«Una Giustizia autorevole, anche per chi non ha Santi in Paradiso»

Antonio Guerriero, Procuratore Capo di Frosinone, va in pensione con “Il Sapore dell’ingiustizia”: un libro dal retrogusto amaro. Magistrato da 44 anni, metà passati sotto scorta, è «vivo per miracolo». Indica due fardelli: Criminalità e Burocrazia. Chiede una Riforma: «Magistratura e Politica devono costruirla insieme, senza contrasti». Autonomia e indipendenza? «Non privilegio, ma precondizione affinché ci sia Giustizia per tutti».

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

Antonio Guerriero è stato Procuratore Capo di Frosinone fino a venerdì scorso. È andato in pensione con un libro: “Il Sapore dell’ingiustizia. Indagini su mafia, terrorismo e corruzione nell’esperienza di un P.M”. È stato il Procuratore della Repubblica con la maggiore anzianità di servizio: diciotto anni. A partire dall’incarico affidatogli nel 2006 a Sant’Angelo dei Lombardi, Avellino.

Una carriera avviata in Magistratura sin dal 1980: quarantaquattro anni fa, più di mezza vita all’amministrazione della Giustizia. Sotto scorta per vent’anni, tra agguati a lui e ai suoi familiari: «Avevo preventivato di essere ammazzato, ma ero terrorizzato dal fatto che potessero fare del male a loro». Una volta spararono per ucciderlo nel suo studio, ma fortunatamente i colpi esplosi andarono a piantarsi su uno degli infissi, mancando la traiettoria verso di lui per un paio di centimetri. «Sono vivo per miracolo», dice il diretto interessato.

Nel momento di compiere l’ultimo passo prima di sfilare la toga traccia un personale bilancio della sua esperienza. E riconosce la capacità organizzativa della Malavita, tra infiltrazioni e ramificazioni sul territorio. Non è un attestato di ammirazione ai clan ma l’esatta definizione di un nemico per poterlo affrontare nella giusta dimensione. Quella di un’Imprenditoria che può non rispettare le regole.

Un Guerriero nel nome di Calvosa

I rilievi dei carabinieri sul luogo dell’attentato a Fedele Calvosa (Foto: Rodrigo Pais / Archivio Alma Mater)

Guerriero iniziò un paio di anni dopo l’omicidio di Fedele Calvosa, dal 1972 Procuratore in Ciociaria, attaccata alla “sua” Campania. «“Il Sapore dell’ingiustizia” – spiega Guerriero – tende a guardare la Giustizia come le parti offese, chi soffre e non ha santi in paradiso, i più deboli. Spiega chi è vittima dell’Ingiustizia. Ognuno sa bene cosa sia l’ingiustizia, perché c’è stato un momento nella propria vita in cui si è stati vittime. Quando qualcosa che ti spettava, ti è stato tolto».

Rimbombano allora le parole pronunciate da Tommaso Miele, presidente della Corte dei Conti, per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. «Una giustizia lenta – ha detto – non solo aggrava la pena di chi è sottoposto a un giudizio, ma perde anche l’effetto di deterrenza o indirizzo correttivo e maieutico». (Leggi qui Rigore, umanità, futuro nella moderna Corte dei Conti).

L’eventuale condanna, se inflitta con tempi biblici, non influisce nel mentre sulla condotta. Guerriero chiede «una Riforma per creare una Giustizia autorevole, anche per chi non ha Santi in Paradiso».

’70-’80: Mafie, Terrorismo, Corruzione

Antonio Guerriero (Foto: Erica Del Vecchio © Erica Del Vecchio)

Guerriero, per oltre tre anni Procuratore della Ciociaria, ricorda cosa hanno rappresentato gli anni Settanta e Ottanta in Italia. «Tre enormi problemi investivano l’intero assetto democratico del nostro Paese – racconta -. Organizzazioni mafiose gestivano in modo militare il territorio, a tal punto che nessuno poteva fare attività economica senza il loro consenso».

