Il quotidiano Usa Today loda la bellezza del sito sulla cui riapertura la Regione Lazio scommise. Anticipando i tempi della new economy post Covid che mette arte e turismo al primo posto.
È di proprietà della Regione Lazio ed è piaciuto da matti al terzo quotidiano degli Usa per diffusione. Porta il nome di una martire cristiana ma sorge su un’area che secoli prima sorvegliavano i guardinghi lucumoni etruschi. E bello come le fiabe che ha suggerito all’anima mainstream americana. Ma contiene tanta di quella storia da affascinare gli eruditi di tutto il mondo. È in Italia, nel Lazio, a Santa Marinella e sta facendo parlare il mondo di sé.
E gongolare Nicola Zingaretti con il suo capo di gabinetto Albino Ruberti (mente e anima del progetto), ora che Usa Today ha rilanciato on line il post con cui il Castello di Santa Severa si è ripreso il suo posto in mezzo alle bellezze assolute del più bello dei Paesi.
«Aspettate! No, non è un castello di sabbia». Con questa didascalia il quotidiano Usa Today ha messo in lista dei desideri il Castello di Santa Severa. Un post su Instagram che ha schiuso un mondo agli utenti planetari del popolare social. E che ha ribadito un concetto che andrebbe scandito in loop per i secoli dei secoli. Cioè che i governi territoriali fanno centro se scommettono sulle peculiarità artistiche dei territori che amministrano.
L’orgoglio di Zingaretti
Lo sa bene Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, che ha colto la palla al balzo ed ha commentato il riconoscimento con la soddisfazione dell’artefice, oltre che con la gioia del ‘proprietario’.
«Il Castello di Santa Severa sempre più amato nel mondo. Ecco Usa Today. Orgogliosi, dopo anni di abbandono, di aver fatto rivivere questa meraviglia del Lazio e d’Italia. Ora più che mai puntiamo sulle nostre bellezze e sugli angoli nascosti. Per riaccendere economia, sviluppo e lavoro». Perché se in epoca Covid e con l’economia in piena rivoluzione viene fuori che tu su bellezza e turismo ci avevi scommesso prima allora hai fatto centro.
Un centro che la Pisana aveva messo in tacca di mira nel 2014, con l’avventura per riaprire il sito. Il più convinto sostenitore del progetto era stato il braccio operativo del Governatore: Albino Ruberti è uno che la Cultura come elemento di sviluppo la conosce bene, per anni ha amministrato quel piccolo gioiello che si chiama Zetema, l’azienda strumentale di Roma Capitale che ha sviluppato le più moderne idee nel campo degli eventi culturali d’ogni genere, con cui caratterizzare una città.
E dopo lavori di restauro monstre che si erano avvalsi ancor prima di consulenti del calibro di Piero Angela e Paco Lanciano, dopo la riapertura ai visitatori il sessappiglio assoluto del castello era letteralmente esploso. Perché lì si condensano non solo i canoni rigorosi della Grande Storia, ma anche la mistica basica e forte dei luoghi di fascino totale.
Le origini: gli Etruschi e Cerveteri
All’inizio c’era l’avamposto di Pyrgy. Una enclave con cui le popolazioni Teresh davano sbocco ai commerci della vicina Caere, la futura Cerveteri. Tutto questo secondo un asse consolidato di economia. Asse che più a sud avrebbe fatto delle Hostea, delle bocche del Tevere, lo sbocco a mare dei traffici della terragna Roma. Sbocco che oggi si chiama Ostia. Da Teresh a Tirreni e poi ad Etruschi il passo è praticamente nullo, da quanto è breve. Il posto era ottimale per commerciare e limare le unghie a chi minacciasse i commerci. E la cosa non sfuggi ad altri visitatori.
Primi fra tutti i romani, che ci videro un perfetto castrum-sentinella. Poi gli uomini venuti dal Nord, i potenti guerrieri cadetti Normanni, spersi in Europa all’epoca della prima Crociata, lo adocchiarono e ne fecero rupe. Per poi donarlo all’abazia di Farfa. Furono poi i grandi Papi del Basso Medioevo e dell’età comunale a consolidare fama, struttura e dignità politica del castello. Che aveva preso il nome di una martire cristiana caduta sotto la mannaia implacabile del paganeggiante Diocleziano.
Dai Normanni ai grandi papi
Il castello è un capolavoro. E’ cinto da un fossato e collegato da un ponte di legno ad un maschio cilindrico imponente, severo come il nome della santa che omaggia. Dal 1482 e fino al 1980 il castello è stato proprietà dell’Ordine di Santo Spirito, teatro di trame dei cavalieri ospitalieri. Durante la Seconda guerra mondiale divenne postazione difensiva per gli artiglieri scorporati dalla 29ma Panzergrenadieren tedesca in ritirata dal fronte di Cassino.
Proprio il mensile tedesco Geo Saison, colosso europeo editoriale del settore, ha inserito sul numero di gennaio 2020 il Castello di Santa Severa. E già nel 2019 il Times aveva scoperto quel gioiello italiano. La rocca e il suo Ostello sono tra i 50 nuovi hotel più belli in Europa. Dopo una transizione da Ospitalieri ad Asl, il castello era finito in disponibilità della Regione Lazio.
Che dal 2017 lo ha riaperto al pubblico. E già da un po’ si gode i frutti della scelta che ha fatto: ridare la bellezza ad un posto che bellezza ha sempre espresso. Ed anche gli americani ringraziano. (Leggi qui Una Natale di meraviglie con gli eventi della Regione Lazio).
Non è l’unico riconoscimento. Il Castello di Santa Severa ha vinto recentemente il premio Traveller’s Choice di TripAdvisor, confermandosi una delle attrazioni turistiche più amate del Lazio. I numeri dicono che prima del covid erano centinaia le persone che ogni giorno acquistavano il biglietto per visitare il castello.
Ed ora, dopo il covid, i numeri stanno tornando ad attestarsi in alto. Fino a far innamorare i viaggiatori degli Stati Uniti.