Vent'anni di declino della Sanità ciociara. Chi ha tagliato cosa. E quando lo ha fatto. I paraventi nei quali nascondere lo scempio
Vent’anni di tagli, promesse mancate e reparti svuotati. È questo il verdetto del dossier UGL Salute Frosinone, che fotografa una sanità locale sempre più sotto pressione. Tra numeri impietosi e scelte politiche discutibili, il rapporto racconta come la Asl sia stata ridotta all’osso – con effetti che oggi si vedono nei corridoi affollati e nel burnout di chi ancora resiste in corsia.
Il documento ripercorre due decenni di politiche sanitarie regionali che hanno progressivamente ridotto strutture, posti letto e personale nella Asl di Frosinone. Con effetti tangibili sulla qualità dell’assistenza e sulle condizioni di lavoro degli operatori.
In questi vent’anni hanno tagliato tutti.
Inizio anni Duemila: Storace presidente

Nel 2002, sotto la presidenza regionale di Francesco Storace, i posti letto pubblici per acuti nella ASL di Frosinone erano 1.445. A loro si aggiungevano 378 letti disponibili nelle cliniche private accreditati (di cui 200 dedicati a lungodegenza e riabilitazione). Complessivamente si arrivava a 1.623 posti letto.
La Asl poteva mettere in campo un esercito formato da 5.572 dipendenti: 3.529 nel ruolo sanitario, 1.319 tecnico, 17 nel ruolo professionale e 707 amministrativo. Il Piano sanitario regionale in discussione allora prevedeva un incremento di ulteriori 913 unità, che avrebbe portato il totale a 6.485 dipendenti Asl.
Nel 2004, con l’approvazione dell’Atto aziendale, il personale era salito a 6.232 unità e le strutture organizzative erano 618, suddivise in 8 dipartimenti, 142 Unità Operative Complesse (UOC), 22 Unità Operative Semplici Dipartimentali (UOSD) e 291 Unità Operative Semplici (UOS).
Dal 2005 al 2010: i primi tagli e il blocco del turn over

Con l’arrivo alla guida della Regione di Piero Marrazzo, iniziò la stagione del contenimento delle spese. Perché fino alla gestione precedente i Bilanci degli enti pubblici erano degli esercizi di creatività: nelle Aule universitarie si spiegava che il primo bilancio falso era quello dello Stato. Nell’ultima fase del Governo Storace iniziò il processo di armonizzazione dei bilanci italiani con quelli europei. Meno fantasia e solo numeri crudi.
Francesco Storace dovette inventarsi la vendita degli ospedali di Frosinone e Cassino, per ricomprarli a rate e poter cartolarizzare il debito miliardario che era saltato fuori riallineando i conti in maniera europea. Ma da lì a poco sarebbe cambiato tutto.
Nel 2005 venne annunciata la chiusura o riconversione di diversi ospedali limitrofi. Nel 2008 furono reintrodotti i ticket sui farmaci e bloccato il turn over, cioè chi andava in pensione dalla Asl non veniva rimpiazzato con una nuova assunzione. Mentre l’addizionale regionale Irpef (cioè una percentuale da girare alla Regione in base alla Dichiarazione dei Redditi) raggiunse i livelli più alti in Italia.
Un nuovo ospedale per Anagni

Nel 2007 venne sottoscritto un protocollo tra Regione e Comune di Anagni per la costruzione di un nuovo ospedale vicino al casello autostradale, pensato per garantire l’emergenza-urgenza in un’area industriale a rischio. Doveva essere la nuova perla della traumatologia ed occuparsi di tutti gli incidenti stradali da Roma Sud a Frosinone.
Piero Marrazzo annunciò quell’ospedale nel corso di una tumultuosa riunione tenuta proprio ad Anagni. All’ingresso la gente voleva linciarlo, all’uscita lo acclamavano. Ma a Piero Marrazzo non venne dato il tempo per proseguire i suoi progetti: l’opera non venne mai realizzata.
Con il 2010, sotto la presidenza di Renata Polverini in veste di commissario per il rientro dal deficit sanitario, fu emanato il Decreto 80, che sancì la disattivazione o riconversione di otto ospedali in provincia di Frosinone: Anagni, Ferentino, Ceccano, Ceprano, Atina, Arpino, Isola del Liri e Pontecorvo. Rimanevano solo gli ospedali di Frosinone, Cassino, Sora e Alatri.
2011: posti letto ridotti e meno ospedali attivi

