Silvio Berlusconi, l’uomo delle mille stagioni

La lunga parabola di Silvio Berlusconi, l'uomo che visse mille stagioni. E sempre da protagonista

L’Italia è il Paese che amo, qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti…“: tutto cominciò con un video. C’erano ancora i videoregistratori ad ingoiare le cassette, il trucco della calza in nylon davanti all’obiettivo per sfumare i dettagli verrà riprodotto sui computer solo anni più tardi, in tanti rimasero increduli quando seppero che la scrivania sullo sfondo non era il suo studio ma un set cinematografico allestito per l’occasione.

È il 26 gennaio del ’94 quando Silvio Berlusconi annuncia la sua ‘discesa in campo‘: lo fa con un video di 9 minuti, pre-registrato ad Arcore e inviato in cassetta a tutte le tv nazionali e private. Ventinove anni dopo, nel giorno in cui Silvio Berlusconi lascia lo scenario della vita terrena non c’è bisogno di set né di distribuzioni: gli occhi di tutto il mondo sono già puntati sul San Raffaele di Milano dove ha chiuso la sua ultima scena.

Avesse potuto scegliere se ne sarebbe andato nel letto di casa. Come tutti i sovrani, tutti i monarchi, tutti gli uomini che hanno attraversato il tempo. ma come tutti loro era convinto di essere immortale. E quindi il trasferimento in clinica deciso venerdì dalla famiglia su sollecitazione dei medici  doveva essere solo per un controllo. Perché i parametri della leucemia mielomonocitica cronica di cui soffriva da tempo, non accennavano a migliorare. Rapida ed improvvisa: la fine dei personaggi principali di ogni fiction avviene così per colpire ancora di più il cuore del pubblico. Gli sarebbe piaciuto.

Il Paese che amo

Silvio Berlusconi nel 1980 (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica)

Una fiction che non è nata nel set di quel 26 gennaio ’94. Ma prima. Molto prima. A quei riflettori e quella ‘discesa in campo‘ si arriva dopo una serie di geniali intuizioni: i cantieri edili con i quali costruire una Milano perfetta per chi se lo può permettere, le tv con cui spingere le vendite, il Milan di cui va a prendere possesso scendendo al centro dello stadio con un elicottero roba che all’epoca vedevi solo nei film americani. E poi i riflettori del 94, il Partito chiamato Forza Italia, tre volte premier, i processi più divisivi nel Paese che nemmeno gli amanti diabolici degli Anni 50. Silvio Berlusconi è stato quello che metà degli italiani avrebbe voluto essere e che l’altra metà (nel genuino stupore dell’interessato) viveva per combattere.

Il messaggio da cui inizia la sua fase politica viene trasmesso integralmente da Retequattro e Italia 1, in un’ampia sintesi da Canale 5, in forma stringata dai tg della Rai. Segna l’inizio della lunga storia politica di un imprenditore di successo, nato a Milano il 29 settembre del ’36, primo di tre figli (la sorella Maria Antonietta è scomparsa nel 2009, Paolo il minore). Molto legato alla famiglia: il padre Luigi era direttore generale della Banca Rasini, la madre Rosa Bossi aveva scelto di fare la casalinga dopo una breve esperienza da segretaria alla Pirelli.

Compie i primi passi nell’edilizia: apre il suo primo cantiere edile a Brugherio nel 1964. Poi capisce che il futuro è la Tv: in un etere dominato dalle tre reti di Stato lui coglie al volo l’onda della tv commerciale: fonda Fininvest nel 1975 che poi diventa Mediaset acquisendo da Rusconi e Mondadori i suoi competitor Italia1 e Retequattro. E tutt’intorno, la Standa, le assicurazioni, il calcio… Ad affibbiargli il soprannome ‘Il Cavaliere‘ è quel grande coniatore di neologismi che risponde al nome di Gianni Brera: lo fa nel giorno del 1977 in cui il presidente della Repubblica Giovanni leone gli conferisce l’onorificenza.

