Parte la stagione dei temi concreti giusto mentre inizia l'altra stagione: quella del dopo vacanze e dei doveri erariali. E subito ci si azzuffa sulle tasse da tagliare. Ma senza soldi non si può governare
L’allarme venne lanciato a marzo dell’anno scorso ma la sirena non ha mai smesso di suonare. Ed è la sirena che, tradizionalmente ed empiricamente, mette freddo più di ogni altra nelle schiene degli italiani. E’ la sirena stridula delle tasse. Per la precisione tasse per i cittadini del Lazio sul cui incremento aveva puntato la lente il Segretario generale della Cgil di Roma e Lazio, Natale Di Cola. Cosa stava succedendo? Che da noi, a livello regionale, per molti ruota tutto intorno al Fondo Taglia Tasse istituito da Nicola Zingaretti.
Si tratta di una dotazione di cassa, mantenuta dall’amministrazione guidata da Francesco Rocca, con cui il gravame erariale competente viene “alleviato” con quei fondi. Più semplice? Soldi risparmiati e messi da parte per tagliare (in alcuni casi azzerare) le Imposte regionali che si pagano insieme alla dichiarazione dei redditi, in proporzione a quanto si è guadagnato.
Ecco, un anno fa si temeva ad esempio un aumento complessivo dell’Irpef nel Lazio “di oltre 350 milioni di euro a carico delle fasce di reddito medio basse dei cittadini”.
Il Taglia Tasse del Lazio
In soldoni si paventava un aumento di 400 euro per ciascun contribuente del Lazio della fascia più povera: cioè quelli che negli anni di Zingaretti avevano usufruito del Taglia Tasse. Che – va ribadito – non è per tutti ma per i redditi più. bassi.
A suo tempo Di Cola era stato savonarolesco ma pratico. Così: “Se venisse confermato l’attuale disegno di legge dell’amministrazione Rocca, i contribuenti del Lazio con redditi fino a 35mila euro pagherebbero l’addizionale regionale più alta d’Italia. Roma sarebbe la città più tassata della nazione”.
Tanto cruciale è quella dotazione che quest’anno, sempre a marzo, era scoppiato un casino-bis. La Giunta Rocca aveva stornato i fondi per il Trasporto Pubblico a Roma, la Roma che si appresta al Giubileo 2025, proprio per dirottarli nel Taglia Tasse di quest’anno. Niente bus nuovi per l’Anno Santo per evitare di ammazzare economicamente anziani, pensionati, studenti, monoreddito, disoccupati e così via.
Metro di Roma o aliquote basse? Il rebus
La Pisana aveva poi chiarito che proprio a settembre avrebbe rimesso tutto a posto, ma il senso è un altro. Il senso è che, anche al netto dell’esempio nostrano, quando agli italiani parli di tasse inneschi un vero Pac-man. Cioè una cosa che sta a metà tra “gioco” e giogo, in cui gli italiani sono come il protagonista del videogame anni ‘80: perennemente in fuga e tallonati dall’erario.
Poi però – i boomer lo ricorderanno – ad un certo punto la sfera gialla in fuga mangiava il bonus energia. E lì accadeva una cosa molto lisergica: la preda si faceva predatore e Pac-man poteva schizzare in labirinto a mangiarsi tutti i fantasmini che prima lo tallonavano.
Ecco, quel Pac-man là, quello gasato e famelico, oggi si chiama Antonio Tajani.
La Legge di Bilancio come palco
Anche lui, il vicepremier, nonché ministro degli Esteri, nonché segretario di Forza Italia, ha un timing definito per agire. Cioè quello della Legge di Bilancio in approntamento dialettico e preliminare dopo la pausa estiva.
Il leader azzurro vuole surfare l’onda di una rinnovata empatia con l’elettorato e, conoscendo benebenissimo quello del suo Partito, gli ha puntato le due Giugulari Massime. La prima, quella delle tasse appunto, cioè il cavallo di battaglia sempiterno di ogni forzista dai tempi della discesa in campo del Cav buonanima. Che ebbe la geniale intuizione di spostare le tasse: invece di fargliele pagare direttamente allo Stato, ai cittadini gliele nascose spalmandole in decine di altre cose che non erano direttamente riconducibili allo Stato. Così lui passava per quello che le tasse le aveva tolte e cattivoni gli altri che avevano aumentato le tariffe. Geniale.