Nel 2011 i posti letto pubblici per acuti passarono nella Asl da 1.445 a 1.018. Il personale scese a 4.257 unità, di cui 312 precari a tempo determinato.
Rimasero attivi soltanto tre poli: Frosinone-Alatri, Sora e Cassino. Le unità operative complesse (UOC) scesero a 106, le UOSD a 19 e le UOS a 222.
Una catastrofe. Nascosta dietro un perfido paravento: le macroaree. Cioè, per nascondere il fatto che in provincia di Frosinone non ci fossero abbastanza posti letto negli ospedali dopo tutti i tagli che erano stati fatti, ci si inventò che la Ciociaria dovesse fare media con una Asl di Roma nella quale i posti letto erano in eccesso. Così, grazie a quella media, a Roma non tagliarono i letti ed a Frosinone non li rimisero.
La fase Zingaretti e la nuova contrazione

Con la presidenza di Nicola Zingaretti, dal 2013 al 2019, nonostante le dichiarazioni di voler superare le macroaree e riequilibrare i posti letto, i numeri continuarono a calare.
Nel 2017, dall’Atto aziendale, i posti letto pubblici per acuti risultavano 863, a cui si aggiungevano 99 nelle strutture private accreditate (962 complessivi). I dipendenti erano scesi a 3.789, con una riduzione drastica del personale amministrativo (364 contro i 707 del 2002) e del personale sanitario (2.845 contro 3.142). Le UOC passarono da 106 a 85, mentre le unità semplici (UOS e UOSD) scesero a 115.
2022 e 2025: personale in calo e letti insufficienti

Nel 2022 l’Atto aziendale confermava 999 posti letto pubblici autorizzati, ma il personale scendeva ulteriormente a 3.248 unità. Una successiva delibera regionale (dicembre 2022) riduceva ancora la disponibilità reale a soli 649 posti letto effettivamente occupabili, ben al di sotto delle necessità.
Il dossier segnala differenze tra i numeri ufficiali e quelli rilevati: ad esempio, all’ospedale di Frosinone i posti letto risultavano 216 contro i 365 dichiarati, mentre ad Alatri erano 72 rispetto ai 92 previsti.
Con l’Atto aziendale 2025, approvato dalla Regione Lazio, al 31 dicembre 2024 il personale era di 4.181 unità: 3.190 nel ruolo sanitario, 498 tecnico, 6 professionale e 278 amministrativo.
Sul piano politico

Il dossier dell’UGL non è solo una denuncia, ma un appello politico.
In vent’anni, la sanità ciociara ha subito una vera e propria emorragia di risorse, mentre le esigenze dei cittadini sono aumentate. La riduzione dei posti letto e del personale ha compromesso la capacità del sistema di rispondere alle emergenze e di garantire cure adeguate.
La mancata realizzazione di infrastrutture promesse, come l’ospedale di Anagni ed il continuo taglio delle strutture territoriali hanno lasciato intere comunità prive di presidi fondamentali. Il blocco del turn over e la precarizzazione del lavoro sanitario hanno aggravato il quadro.
Ora, secondo l’UGL, serve un’inversione di rotta: scelte politiche chiare, investimenti mirati e una visione strategica che rimetta al centro il diritto alla salute. Finalmente qualcuno sta iniziando a capire che la Sanità non può essere solo un capitolo di Bilancio da ridurre ma un pilastro da rafforzare.
(Foto di copertina © DepositPhotos.com).



