Un fiore davanti alla caserma: il silenzio che grida riconoscenza

Un gesto semplice, un fascio di fiori lasciato davanti alla caserma di Cassino, diventa simbolo di un dolore collettivo e di una gratitudine profonda verso chi serve lo Stato fino all’estremo sacrificio. Dopo la tragedia di Castel d’Azzano, che ha strappato la vita a tre giovani Carabinieri, l’Italia si stringe attorno alle divise. Tra lutto e memoria, l’appello è chiaro: chi protegge la legalità non deve essere lasciato solo.

C’è un gesto semplice ma potente che, a volte, racconta più di mille parole. Un cittadino, senza clamore, si è recato presso la caserma dei Carabinieri di Cassino. In mano teneva un fascio di fiori. Lo ha deposto in silenzio, in omaggio a Marco Piffari, Valerio Daprà e Davide Berna, i tre Carabinieri che hanno perso la vita nella terribile esplosione avvenuta a Castel d’Azzano, in provincia di Verona. (Leggi qui: Quelle vite spezzate e il prezzo della casa che non c’è più).

Quel gesto racchiude un dolore profondo e una riconoscenza sincera. È la stessa gratitudine che ha mosso il procuratore capo di Cassino, Carlo Fucci, a inviare un telegramma di cordoglio al comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Antonio Salvatore Luongo.

Quel patto tra servitori

Perché dietro ogni toga, ogni uniforme, c’è un patto silenzioso ma sacro: servire lo Stato, anche a rischio della vita. E quando uno di loro cade, il dolore è di tutti.

A Padova, nella suggestiva Basilica di Santa Giustina, migliaia di persone hanno reso l’ultimo saluto ai tre militari. Un lungo applauso ha segnato l’inizio e la fine della cerimonia, quasi a voler rompere il silenzio di un lutto che ha attraversato l’Italia intera. In prima fila, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a testimoniare la vicinanza delle istituzioni a chi ogni giorno indossa una divisa e sceglie di stare dalla parte della legalità.

I feretri, avvolti nel tricolore, sono usciti tra due ali di folla e una piazza commossa, accompagnati dalla fanfara dell’Arma. Un commiato che non è solo simbolico: è un impegno rinnovato verso chi, spesso lontano dai riflettori, lavora in silenzio per garantire sicurezza e giustizia.

Presidio di legalità

Non è un caso che proprio dalla Procura di Cassino sia arrivato uno dei primi gesti ufficiali di vicinanza. In un territorio dove, come in molte altre zone d’Italia, la carenza di uomini e mezzi rende difficile anche la prevenzione più ordinaria, il lavoro di chi porta la divisa assume un significato ancora più forte. Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, insieme alla Procura, sono il presidio vivo della legalità.

Lavorano insieme, spesso senza orari, senza risorse sufficienti, in contesti dove la criminalità sfrutta ogni vuoto lasciato dallo Stato. Eppure resistono. Portano avanti indagini, combattono l’illegalità, si fanno carico delle fragilità del territorio. Perché non è solo una questione di dovere, ma di scelta. Una scelta che, quando viene interrotta tragicamente, chiama tutti – istituzioni e cittadini – a fare la propria parte.

Rispetto per le divise

La tragedia di Castel d’Azzano non deve diventare solo un ricordo da commemorare. Deve essere un punto di partenza per rinnovare il rispetto verso chi indossa una divisa, per pretendere che non vengano lasciati soli. Perché spesso, in quelle stazioni di provincia o nei quartieri difficili delle nostre città, i carabinieri e i poliziotti non sono solo forze dell’ordine: sono l’unico volto dello Stato.

E oggi più che va ribadito che lo Stato è con loro. Che la magistratura è al loro fianco. Che i cittadini li onorano, anche con un fiore lasciato in silenzio davanti ad una caserma. Perché chi serve la legge con onore merita protezione, riconoscenza, rispetto. Sempre.