Scendo in campo

Silvio Berlusconi e l’annuncio della discesa in campo

Anche la politica è una sua grande intuizione. Sono gli anni in cui tutto sta crollando sotto il maglio purificatore di Mani Pulite. Toccherà tutto un mondo della politica, dell’industria e della finanza della quale Berlusconi fa parte a pieno titolo. È l’unico che mentre tutto finisce in macerie non chiama l’autista per farsi accompagnare in Procura e vuotare il sacco. Rilancia, come nel suo stile. E fonda la generazione della politica successiva a quella che sta collassando. Genera il suo fortino: resiste e da lì conquisterà il Paese.

Per il suo primo discorso da leader azzurro il 6 febbraio del 1994 sceglie il Palafiera di Roma. Lì presenta il programma di governo in tre punti: meno disoccupazione, più tolleranza, riduzione delle tasse. Crea crea il Polo delle libertà, ‘sdoganando’ e rendendo forza di governo la destra che fino a quel momento era stata relegata ai margini.

Chi c’era dice che furono i sondaggi a scegliere. Facendo due dichiarazioni per stimolare gli opposti bacini elettorali e pesandone le reazioni. Prima una dichiarazione di apprezzamento per l’azione riformatrice del Pci avviata da Achille Occhetto. Poi sorprende tutti quando il 23 novembre 1993, all’inaugurazione del suo Euromercato di Casalecchio, assicura che se fosse stato residente a Roma avrebbe votato il candidato sindaco Gianfranco Fini (allora presidente di Alleanza Nazionale) contro il candidato della sinistra Francesco Rutelli.

L’inizio della II Repubblica

Silvio Berlusconi (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica)

Costituisce una coalizione formata da Fi, An, la Lega di Umberto Bossi e il Ccd di Pier Ferdinando Casini e Clemente Mastella. Con loro il 27 marzo 1994 vince le elezioni con Polo delle libertà con 42,9% dei voti: per la prima volta un uomo della II Repubblica mette piede a palazzo Chigi.

Inizia una percorso che porterà il Berlusconi politico a presiedere 4 governi per un totale di 3340 giorni. Il primo dura appena otto mesi: dall’11 maggio del ’94 al 17 gennaio ’95. Si dimette quando il Carroccio gli ritira la fiducia.

Berlusconi torna al governo nel 2001 con la Casa delle libertà dopo una campagna elettorale segnata dalla firma del ‘contratto con gli italiani’ nello studio di ‘Porta a Portadi Bruno Vespa (l’8 maggio). E dai manifesti 6×3 con gli slogan ‘Meno tasse per tutti‘ e ‘Un presidente operaio per cambiare l’Italia‘. Viene ritratto sorridente, in maglioncino blu e sullo sfondo la bandiera forzista. Il 13 maggio la Cdl vince con il 45,4% alla Camera e il 42,5 al Senato, conquistando 368 seggi a Montecitorio e 177 a palazzo Madama. Forza Italia è il primo partito italiano con il 29,4% dei consensi.

Il 18 aprile del 2002 pronuncia quello che verrà ribattezzato l’editto bulgaro. Colpisce Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi, accusati dal Cav di fare un ‘uso criminoso‘ della tv pubblica: nel giro di pochi giorni verranno tutti e tre rimossi dalla Rai. Il 1 luglio inizia il semestre italiano nella Ue. Al suo esordio Berlusconi al Parlamento europeo dà del ‘kapò‘ al capogruppo dei socialdemocratici, il tedesco Martin Schultz: la gaffe diventa un caso internazionale.

La pacca sulla spalla

L’epoca delle pacche sulle spalle tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin (Foto Scarpiello © Imagoeconomica)

In questi anni Berlusconi inaugura la ‘politica estera della pacca sulla spalla‘, che suscita tante polemiche. E batte il record di longevità appartenuto a Bettino Craxi restando in carica quasi 4 anni, con 1.412 giorni.

Nel 2006 arriva la sconfitta di misura contro l’Unione di Romano Prodi, nonostante la promessa elettorale di abolire l’Ici sulla prima casa. Un anno dopo, il 18 novembre, in piazza San Babila, a Milano, il Cav annuncia la nascita di un nuovo partito, il Pdl, dal predellino della sua Mercedes. E’ appunto la cosiddetta svolta del predellino: prelude al ritorno nella stanza dei bottoni, alla guida di un Partito che fonde Fi e An.

