Diserta la sentenza su Salvini ma il dato è un altro: quello di un leader “glam” che ha tolto ossigeno ai candidati territoriali
Terzo nelle sue terre dopo Roberto Vannacci e Susanna Ceccardi, con 24.241 pesantissimi voti. Alle Europee di giugno il cassinate Mario Abbruzzese aveva collezionato uno score di consenso lusinghiero, che però non era stato sufficiente a spedirlo a Bruxelles-Strasburgo, e che tuttavia aveva confermato un dato. Che quando il leghista e già Presidente del Consiglio Regionale del Lazio decide di spingere, mette in moto una macchina che è come i trattori della sua “ex” Coldiretti. Un mostro di potenza che a giri bassi e una trazione devastante trascina con sé tutto o quasi il trascinabile.
Tuttavia Abbruzese aveva dovuto fare i conti con diversi fattori che gli avevano impedito di fare centro sia pur dall’alto di un risultato numericamente eccellente. Innanzitutto con i meccanismi di elezione del voto Europeo, poi con la forza attrattiva degli altri candidati in lizza di Circoscrizione ed infine, ma in modalità “last but not least”, con lui: il generale Vannacci.
Mario vincitore, ma solo morale
E qui, col senno di poi che però tanto posteriore non lo era, si innesca una riflessione seria. Riflessione che parte da due presupposti.
Il primo, quello di un candidato territoriale in purezza in un certo senso sacrificato allo strapotere mainstream dell’uomo scelto da Matteo Salvini per non far affondare la sua Lega. Di un Vannacci cioè che in lizza faceva massa critica al punto tale da fagocitare quasi ogni aspirazione di conteggio di candidati che dei loro territori ne sanno millemila in più.
Il secondo, quello forse più amaro, che deriva da una verità tonda e scomoda. Di fatto Mario Abbruzzese non è “passato” alle Europee (anche) per uno che alla fine nella Lega non ci sta affatto anche se dice da mesi di volerci stare.
Il locomotore “indipendente”
Per un locomotore “strambo” quindi, contiguo ma foresto al partito di cui oggi il cassinate è responsabile regionale dell’Organizzazione. E che sta ravanando in un movimentismo multiforme che alla fine lo ha relegato nella galassia sghemba dei primi della classe che però poi alla fine cambiano istituto. Quello dell’ex comandante del IX Reggimento Col Moschin sembra un atteggiamento più da greca traccheggiona di Stato Maggiore che da alto ufficiale incursore: semplicemente lui da mesi sta alla finestra e dispensa perle “pop”.
Dialoga con tutti, perfino coi rapper, suscita lo snobismo (sacrosanto) di Piero Sansonetti ma non convince nessuno. E si fa totem di un elettorato che sembra occhieggiare più al sovranismo spinto degli scampoli massimalisti di Via delle Scrofa, tanto da voler apparire a tutti i costi come un indipendente.
Leghisti tra perplessi e sollevati
E soprattutto tanto da esserci riuscito, dato che la sua indipendenza nella Lega per cui è stato eletto sta sollevando ben più di qualche perplessità. Vero è che è stato Vannacci a tirare per la Lega e poco il contrario, ma resta sempre quell’antica ed irrisolta questione della “fedeltà alla bandiera”, una cosa che Vannacci dovrebbe conoscere bene, visto il suo background. Ma lui no, si fa le sue associazioni ed il fatto che il termine sia plurale la dice lunga su quanti e quali buoi spingano il variopinto carrozzone dell’europarlamentare che ha in un certo senso “fermato” Abbruzzese.
Che avrà pure i suoi difetti e che ovviamente in virtù della legittima dialettica politica non era gradito a tutti, ma che almeno un piano di liaison tra i territori e gli spot decisori europei ce l’aveva. E che forse oggi sulla crisi Stellatins avrebbe potuto dire quanto meno qualche parola in più di buon senso. Questo a contare che Vannacci è europarlamantare anche per il Lazio, dove c’è Cassino Plant, e sul tema non ha detto una parola che sia una.
Dall’Europa dei territori al kitsch
Lui, il generale che in foto scalciava garrulo le ondine da battigia, invece pensa ad abbacinare platee, più che a dare adito al mandato di elettori. Si comporta come una sorta di “special one” della politica in un florilegio di atteggiamenti, pose e spottoni da sit com che Simone Canettieri de Il Foglio ha messo a silloge superba. “Il calendario 2025 con la campionessa Paola Egonu da sfottere in un fumetto sui tratti somatici”. Poi “ecco l’abbraccio con Fedez, l’arcinemico di Matteo Salvini, che gli propone in diretta podcast di fumare una cannetta”.
E ancora: boutades, palpiti nazionalistici che manco un Quisling in salamoia. Soprattutto un seguito talmente variopinto e poco compattato di seguaci che le bande siriane che oggi imperversano per Damasco al confronto sembrano la Legio XII Fulminata.
Il 20 dicembre il generale sarà ad Arezzo, “per una cena di auguri organizzata dal suo movimento ‘Il mondo al contrario’”. Che c’è di strano? Nulla, solo che il 20 dicembre a Palermo è prevista la sentenza del processo Open Arms in cui è imputato Matteo Salvini. Cioè uno che alla solidarietà movimentista ci tiene così tanto che già alla scorsa udienza in Sicilia ci aveva portato mezzo Parlamento e due terzi di Pontida.
E il dato è bifronte, perché se da un lato il lassismo kitsch di Vannacci fa mordere le mani ai territori che avevano scommesso in quota Lega su candidati più ortodossi e dotati di know-how, dall’altro i salviniani sospirano. E non di rammarico, ma di sollievo, per un aspirante leader antagonista del “Capitano” che alla fine si sta rivelando un capo chierico con un guardaroba solo un filino più improbabile. Rischio passato, insomma.
Un “Mondo piccolo”
Un politico “glamour” che ha battezzato movimenti tutti suoi, e non proprio oceanici. Ne sa qualcosa il capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari. “Non erano tantissimi, se si pensa che da tutta Italia si sono radunate 150 persone. Non so quali siano le intenzioni di Vannacci, essendo indipendente non risponde alle indicazioni politiche della Lega e del gruppo parlamentare. Per adesso ha garantito che non vuole fare un altro partito, non ho motivo di dubitare delle sue parole”. Il deputato leghista alludeva alla nascita del movimento politico “Il mondo al contrario”.
“Mondo” che ha nel tenente colonnello Fabio Filomeni un presidente costretto ad ammettere che gli iscritti “non sono trentamila, ma poco più di 1.500″.
E “Che arrivano a diecimila con le adesioni sul sito, che lasciano il tempo che trovano”.
Tra Fedez ed Alemanno
Tutto questo mentre il suo “capo” si fa vedere con Gianni Alemanno a parlare di Russia oppure da Fedez a fare il proibizionista bonario con uno che sta alla politica come Dracula starebbe all’Avis. Uno da cui probabilmente Mario Abbruzzese non sarebbe andato neppure se fosse stato invitato.
Perché c’è la politica “glam” e poi c’è la politica. Ma per salvare i partiti in decadenza alla fine va bene anche quella circense delle greche fluo. Tanto se poi pagano i territori chissenefrega, intanto la Lega di Salvini è “salva”. E nel salvarsi neanche si è messa una suocera scomoda in casa.