La politica dei colpi di scena ha trovato il suo manuale d’istruzioni. L’ha scritto, inconsapevolmente, l’ex vicesindaco, revocato tre volte e reintegrato tre volte. Il Tar lo ha detto nelle ore scorse. Ma ora si prospetta la quarta revoca. Ed il quarto ricorso.
Il vicesindaco che visse quattro volte abita a Villa Santa Lucia: è una specie di spettro politico. Di lui il sindaco Orazio Capraro non riesce a liberarsi. Lo ha revocato tre volte e sempre con motivazioni differenti ed ogni volta il provvedimento è stato annullato reintegrando al suo posto Maurizio Di Folco. La terza reintegra è arrivata nelle ore scorse.
Tre revoche in meno di due anni, tre sentenze che le annullano, una Corte dei Conti che ora bussa alla porta e un Comune che dovrà pagare anche le spese. Ma l’ex vicesindaco di Villa Santa Lucia commenta con una certa pacatezza: “Io ero solo sintonizzato su una frequenza diversa. Quella del buon senso”.
Le quattro vite del vicesindaco

La prima vita politica per Maurizio Di Folco comincia nel 2023 con le scorse elezioni comunali: è il primo degli eletti tra i candidati al Consiglio. È per questo che Orazio Capraro lo chiama a svolgere il ruolo di suo braccio destro. Ma dopo poco tempo i rapporti tra i due si incrinano, la fiducia viene meno: il vicesindaco la pensa diversamente su una delibera ritenuta strategica e rifiuta di votarla.
Scatta allora la prima revoca. Bocciata: motivazione troppo generica. Un “non ci piace più” travestito da atto amministrativo. Il vicesindaco torna in sella grazie ad un ricorso del professor Francesco Scalia che ottiene l’annullamento per “carenza di motivazione”.
Nemmeno il tempo di presentarsi in Giunta che scatta la seconda revoca. Il sindaco, fermamente convinto della sua decisione, ri revoca il suo vice e stavolta ci mette una lunghissima serie di motivazioni. Toghe di nuovo in campo: stavolta la motivazione è ritenuta troppo esagerata per essere credibile. Eccessiva, sproporzionata, quasi teatrale. Altro giro, altro reintegro. Sempre su ricorso del professor Scalia che in questo caso eccepisce l’eccesso di motivazione.
Eccesso di potere

Con il provvedimento caldo caldo, il sindaco sforna subito la terza revoca. Qui la faccenda si fa seria: il Tar parla di eccesso di potere, annulla tutto e condanna Comune e sindaco a risarcire danni e spese legali. Circa 20.000 euro di soldi pubblici, per dirla come la sentenza: un altro buco a carico dei cittadini.
Perché il Tar parla di eccesso di potere? Perché Maurizio Di Folco è stato messo fuori dalla Giunta comunale in quanto non ha voluto votare un atto. Quella delibera aveva lo scopo di bloccare un iter avviato dall’amministrazione precedente. Quale? Quello con cui accertare chi fosse il responsabile di una spesa comunale da 140mila euro fatta per somma urgenza e per questo non prevista nel Bilancio. Quella spesa è stata ritenuta non valida e pertanto pagarla è stato un danno erariale.
Perché la Giunta voleva rinunciare a trovare il colpevole del danno? Perché l’iter avrebbe portato all’attuale sindaco Orazio Capraro. Che però non intendeva crearsi così un salvacondotto. Ma perché quei 140mila euro secondo lui erano un trappolone costruito amministrativamente dal suo predecessore Antonio Iannarelli con cui impedirgli di essere proclamato sindaco in caso di elezione, come poi avvenuto.
La storia dei 140mila euro

Che storia è questa dei 140mila euro. Davanti al Tribunale di Cassino è incardinato un procedimento Civile nel quale l’amministrazione Iannarelli aveva chiesto la condanna al risarcimento dei danni (in tutto 140mila 139 euro) derivanti dai ritardi accumulati in veste di responsabile del Servizio Tecnico e Lavori Pubblici del Comune nella gestione degli appalti per la messa in sicurezza di una scuola Elementare e Media a Piumarola e per la realizzazione di una pista ciclabile.
Per Capraro quella causa ha i connotati “arbitrari, pretestuosi e persecutori tali da integrare i presupposti individuati dalla giurisprudenza di legittimità per escludere l’applicazione della causa di incompatibilità”. Cioè era un pretesto per non farlo entrare nella carica una volta eletto.

Chi abbia ragione non è mai stato chiaro. Al punto che nel marzo 2024 il sindaco viene dichiarato decaduto dal Tribunale perché è incompatibile: non può essere sindaco di un Comune che ha una causa contro di lui. Immediatamente impugna la sentenza e chiede in Appello di accertare “il carattere pretestuoso della lite”. Cioè, sul piano giuridico: stabilire se stata una artificiosa e maliziosa creazione di una situazione di fatto diretta a danneggiare il candidato. Ed il 15 maggio scorso la Corte d’Appello di Roma gli ha dato ragione: ha accolto integralmente il ricorso annullando la decisione del Tribunale di Cassino, definendo “infondato, pretestuoso e strumentale” l’atto con cui l’opposizione tentava di far decadere il Sindaco.
Lo scontro con Di Folco

Restava in piedi l’iter comunale, cioè la procedura per vedere chi fosse responsabile di quel ‘danno‘ da 140mila euro. Che – stando alle sentenze pronunciate finora – danno non era ma un pretesto. Ecco perché è stata portata in Giunta la proposta di interrompere quell’iter. Ma il vicesindaco invece ha detto no.
Perché lo ha fatto? “Mi sono trovato davanti una delibera che rinunciava al procedimento di individuazione dei responsabili di un danno erariale di questa portata e ho detto semplicemente no” ha detto Di Folco. Evidenziando la sua scelta di “restare dalla parte dei cittadini” e della legalità preferendo il “buon senso ed il senso di responsabilità”. “C’è chi firma tutto, e chi firma solo ciò che è giusto” scrive oggi l’ex vicesindaco. E aggiunge: “Forse il problema non ero io. Forse il problema era la mia coscienza”.
Verso la nuova rimozione

Il Tar ora non solo lo reintegra ma certifica nero su bianco che la sua rimozione era illegittima: motivazioni contraddittorie, fini diversi da quelli dichiarati, abuso dello strumento amministrativo.
Ma il problema è di forma. Pertanto, se Orazio Capraro vorrà predisporre una nuova revoca, scritta con una motivazione lineare e coerente con l’accaduto, la revoca sarà a prova di Tar. E di professor Scalia.
Intanto, la Corte dei Conti ha aperto un fascicolo. Vuole capire chi dovrà rispondere per quei 140.000 euro. E magari anche per i 20.000 di risarcimento. Nel frattempo, a Villa Santa Lucia il vicesindaco che diceva “no” è tornato. Più che una vendetta, la sua è una lezione: tre volte revocato, tre volte reintegrato. Mai una volta messo a tacere.