L’esecutivo del ‘Professore’ infatti resta in carica solo due anni: nel gennaio 2008 cade tra le polemiche. Anni dopo ne scaturirà un inchiesta giudiziaria a Napoli salita agli onori delle cronache come la cosiddetta ‘compravendita dei senatori‘. Oppure Operazione Libertà, secondo le carte. Nei fatti: la campagna di reclutamento di parlamentari tra le file del centrosinistra.

Ritrovata l’intesa con Fini, Berlusconi vince le politiche del maggio 2008 su Walter Veltroni, con una larghissima maggioranza. Con il congresso del 29 marzo 2009, a Roma, viene poi ufficializzato il Pdl. Nonostante le premesse per una legislatura costituente il dialogo con l’opposizione naufraga ben presto sulla giustizia.

Chi dice donna dice danno

Silvio Berlusconi all’ingresso di Palazzo Chigi nel 2008 (Foto: Lorenzo Daloiso © Imagoeconomica)

Il Cavaliere affronta l’emergenza rifiuti a Napoli, si occupa della ricostruzione in Abruzzo dopo il terremoto dell’aprile 2009 ma soprattutto deve tener testa a una grave crisi economica. Inizia la stagione degli scandali rosa dovuti agli scandali per le vicende personali. A cominciare dal caso della 18enne Noemi Letizia che lo chiamava ‘Papi‘. La partecipazione al compleanno della ragazza a Casoria porta alla rottura del matrimonio con la seconda moglie Veronica Lario, che chiede il divorzio. Lo fa dopo pubbliche accuse con una ‘lettera aperta’ (‘Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni, chiudo il sipario sulla mia vita coniugale‘). È solo l’aperitivo. Tra poco inizierà il caso ‘Bunga bunga‘ legato alla vicenda Ruby, che scoppierà nel gennaio 2011.

Sul fronte politico, si rafforza l’asse con la Lega di Bossi ma si incrina il rapporto con Fini. Che, da presidente della Camera, prende sempre più le distanze sulla gestione del Partito. Il 13 dicembre del 2009 è il giorno dell’attentato in piazza Duomo a Milano, quando Massimo Tartaglia lancia sul viso del Cav una miniatura della cattedrale meneghina, procurandogli la rottura del setto nasale e la frattura di due denti. Berlusconi reagisce con la solita determinazione e vince le regionali del marzo 2010.

Ma si consuma la rottura definitiva con Fini. Il 22 aprile all’Auditorium della Conciliazione di Roma va in scena il famoso ‘Che fai mi cacci?‘. E’ la fine dell’alleanza, sancita il 29 luglio da un voto dell’assemblea del Pdl.

Il maglio della crisi

Silvio Berlusconi con Giulio Tremonti (Foto: Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

Il giorno dopo Fini lancia Futuro e libertà. Il 29 settembre il Cav si presenta alla Camera per chiedere la fiducia che ottiene con un margine ridotto. Nonostante la maggioranza risicata il governo dura quasi un altro anno. Sono mesi difficili. Divampa il caso Ruby, la Procura di Milano lo accusa di concussione e induzione alla prostituzione minorile. Il caso viene discusso in Parlamento. Ma a far cadere l’esecutivo non saranno le inchieste giudiziarie e la forte sconfitta alle amministrative con la perdita di Napoli e Milano: ci penserà la crisi economica.

Nell’estate del 2011 la pressione delle istituzioni e la speculazione finanziaria che porta lo spread a livelli record non danno scampo all’Italia che dovrà varare una manovra lacrime e sangue da oltre 50 miliardi. E’ gelo con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, Berlusconi ha le ore contate. Il 12 novembre del 2011 sale al Colle per dimettersi. Gli subentra il ‘tecnico’ Mario Monti. Il suo ultimo governo è durato tre anni (dal 7 maggio 2008 al 16 novembre 2011).

