I due esponenti comunali di Forza Italia a Sora, Petricca e Meglio, si autosospendono e annunciano dimissioni. Il Congresso controverso. I voti dei big regionali per ribaltare il risultato. Le accuse di una politica antidemocratica e la manipolazione interna del Partito
Un’ingerenza insopportabile, un’entrata a gamba tesa, una spallata in piena area di rigore che i due esponenti comunali di Forza Italia a Sora non hanno accettato. Sono stati loro, Serena Petricca (ex Consigliera) e Salvatore Meglio (Consigliere in carica), a tirare fuori il fischietto ed a fermare la partita, puntando il dito contro tutta la terna degli arbitri. E lo hanno fatto senza giri di parole, consegnando al Partito una lettera secca, netta: autosospensione immediata e dimissioni dal direttivo cittadino.
Una decisione che non arriva a freddo. Al contrario: è il frutto di una lunga tensione, di rotture mai davvero ricomposte, di crepe diventate voragini. E soprattutto, è la reazione a un finale di partita che i due forzisti hanno ritenuto scorretto, viziato da un’ingerenza che ha modificato, a loro dire, gli equilibri interni del Partito.
Il Congresso viziato

Tutto comincia, o meglio deflagra, al Congresso cittadino del 14 giugno scorso. Quel giorno, nella sede di Forza Italia di Sora, si presenta la squadra dei big: il senatore Claudio Fazzone, l’eurodeputato Salvatore De Meo, la deputata Patrizia Marrocco. Con loro anche la segretaria provinciale Rossella Chiusaroli. E fin qui, nulla di strano: se non fosse che, con i loro voti “ponderati” — ciascuno dal valore di 15 — questi pesi massimi del Partito hanno deciso, in pratica, l’esito del congresso. Hanno spinto l’elezione di Sergio Cippitelli a nuovo segretario cittadino, battendo l’altro storico nome in corsa, Vittorio Di Carlo. (Leggi qui: Il congresso col voto ponderato: Sora come Waterloo (ma vince Fazzone)).

Meglio e Petricca l’hanno presa male. Anzi: l’hanno considerata un’invasione di campo in piena regola. Non hanno usato la parola “commissariamento”, ma poco ci è mancato. E quando, già un anno fa, era stata nominata commissaria cittadina Maria Mantova — senza consultarli — avevano già mandato segnali. Inascoltati.
Questa volta hanno scelto di uscire. Con un comunicato che è una resa dei conti più che un addio:
“Non condividiamo più le linee del Partito, che ha adottato una politica del tutto antidemocratica, lesiva della dignità delle persone e di quanti hanno militato all’interno del Partito con devozione e senso di responsabilità”.
Lo strappo

Non è un addio alla politica, ma è certamente uno strappo — forse l’ultimo — che certifica quanto anche in Forza Italia, nonostante l’aria da moderati, le lotte interne possano essere brutali quanto un derby di ritorno in zona salvezza. A Sora si è giocato un Congresso sotto traccia, ma con gli scarpini affilati.
Chi ha tirato troppo la corda? Chi ha spinto troppo sull’acceleratore del rinnovamento? E chi ha messo in panchina — senza neanche una convocazione — i fedelissimi della prima ora?
Forse, come sempre in politica, la verità non sta nella somma dei voti, ma nel modo in cui si gioca la partita. E stavolta, qualcuno — dal punto di vista di Petricca e Meglio — ha vinto fuori tempo massimo. Con un rigore fischiato in tribuna.



