Press Service)

E a chiosa: “La Lega oggi è l’unico partito sovranista d’Europa che è in grado di incidere. La Lega è autonomista ma deve essere sovranista in Europa per essere autonomista in Italia. Altrimenti questa autonomia ce la mangia come Gargantua”.

E soprattutto “la Lega vota convinta contro von der Leyen”, che è appoggiata da un governo nel quale Salvini vorrebbe puntare di nuovo al Viminale, ma con le riserve di chi al congresso o non c’era oppure ci è venuto da ospite.

E con le orecchie irritate da quel che ha sentito,