Il Cav non demorde: dopo aver appoggiato il governo di larghe intese di Monti si presenta ancora alle elezioni del febbraio 2013. Il risultato elettorale porta a un nuovo governo di unità nazionale guidato da Enrico Letta, in un primo momento sostenuto da Forza Italia. La coalizione di Pierluigi Bersani, infatti, si impone alla Camera, come previsto, ma per solo mezzo punto percentuale: 29,53% contro il 29,13% dell’alleanza guidata da Pdl e Lega. Al Senato, il centrosinistra non ha la maggioranza. Bersani non riesce a formare un governo e il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, rieletto, dà vita a un esecutivo delle larghe intese dove l’uomo di Arcore resta determinante.

Annus Horribilis

Angelino Alfano e Silvio Berlusconi (Foto: Daniele Stefanini © Imagoeconomica)

Il 2013 è l’anno nero per Berlusconi. Ad agosto la Cassazione conferma la condanna per frode fiscale nel processo Mediaset sui diritti tv. La pena è 4 anni di reclusione che si riducono a uno per effetto dell’indulto. In più c’è l’interdizione dai pubblici uffici per due anni. Il 18 settembre 2013, anche all’indomani della sentenza di condanna ad un risarcimento di quasi 500 milioni di euro a De Benedetti per il lodo Mondadori, Berlusconi annuncia il suo ritorno in campo. E l’ennesima ‘rinascita’ di Forza Italia. Ma a novembre, dopo una scissione interna al Partito che decreta l’addio del delfino Angelino Alfano, il Senato vota per la decadenza di Berlusconi.

Nel 2014 arriva la conferma dell’interdizione dai pubblici uffici e l’autosospensione da Cavaliere del lavoro. Poi arriva la decisione dei giudici sull’affidamento in prova ai servizi sociali per un anno in una casa di riposo per anziani, a Cesano Boscone.

A 20 anni dalla discesa in campo, il Cav si trova a leccarsi le ferite. Ma non molla. E, grazie a Denis Verdini, riesce a rimanere in partita, firmando nel gennaio 2014 con il nuovo leader del Pd e premier Matteo Renzi il Patto del Nazareno. Formalmente un’intesa per sostenere le riforme e approvare la nuova legge elettorale votata in un primo momento con i voti determinanti di Fi. Con il passare del tempo, però, emergono rivelazioni su un accordo a tutto campo, comprensivo anche dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e del nodo giustizia. E proprio sulla scelta del nuovo inquilino del Colle che l’intesa va a monte. Nel febbraio 2015 la maggioranza guidata da Renzi appoggia l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, ma per Fi, rimasta fuori dalla partita, è la fine dell’ ‘alleanza sulle riforme’.

Dopo la scissione degli alfaniani e quella di Raffaele Fitto che da’ vita ai Conservatori e riformisti, Fi subisce anche la fuoriuscita di Verdini che fonda Ala, garantendo l’appoggio alla maggioranza renziana su riforme e non solo. Il centrodestra, intanto, si sfalda e si arriva alle amministrative di giugno 2016 con una coalizione unita solo a Milano attorno al manager Stefano Parisi e divisa a Roma in due (Fi a sostegno di Alfio Marchini contro la presidente di Fdi, Giorgia Meloni, appoggiata dal Carroccio di Matteo Salvini).

I problemi di salute

Silvio Berlusconi (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

La svolta dentro il Partito azzurro arriva nell’estate del 2016 ed è legata allo stato di salute del Cav, costretto al ricovero al San Raffaele di Milano. Lì il 14 giugno viene sottoposto a un delicato intervento chirurgico a cuore aperto. La sostituzione della valvola aortica tiene in ansia tutti, l’ex premier ha bisogno di una lunga riabilitazione, che farà ad Arcore (tranne una ventina di giorni nella sua amata Sardegna). Il 30 settembre Berlusconi vola a sorpresa negli Usa per controlli medici. Probabilmente dovuto agli scompensi pressori e alla fogosi che gli creano problemi durante la convalescenza, come scritto nell’istanza di legittimo impedimento presentata dai suoi legali alla Procura di Milano per rinviare la prima udienza del processo Ruby-ter (rinvio poi accordato al 15 dicembre).

