Unindustria rilancia l’industria nel Lazio: ambizioni europee e vecchi nodi

Il presidente di Unindustria, Giuseppe Biazzo, propone un nuovo piano industriale per il Lazio: meno burocrazia, più infrastrutture, crescita delle imprese e rilancio della manifattura. “Serve una regione d’impresa, moderna e competitiva”. Il vetriolo di Rocca sul Consorzio industriale: incenso per Trequattrini, veleno per Leodori

Roberta Di Domenico

Spifferi frusinati

Senza indugi, senza esitazioni. Il presidente di Unindustria Giuseppe Biazzo ha aperto i lavori dell’assemblea annuale degli industriali del Lazio con una relazione senza tenerezze: incisiva e dai toni decisi. 

Rivolgendosi direttamente al Governo e alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Biazzo ha lanciato un appello chiaro: «Servono misure concrete per le imprese italiane. A cominciare da un piano industriale da 10 miliardi l’anno, che aumenti la produttività incentivando gli investimenti». 

 L’Assemblea Generale si è riunita al Palazzo dei Congressi all’Eur, presso l’Auditorium Capitalis, presenti gli imprenditori delle cinque province laziali: Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo. Ed anche quest’anno l’evento si è confermato crocevia di confronto tra mondo produttivo e istituzioni, con la partecipazione di oltre 1.300 tra manager, imprenditori e rappresentanti politici. 

Il Piano invocato da Biazzo è centrale. E per il leader degli industriali del Lazio è perfettamente realizzabile: «Se pensiamo che la nostra spesa pubblica annuale ammonta a circa 1000 miliardi di euro, garantire 10 miliardi l’anno rientra in una dimensione di volontà politica e non di possibilità».

Il Lazio attrattivo

Il presidente di Unindustria, Giuseppe Biazzo (Foto: Maurizio Brambati © Ansa)

L’intervento del presidente di Unindustria all’assemblea annuale degli industriali del Lazio non è stato soltanto un esercizio retorico o un appello generico alla crescita. È stato, piuttosto, un atto politico-economico con un chiaro obiettivo strategico: trasformare il Lazio da regione di servizi pubblici a territorio attrattivo per l’impresa privata, in grado di competere a livello europeo su manifattura, innovazione e export.

Una sfida ambiziosa, quella lanciata da Biazzo, che poggia però su una constatazione inequivocabile: il Lazio, seconda regione d’Italia per PIL, soffre di un sotto-dimensionamento industriale strutturale, con un valore aggiunto manifatturiero in calo e una polarizzazione eccessiva nei comparti pubblico-amministrativi e nei servizi non scalabili. Traduzione: il Lazio, pur essendo la seconda regione d’Italia per ricchezza prodotta, ha poca industria rispetto alla sua dimensione. La produzione manifatturiera sta diminuendo e l’economia è troppo concentrata su uffici pubblici e servizi che non possono crescere molto né competere all’estero.

I tre pilastri della proposta

La proposta di Unindustria, già condivisa con la Regione nel febbraio scorso, si articola su tre pilastri chiari:

  1. Politiche industriali pro-impresa, con semplificazione normativa e attrazione di investimenti. Cioè: regole più semplici e veloci per chi fa impresa, così da attirare nuovi investimenti e aiutare le aziende a crescere.
  2. Pianificazione territoriale integrata, per ridurre divari interni e riequilibrare la geografia produttiva. In pratica: una visione d’insieme per lo sviluppo del territorio, per colmare i divari tra zone forti e zone trascurate e distribuire meglio le attività economiche.
  3. Connessioni infrastrutturali efficienti, per velocizzare i flussi di merci, persone e dati. Quindi, strade, ferrovie e reti digitali più moderne e veloci, per far circolare meglio merci, persone e informazioni in tutta la regione.

Il messaggio è netto: senza un intervento organico il Lazio rischia di restare una “grande regione incompiuta”, sbilanciata su Roma e incapace di valorizzare appieno il suo potenziale manifatturiero.

La “regione dell’impresa in 60 giorni”

Il presidente di Unindustria, Giuseppe Biazzo, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri ed il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, nel corso dell’Assemblea Generale di Unindustria (Foto: Maurizio Brambati © Ansa)

Uno dei punti più concreti – e potenzialmente più dirompenti – riguarda la semplificazione amministrativa. Biazzo propone un obiettivo quasi nordico: fare del Lazio “la regione dell’impresa in 60 giorni”, cioè garantire che nessun procedimento autorizzativo superi i due mesi. In alcune zone dell’Europa farebbe ridere, nei Paesi Baltici le imprese si aprono on line. Ma da noi è diverso.

In un Paese dove i tempi medi per le autorizzazioni ambientali, urbanistiche e industriali superano regolarmente i 180 giorni (con punte superiori all’anno in alcune province, anche due anni se si sta a Frosinone), questa proposta si carica di un forte valore sistemico: non solo accelerazione burocratica, ma costruzione di un ambiente “pro-business, che sia competitivo anche rispetto a regioni estere.

Ma la sfida non è tecnica: è politica. Richiede una regia forte della Regione Lazio, una revisione delle norme secondarie e un’integrazione tra sportelli unici, enti locali, agenzie ambientali e sovrintendenze. Serve una cabina di regia permanente, non annunci episodici.