La seconda, cioè quella del cattolicesimo mainstream e di confezione prog. Con quest’ultima briscola, rappresentata iconicamente dallo Ius Scholae, Tajani ha lanciato una camola grassa in due stagni immensi. Quello del Vaticano e quello degli elettori che vanno in chiesa la domenica ma poi corrono ai gazebo del Pd.
La tattica della concretezza sui temi
Messa così è molto più che la naturale emanazione dell’indole di un uomo e di un partito d’area vasta. No, è una briscola strategica da applauso. Anche perché Tajani l’ha calata subito a monte del primo Consiglio dei Ministri del dopo Giorgia in Puglia. E mentre la premier si scartavetrava l’ugola nel proclamare che l’argine ai migranti clandestini funziona Tajani ha proclamato che bisogna abbassare le tasse in Finanziaria ventura.
Quasi inutile dire quale, tra i due argomenti, faccia più presa di melassa sugli italiani, e Zi’ Ndonio che è un furbo di tre cotte lo ha capito benissimo. E Matteo Salvini? Al netto di qualche obiettiva skill sul tema pensioni, lui ormai sta in modalità “Gigione-Trapanarella-Cellole”. Cioè con una botola sotto i pedi e con la testa a cantare sui social.
Tajani a Il Messaggero ha spiegato che bisogna piallare le tasse su redditi, pensioni minime, fondi per le donne e studenti. Basta farsi due conti statistici per capire che nello stagno di del segretario ci sono i cavedani più grossi del plafond elettorale patrio. Quella del segretario forzista è dunque una “ricetta per una manovra improntata alla crescita”. E con le priorità azzurre bene in vista ed ottimamente enunciate, così la gente si fa due conti e la smette di inseguire Salvini sulla cronaca nera.
“Cuneo tagliato ed Irpef da 35 al 33%”
“Per Forza Italia la priorità è la conferma del taglio del cuneo fiscale. Poi la riduzione dell’Irpef: dal 35 al 33 per cento per i redditi fino a 60mila euro”. E ancora: “Daremo attenzione alle donne, proporremo di allargare la decontribuzione alle partite Iva. Come anche di rifinanziare il fondo per la prima casa per i giovani fino ai 36 anni e il fondo per le garanzie agli studenti universitari”.
Sono tutti pii intenti da governante medio, anche un po’ lardellati di spot, ma l’effetto non va trascurato. Perché Tajani parte dalla posizione di vantaggio di essere leader di un partito che in tema tasse giù sta “sul pezzo” da sempre. E perché oggi Tajani ha alleati mediamente ammaliati da concetti distopici rispetto al momento finanziario. Perciò lui ci passa come il solo concretista in un pattuglione di urlatori di slogan che neanche lo sfiorano, l’argomento “tasche degli italiani”.
Settembre, andiamo: è tempo di pagare
Mettiamola meglio: siamo a settembre, e l’80% delle famiglie italiane ha finito di postare foto balneari con beveroni fluo che suggeriscono uno stile di vita che il 50 di quell’80% non può reggere se non a mezzo di guizzi di orgoglio, finanziarie smart, follia e mogli mannare che ti stalkerano già da maggio. Queste sono le settimane del mesto ritorno a casa. Con qualche centone lasciato nelle pagine dei libri di casa e il rosso fisso sul conto.
Settimane del tuffo acido e senza ciambella in una realtà che torna come l’influenza. Realtà fatta di bollette, fine della tregua con Agenzia delle Entrate, scuola e scadenze fiscali tali da sbiancare ogni abbronzatura. Tajani lo sa ed è proprio lì che è andato a parare, al millimetro. E sta offrendo un appiglio per affrontate il mesto autunno che ci attende.
Proposte serie e “coperture”
“Il nostro partito farà proposte serie, con le relative coperture. Come un ulteriore sgravio per le pensioni minime e basse”. Questo “tenendo conto di chi ha versato i contributi e ha lavorato come di chi non li ha versati”. Da questo punto di vista anche lo spottone pop del segretario azzurro sembra meno spottone e più centrato: “Non si può vivere con 600 euro al mese. Il nostro obiettivo è arrivare a 1000 euro entro la fine della legislatura”.
Come a dire che sì, sul salario minimo c’è sempre stata una diga ecumenica di maggioranza, ma anche che all’interno della stessa c’è chi ha bene in mente cosa serva davvero agli italiani.
Un Pac-man che si mangi quello che agli italiani fa più paura. O che sappia dire meglio di tutti che vuole farlo. In politica a volte ed almeno all’inizio basta quello.