Mentre atterra sul suolo americano, come precisato da una nota di Fi, il Cav ha un ”lieve malore” e viene ricoverato al Columbia Presbyterian di New York, dove verrà dimesso dopo 48 ore. Il presidente di Fi resterà negli States quasi due settimane. La trasferta subito assume i contorni di un giallo. È negli Usa per motivi di salute o per affari? Forse, per entrambi le ragioni. Di certo, era previsto nella Grande Mela un check up dopo l’intervento al cuore al San Raffaele. Un controllo a 360 gradi, voluto dalla famiglia, da parte di quell’equipe di medici che avevano già operato l’ex premier a Cleveland nel dicembre del 2006.

Il gatto dalle sette vite

Silvio Berlusconi

Come il gatto dalle sette vite, dopo 5 anni Berlusconi completa una nuova ‘traversata nel deserto’: come quella tra il 1996 e il 2001 alla quale lo aveva costretto la nascita dell’Ulivo e l’avvento di Romano Prodi. Il presidente forzista torna nell’agone ma alle politiche del marzo 2018 c’è il sorpasso storico della Lega su Fi e come alleato di Matteo Salvini è costretto, per spirito di realpolitik, a dare il via libera al governo gialloverde, il primo della storia repubblicana che vede insieme nella stanza dei bottoni i Cinquestelle e il Carroccio.

Per la prima volta la coalizione è a trazione Lega. Ma il Cav non si perde d’animo e prova a riorganizzarsi anche se deve ingoiare il rospo del governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte, con Salvini e Di Maio vicepremier. Inizia ufficialmente la ‘Terza Repubblica‘.

L’ex premier da un lato deve accettare una coabitazione forzata con l’alleato nell’ambito dello schema del centrodestra e stare all’opposizione di un esecutivo formato da M5S e Lega. Una posizione ambigua, che alimenta continue fibrillazioni interne a Fi. Il Partito è ormai spaccato in due, filosalviniani e berlusconiani ortodossi, nordisti e sudisti.

Nonostante vari problemi di salute legati all’età (82 anni) e le perplessità della famiglia, Berlusconi annuncia la ‘ridiscesa in campo’ candidandosi alle europee del 2019 come capolista. Stupisce tutti e decide di rimettersi in gioco , proponendosi come mediatore di un’alleanza tra Ppe e sovranisti. E promettendo di rivoluzionare Forza Italia per rilanciarla sul territorio. Qualche mese dopo si rinsalda l’alleanza di centrodestra, quando Salvini rompe la maggioranza con il Movimento 5 stelle, ritrovandosi quindi all’opposizione del governo giallorosso. Insieme a Forza Italia e Fratelli d’Italia.

L’ultima stagione

Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Matteo Salvini © Imagoeconomica, Stefano Carofei

I problemi sorgono però con quest’ultimo partito. È evidente quando Fi e Lega entrano nella maggioranza di larghe intese che sostiene il Governo di Mario Draghi. E poi danno il via libera alla rielezione di Sergio Mattarella mentre Giorgia Meloni preferisce andare per la sua strada.

L’alleanza si ritrova l’estate scorsa. Avviene quando Berlusconi e Salvini staccano la spina all’Esecutivo Draghi e a settembre si va alle elezioni anticipate. Sanciscono la nascita del nuovo centrodestra a guida Meloni, prima premier donna.

A ormai trent’anni dalla discesa in campo, Berlusconi assiste alla completa trasformazione di quel centrodestra di cui è stato fondatore. Torna in Senato. Ma Forza Italia ormai non è più un partito a due cifre. È diviso al suo interno e al momento della formazione del Governo non gioca più un ruolo di primo piano.

Riesce tuttavia ad ottenere per Antonio Tajani la guida del ministero degli Esteri, nonostante dopo la scoppio della guerra in Ucraina, Berlusconi più volte non rinneghi la sua amicizia con Putin. Prova a rilanciare il tema della mediazione, sostenendo che l’appoggio a Kiev vada accompagnato da un’azione per favorire una soluzione diplomatica del conflitto.

È stato l’ultimo acuto prima della chiusura dello scenario.