La debolezza industriale: il nodo irrisolto

Il presidente di Unindustria non lo dice apertamente, ma lo fa capire: il vero problema del Lazio è che ha poca industria, anche se è una delle regioni più grandi e ricche d’Italia. Rispetto ad altre regioni del Centro-Nord, ci sono meno fabbriche e poche aziende che esportano all’estero.

Il dato più rilevante è proprio questo: ci sono troppe aziende piccole e poche che vendono all’estero. Serve farle crescere, rafforzarle e collegarle di più tra loro, per costruire un sistema economico più solido, competitivo e capace di farsi valere in Europa.

Uno dei problemi principali del Lazio è che molte zone sono ancora isolate o difficili da raggiungere.Non solo nel Sud della regione, ma anche in aree importanti come la Ciociaria, il Reatino, il litorale nord e il basso Lazio. Mancano collegamenti rapidi, le strade sono incomplete e i trasporti con Roma funzionano male.

Per questo Biazzo propone di creare una squadra regionale dedicata alle infrastrutture, con il compito di seguire e coordinare i grandi lavori pubblici, con un piano speciale di investimenti. Non bastano i fondi del PNRR: servono organizzazione, continuità e una strategia chiara, altrimenti i tempi di viaggio – da Cassino a Roma o da Viterbo a Fiumicino – resteranno lunghi ancora per anni.

Un patto tra imprese, istituzioni e sindacati?

Giuseppe Biazzo saluta il ministro Adolfo Urso (Foto: Maurizio Brambati © Ansa)

Tra le righe del discorso si intravede un altro messaggio: Unindustria non propone una battaglia di parte, ma una alleanza strategica tra istituzioni, imprese e parti sociali. Una formula che riecheggia il modello emiliano o lombardo, dove il dialogo sociale ha accompagnato la modernizzazione economica.

Insieme possiamo fare del Lazio una delle migliori regioni d’impresa d’Europa” non è solo uno slogan, ma una chiamata alla corresponsabilità: se le imprese investono, la Regione pianifica, e i sindacati partecipano alla trasformazione, il Lazio può cambiare pelle. Ma se ognuno resta chiuso nel proprio recinto, il rischio è di perpetuare un equilibrio stagnante.

L’intervento di Biazzo pone una domanda essenziale alla classe dirigente regionale: vogliamo accontentarci di essere la seconda regione per PIL grazie all’effetto capitale, o vogliamo diventare la prima regione italiana per attrattività industriale, competitività e innovazione diffusa? La risposta non è nei convegni, ma nelle leggi di bilancio, nei tempi delle autorizzazioni, nei piani urbanistici, nei bandi pubblici e nei corridoi infrastrutturali. È lì che si gioca — in silenzio — il futuro industriale del Lazio.

Il vetriolo di Rocca

Francesco Rocca

La risposta del Governatore del Lazio Francesco Rocca è al vetriolo: corrode il passato, mina quello che potrebbe essere il futuro. Nel suo intervento prende di mira l’amministrazione che lo ha preceduto, quella di Nicola Zingaretti e del suo vice Daniele Leodori. Che la stragrande maggioranza dei sindaci Pd del Lazio porterebbe a spalla fino alla candidatura come prossimo Presidente della Regione Lazio.

Abbiamo trovato un Consorzio ostaggio della politica, con un presidente di Partito che era anche presidente del Consorzio Industriale. I 50 milioni di investimento erano fermi o persi: con la vicepresidente Roberta Angelilli abbiamo recuperato questi fondi. Lo chiamavano il Consorzio Industriale del Lazio ma era invece solo di Latina e Frosinone, aree industriali importanti ma che non raccoglieva tutta la Regione“. Nel mirino finisce anche Francesco De Angelis, l’uomo che ha consentito politicamente la fusione dei 5 Consorzi industriali del Lazio: Rocca dimentica il lavoro fatto per arrivare alla smobilitazione dei 5 fortini per costruirne uno unico tra i più grandi in Italia.

Francesco De Angelis e Daniele Leodori

Rocca la vede in un altro modo. “Abbiamo tolto la politica dalla governance – prosegue Rocca – mettendo un professore universitario che sta facendo un lavoro tecnico: grazie a questo lavoro, abbiamo trovato altri 100 milioni, dati dal Governo ai territori, che altrimenti non sarebbero arrivati“. È il pubblico elogio di Raffaele Trequattrini, economista dell’Università di Cassino prestato alla politica industriale. Ed ai risultati, strepitosi, che sta portando.

Fare del Lazio una regione competitiva

Il Commissario del Consorzio Industriale del Lazio era presente anche lui all’Assemblea Generale di Unindustria. Ha ringraziato gli intervenuti per l’attenzione rivolta al Consorzio che sta assumendo un ruolo sempre più centrale nelle politiche di sviluppo. L’obiettivo è chiaro – ha detto il Commissario Trequattrini – “fare del Lazio una delle regioni più competitive d’Europa per fare impresa”. Non sarà facile.

Raffaele Trequattrini e Roberta Angelilli

Non lo sarà perchè i 100 milioni arrivati dal Governo non verranno gestiti né dal professor Trequattrini né dalla Regione Lazio. Se nulla interverrà, li gestirà Invitalia l’agenzia per l’attrazione degli investimenti: che nel recente passato ha avuto però tempi lunghissimi al punto che diverse imprese della provincia di Frosinone hanno rinunciato al suo intervento.

La sfida, per Raffaele Trequattrini, Francesco Rocca e Giuseppe Biazzo è anche questa.