Il segretario del Partito Democratico tiene sotto controllo i sondaggi. Questa mattina i numeri aggiornati. Eccoli. Nasce da lì l'incursione ordinata l'altro giorno al senatore Astorre.
Lo strano asse formato da Matteo Renzi e Luigi Di Maio è una minaccia politica per il Pd di Nicola Zingaretti. È per questo che il segretario nazionale del Partito Democratico in queste ore ha criticato la caccia alla visibilità e al provvedimento, lanciata dai leader di Italia Viva e del Movimento Cinque Stelle. È per questo che ha ordinato ai segretari regionali di serrare i ranghi e mettere fine con effetto immediato alle divisioni. Si legge così l’incursione fatta l’altra sera dal senatore Bruno Astorre in uno dei collegi strategici del Lazio: lì dove c’è un polo universitario, la principale industria metalmeccanica della regione ed il centrosinistra ha appena strappato il Comune al centrodestra. (leggi qui La sfuriata di Astorre: frustate per tutti sulle divisioni del Pd a Cassino).
Il sito Youtrend questa mattina ha diffuso i dati della Supermedia della settimana. È la media tra gli 8 sondaggi realizzati dai principali istituti di rilevazione demoscopica. I numeri dicono che la Lega è in calo ma resta ancora il primo Partito nonostante sia scesa per la prima volta sotto il 32%. Il Partito Democratico è il secondo Partito con il 20,1% dei consensi e sta di poco sopra al Movimento 5 Stelle che si attesta al 19,8%; il Pd ha risentito della nascita di Italia Viva: la formazione di Matteo Renzi riscuote il 4,3% dei consensi. I Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni sono saldamente la seconda gamba del centrodestra: vengono accreditati di un gradimento pari all’7,8%, guadagnando terreno su Forza Italia che si attesta al 6,6 contro 6,6%.
In pratica, l’orizzonte si sta bipolarizzando: da un lato l’alleanza di governo giallorossa e dall’altra il centrodestra; in calo chi è fuori dai due poli.
L’elettorato che Nicola Zingaretti è riuscito a riportare nel Pd è per sua natura molto solido ed ideologizzato, in larga parte si era allontanato non riconoscendosi nel modello renziano. A destra Fratelli d’Italia sta drenando le risorse di Forza Italia. Che non vanno verso la Lega ritenendola poco moderata. In questo quadro l’operazione di Matteo Renzi per creare un nuovo centro capace di attirare le forze moderate trova un senso. A condizione – ecco il motivo dell’intervento di Zingaretti – che attiri da destra e non troppo da sinistra. Puntando soprattutto su quell’elettorati ormai liquido che si sposta con molta facilità, scegliendo di volta in volta il Partito che ritiene possa rappresentarlo.
Mantenere dentro i suoi. Stando al Governo ed assumendo decisioni di responsabilità. Il percorso del Pd al Governo non sarà affatto semplice. La manovra economica dovrà tenere conto delle cifre e degli spazi di manovra risicati. Non sarà una manovra di svolta.
Alla fine la tenuta dell’esecutivo dipenderà soprattutto dall’esito delle regionali. Si comincia in Umbria il 27 ottobre, poi si proseguirà con tutte le altre regioni. Il 26 gennaio c’è l’Emilia Romagna. E’ la tattica del prendere tempo per vedere se l’avversario, in questo caso Matteo Salvini, perderà forza propulsiva.
Però soltanto vittorie alle elezioni regionali potranno allontanare lo spettro delle consultazioni anticipate.
Intanto però Matteo Renzi e Luigi Di Maio stanno cercando di fare quello che hanno sempre fatto: cercare di intestarsi provvedimenti del Governo. Il Partito Democratico non si fida, non può fidarsi. Renzi ha già dimostrato che quando non è lui a guidare, gli altri devono preoccuparsi. Il caso più clamoroso è quello di Enrico Letta. Ma pure Paolo Gentiloni ha “ballato” non poco. Se vogliamo perfino il patto del Nazareno con Silvio Berlusconi è stato rotto da Renzi quando si è trattato di eleggere Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica.
Difficile immaginare che adesso debba essere diverso. Renzi è decisivo per le sorti del Conte bis. Partito Democratico e Liberi e Uguali stanno mettendo in campo grande cautela, mentre Luigi Di Maio sembra voler indossare i panni di Matteo Salvini nel precedente esecutivo, quello gialloverde. Infine c’è Matteo Renzi, una vera mina vagante. Nicola Zingaretti è tiene sotto controllo i numeri del Pd nei sondaggi. Si è tornati di poco sotto il 20%. A causa della scissione naturalmente, ma proprio per questo non ci si può permettere situazioni come quella di Cassino che esistono in tante altre parti d’Italia.