Per intenderci: «Sequestrammo l’intero calcestruzzo della provincia di Caserta e il costo si abbassò di tremila lire. Tutte le imprese erano state costrette dal Clan dei Casalesi a versarle al Consorzio di proprietà della Camorra. I cittadini, anche su altri prodotti, pagavano un prezzo comprensivo anche del “Costo Camorra”». Quelle tremila lire in meno a metro cubo le hanno risparmiate tutti i cittadini che in quegli anni dovevano mettere su casa, costruire una stanza da aggiungere a quelle esistenti, pagare la loro quota di lavori pubblici.

La Camorra come “Stato nello Stato”? «Il Clan dei Casalesi – fa presente Guerrieroè un esercito di almeno diecimila uomini, che prende intere aree e gestisce gran parte degli appalti attraverso imprese in qualche modo vicine. Accanto a quella legale, c’è un’Economia illegale».

Un manipolo di persone coraggiose

Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica

Il secondo “enorme problema” in origine, a detta del Procuratore, era il Terrorismo: «Colpiva valorosi Servitori dello Stato. Ricopro la carica che 46 anni fa ricopriva Fedele Calvosa, che fu sterminato nella Strage di Patrica assieme a due suoi. Semplicemente perché aveva fatto il suo dovere».

Guerriero, tra gli “enormi problemi”, Guerriero inserisce anche la Corruzione: «Centri di potere che rischiavano di incidere sul nostro sistema democratico. Cosa sarebbe successo se questo manipolo di persone coraggiose non avesse cercato di ostacolare, fino all’estremo sacrificio della propria vita, le organizzazioni mafiose e terroristiche?».

Un Mostro tricefalo che metteva a rischio la Democrazia, proprio quando Guerriero diventava Magistrato. La malavita organizzata si è sempre adattata ai tempi. Quella di oggi, spesso, non spara e non costringe ad avere l’auto blindata. Ma fa crollare l’Economia con un clic. (Leggi qui «Guida tu Lucia’»: il giorno che ammazzarono Calvosa).

Quando fece parlare ‘O Animale

Pasquale Barra

Il Procuratore di Frosinone vede ancora una testa su tutte: le Mafie. «I vertici non sono più i vecchi boss con la coppola, ma imprenditori. Solo un imprenditore può gestire migliaia di persone, armarli e finanziarli. Sono manager che, sotto l’ombrello delle organizzazioni criminali, fanno affari ormai con l’aspetto tecnologico e transazioni telematiche».

Bisogna seguire i soldi, trovare le tracce economiche. Lo si faceva da allora, tra il sacrificio di Giudici come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A Guerriero, quando aveva più o meno ventiquattro anni, fu chiesto di interrogare tra gli altri ‘O Animale: Pasquale Barra, lo spietato boss che puntò il dito contro il conduttore Rai Enzo Tortora, portandolo a processo e in galera, per uno dei più clamorosi casi di Ingiustizia all’italiana.

Guerriero convinse ‘O Animale a parlare, a raccontare cosa fosse la nuova Camorra. «Ero appena arrivato a Foggia, dove c’era un carcere speciale per i detenuti pericolosi – rammenta il Magistrato -. Barra aveva decine di ergastoli e ingiurie alle Corti. Lo andai a sentire e, prima di entrare, mi dissero che era ‘O Animale che aveva mangiato il cuore di Francis Turatello. Andai senza guardie e Barra ne fu sorpreso. Mi disse che ero un coraggioso e gli stavo simpatico». È il contatto umano che lo avrebbe portato alla rottura dell’omertà. Anche rispetto alle province di Frosinone e Latina.

Nuova Camorra senza confini

Antonio Guerriero (Foto: Erica Del Vecchio © Erica Del Vecchio)

Barra raccontò che la Nuova Camorra Organizzata partiva dal Basso Lazio, passando per Formia, Gaeta e Frosinone, e si prendeva l’intera Campania fino ad arrivare in Puglia. All’epoca se ne sapeva poco, ma c’erano già capizona e rituali di affiliazione. «Non c’era ancora un coordinamento antimafia, non c’era niente – continua Guerriero -. È nato tutto dopo la morte di Falcone e Borsellino».

