L'ottavo anniversario della scomparsa di Antonio Grazio Ferraro: già sindaco di Cassino e presidente della Provincia di Frosinone. A 16 anni evitò altra violenza sulle donne come i giovani concittadini di Giulia Cecchettin.
Palazzo comunale di Cassino, 1975, trentennale della Liberazione d’Italia. «Piacere, sono il colonnello Scotti», si presenta Anthony. «Ma lei è il Capitano che stava a Pofi?», gli chiede allora pietrificato Antonio. «Sì, sono io», risponde subito l’altro. Si erano appena rincontrati dopo oltre trent’anni.
Il Capitano era diventato Colonnello e il Testimone indossava ormai la fascia di Sindaco di Cassino. Lo aveva inconsapevolmente invitato tra le autorità militari che rappresentavano tutte le nazioni in guerra a Cassino nella seconda guerra mondiale. Nelle ore scorse è caduto l’ottavo anniversario della morte di Antonio Grazio Ferraro, chiamato affettuosamente Totonno: dal 1967 più volte Primo cittadino della Città martire e presidente della Provincia di Frosinone.
Ma ancor prima uno dei due “Eroi di Pofi”, proprio assieme ad Anthony Scotti. Salvarono centinaia di donne locali dalle Marocchinate: violenze e stupri di guerra da parte dei nordafricani reclutati nel Corpo di spedizione francese. (Leggi qui I canadesi che salvarono le pofane dalle marocchinate).
Sedicenni che non se fregano
Antonio aveva sedici come Giacomo, Alessandro, Gaia e Gioia: ragazzi che avvisano i Carabinieri e fanno arrestare un uomo che picchia sua moglie per strada. È successo a Vigonovo, la cittadina veneta in cui era stato già compiuto il femminicidio di Giulia Cecchettin. (Leggi qui: Picchia moglie in strada nel paese di Giulia, giovani la salvano).
Neanche Antonio Ferraro rimase con le mani in mano. Con il fratello militare Carmelo, nottetempo, corse con tutto il fiato che aveva in corpo dalle campagne al centro di Pofi: dove c’era il comando dei soldati canadesi. Anche quella volta fu evitata altra violenza sulle donne.
Nacque il 9 giugno 1927 a Cassino, dove il padre ferroviere calabrese fu allontanato dal fascismo per il suo credo socialista. Dopo la guerra, che l’aveva straziato, è diventato medico veterinario, insegnante di scienze naturali e Uomo delle istituzioni. Ma quei tremendi ricordi lo hanno accompagnato per tutta la vita. Ha lasciato in eredità la sua tragica testimonianza nel libro “Cassino, dalla distruzione alla rinascita nella pace – Una esperienza che si fa memoria”.
Testimone attento di mille episodi
«Fu un testimone attento – lo ricorda il Centro documentazione e studi cassinati – di mille episodi e situazioni da quelli più eclatanti, come il bombardamento della millenaria abbazia di Montecassino, a quelli più minuti, come il rapporto di fratellanza determinatosi con soldati poco più avanti d’età dell’uno e dell’altro schieramento, a quelli più vergognosi, come la violenza fisica su ragazzine e giovani donne».
Anche l’allora ambasciatrice del Canada, Alexandra Bugailiskis, rimase a bocca aperta a sentire la storia di Anthony e Antonio: che si narra in quel di Pofi sin dal 2018. La conservazione della memoria, una targa commemorativa in un luogo simbolo, tutte iniziative intraprese dal Comune pofano con la collaborazione dell’associazione “Battaglia di Cassino”.
In prima linea ci sono il vicesindaco Marco Savarese e l’avvocato Alessandro Campagna: l’uno assessore alla cultura e l’altro vicepresidente del Centro studi che prende il nome dall’importante battaglia del 1944 tra Alleati e Nazisti lungo la strategica linea Gustav.
La memoria affidata alle figlie
A Pofi, quest’anno, hanno presenziato le figlie del Capitano e del Testimone: Emilia Ferraro e Carol Scotti Kohler. Si conobbero da piccole, proprio quando i loro padri si videro di nuovo nella Sala Restagno del Comune.
Anche il colonnello Scotti raccontava sempre quella storia alle sue figlie, portate persino a conoscere Pofi: il paese ciociaro in cui diede retta a un ragazzino di 16 anni e riuscì a respingere la “Marocchinata” con il fuoco delle truppe canadesi.
Totonno fu fatto prigioniero dai Nazisti, ma fu liberato da un soldato tedesco assieme ad altri che scavavano le trincee. La sua famiglia si rifugiò a Pofi, nel nord della provincia, nella convinzione di poter stare maggiormente al sicuro.
Contro-Marocchinate del 1943
Stavano in una casa diroccata, al Casello ferroviario 98, assieme a qualche altra famiglia. Si trovavano sulla sponda del fiume Sacco presidiata dai canadesi. Sull’altra, invece, c’erano l’alleata Francia: con i suoi spregevoli Goumier. Scesero dalla collina e guadarono il fiume attraverso una piccola diga. Salvatore Ferraro, aiutato dai due figli – il 19enne Carmelo, militare dell’Aeronautica in abiti civili, e il 16enne Antonio – riuscì a far nascondere la moglie e le altre due figlie.
Ma dovettero assistere, sotto minaccia delle armi, a una violenza di gruppo su una giovane in un casolare. Carmelo e Antonio non se la tennero. Dalle campagne di Pofi, dove oggi spicca una targa dedicata all’avvenimento, raggiunsero l’attuale palazzo municipale: dove c’era il comando dei canadesi.
Antonio raccontò la storia al capitano Anthony Scotti, che lo comprendeva per le chiare origini familiari italiane: di Torino per l’esattezza. Lì per lì pareva quasi non volersi fidare di due ragazzini scheletrici che soffrivano la fame. Alla fine, però, cedette: l’indomani mattina si sarebbero fatti accompagnare in perlustrazione.
Le salvarono dalla violenza
Gli animali scesero nuovamente da quella maledetta collinetta. Il capitano Scotti allora sparò in aria e si presentò come Alleato. Non si fermarono, quindi ordinò di fare fuoco ad altezza d’uomo. I canadesi respinsero così la violenza sulle donne di Pofi.
Il Capitano Scotti aiutò anche tutte le famiglie rifugiate nella zona pofana delle Pantane: li fece portare con le camionette fino al centro del paese, temendo una rappresaglia. «Ora sono diventati tutti amici di mio padre (ride, Ndr) – dichiara Emilia, figlia di Antonio Grazio Ferraro -. Ma so perfettamente chi è che ha frequentato casa nostra. Mio padre, tra Sindaco e presidente della Provincia, è stato Amministratore per oltre 45 anni».
Ha lasciato un volume di memoria: «Il suo libro parla di tutto quello che è accaduto prima, della prigionia, di cui quello di Pofi è purtroppo soltanto un episodio. Mio padre lo ha scritto quando aveva ottant’anni quel libro. Lo ha voluto lasciare alle nuove generazioni».