Tanti i ricordi: «Quando andai ad Avellino, a cento metri da casa mia, ci fu un agguato al procuratore Antonio Gagliardi, poi andato a Latina. Poi iniziarono gli agguati nei miei confronti. Mi hanno anche sparato e sono vivo per miracolo».  

Un’azienda ha due indicativi biglietti da visita: la sostenibilità ambientale e la sicurezza sul lavoro. La Malavita riduce i costi, perché scarica abusivamente i rifiuti e manca delle più elementari regole in contrasto alle morti bianche. Ma c’è anche una mala Giustizia che guarda dall’altra parte.

Giustizia autorevole con la Politica

La cerimonia in Prefettura in cui intervenne Guerriero

«Al netto di campagne contro la Magistratura – commenta Guerriero -. Abbiamo richiesto una riforma perché ci sono tantissime situazioni che non vanno. Ma i cittadini devono comprendere che ci sono state generazioni di Magistrati, come Falcone, Borsellino e gli altri 26 Servitori dello Stato uccisi».

La Giustizia, secondo Guerriero, va costruita assieme alla Politica. «Una Giustizia autorevole serve a tutti – sottolinea -. Fa funzionare il Sistema, altrimenti si blocca». A una cerimonia in prefettura con i Sindaci del territorio, il Procuratore uscente aveva detto: «Non venite a portare ogni cosa alle Procure, perché non sono quelle che devo sbrogliare i problemi politici. Portate i reati». La Giustizia penale dovrebbe essere, per antonomasia, l’extrema ratio. «S’incide sulla libertà delle persone – ritiene Guerriero -. A differenza di altri, riservo la strada penale solo a situazioni davvero meritevoli: fenomeni gravissimi come la Corruzione». (Leggi qui: La stoccata del Procuratore ai sindaci, prima del brindisi).

Dal Procuratore vanno anche tanti Imprenditori alle prese con la Burocrazia. «È l’inerzia della Pubblica Amministrazione – la definisce -. Non viene sanzionata, perché sono stati aboliti i controlli amministrativi. Prima, se c’era una Delibera sbagliata, il Prefetto ti chiedeva di cambiarla e finiva lì. Adesso mancano organi autorevoli e i Sindaci si rivolgono alla Procura. Manca l’Autorità che può chiedere spiegazioni all’Amministratore-che-non-fa. Serve una Riforma per creare una Giustizia autorevole».

Lascia con “Il Sapore dell’ingiustizia”

Antonio Guerriero

Guerriero lascia con un libro, Il Sapore dell’ingiustizia”, ma anche un J’accuse: «Qualcuno ha voluto sopprimere i controlli amministrativi perché gli fa comodo. Il cittadino, che si vede calpestate le esigenze di Giustizia, non sa più a chi rivolgersi e allora fa la denuncia alla Procura». Vede due fardelli in questo momento: la Criminalità e, per l’appunto, la Burocrazia.

Manca la volontà di iniziare a sopprimere quelle? «Sono un Magistrato lontano dalla Politica, perché ognuno deve fare il proprio mestiere – risponde -. Non ho mai contestato il Legislatore, che fa le leggi che sta a noi eseguire. Però, un mio umile suggerimento è una Giustizia senza contrasti, di persone perbene per il bene della collettività».

E conclude: «Devono costruirlo Magistratura e Politica insieme, senza contrapposizioni. Il faro è il benessere dei cittadini. La Politica deve capire che il Sistema deve avere controlli e limiti, altrimenti degenera e determina abusi. L’Autonomia e l’Indipendenza non sono un privilegio della Magistratura, ma una precondizione affinché ottenga Giustizia anche chi non ha santi in paradiso».