Veti incrociati, tramonta il Terzo Mandato

La proposta che doveva blindare Zaia e ricompattare il centrodestra finisce travolta dalle trattative parallele e dai veti su Ius Italiae. E ora nel Veneto si riparte dal via

Altro che continuità, altro che buongoverno. Il terzo mandato per i Governatori delle regioni — cavallo di battaglia della Lega, vessillo issato per salvare Luca Zaia da un inevitabile “fine corsa” a Palazzo Balbi — sembra ormai un’idea sulla via del tramonto. E il sipario rischia di calare non tra le luci delle grandi riforme, ma tra i sospetti incrociati e i dispetti da teatrino di coalizione.

A volte ritornano

Galeazzo Bignami (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

Il progetto era ricomparso a sorpresa due settimane fa, quando Fratelli d’Italia, fin lì gelido, aveva lasciato intravedere uno spiraglio. Il capogruppo Galeazzo Bignami lo aveva definito “un intervento di sistema”, in punta di semantica e con l’eleganza dei compromessi. E subito si era ipotizzato: chissà che non sia la volta buona, magari con un patto solido, siglato nei corridoi del Consiglio dei ministri. Magari anche con un altro giro di giostra per Zaia.

Invece no. Si è rotto tutto. Come sempre, quando a muovere le pedine è una maggioranza dove nessuno vuole perdere e ognuno vuole vincere un po’ più degli altri.

Luca Zaia

La Lega — che su Zaia ci aveva messo la faccia, e pure Calderoli in silenzioso pressing — adesso tace. Ma con rammarico. L’obiettivo era blindare il Veneto, sottolineare quindici anni di buongoverno, e chiudere con un sigillo le ambizioni romane. Invece, a ogni passo avanti, due indietro. Palazzo Balbi resta lì, oggetto del desiderio. E i meloniani, che oggi pesano più del Carroccio nei voti, non lo dicono ma lo fanno capire: a noi la prossima grande Regione.

Dove tutto è saltato

Paolo Barelli (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

A dire il vero, la trattativa sotto traccia era più che viva fino a un paio di giorni fa. Poi il banco è saltato. Come? Con uno scambio di cortesie istituzionali in pieno stile Prima Repubblica. Forza Italia, che del terzo mandato aveva sempre detto “no grazie”, ha deciso di alzare la posta: Vogliamo parlare anche di Irpef e Ius Italiae, hanno detto. E con questo, addio tavolo. Perché Bignami, di nuovo lui, ha fatto sapere che sulla cittadinanza “non si può andare avanti”. E la risposta azzurra, firmata dal capogruppo Barelli, è stata lapidaria: “Fine della discussione. Il terzo mandato non è nel programma”.

A questo punto il gioco si è fatto serio. La Lega si è sentita tradita: “Scambi irricevibili”, ha commentato Locatelli, il responsabile enti locali, chiudendo anche lui la porta al dibattito sui governatori. Anzi, con l’amarezza che viene quando si perde tempo, ha auspicato “la scelta rapida dei candidati”. Come a dire: se il doge non si può ricandidare, ditecelo e facciamola finita.

Matteo Salvini (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

Certo, lo spiraglio politico esiste ancora. Formalmente, i leader potrebbero ancora intavolare tutto a margine del prossimo CdM. Ma è uno spiraglio, non un varco. E se, come pare, il Veneto dovesse sfuggire alla Lega, si aprirà un’altra partita. Perché come dicono fonti di FdI, “se salta il terzo mandato, allora si ridiscute tutto”. Le regole, gli equilibri, perfino i nomi.

Per ora, resta un fatto: il terzo mandato è finito nel gioco dell’oca. E mentre Salvini medita e Zaia incassa, l’impressione è che si riparta davvero dal via. O che qualcuno, da Roma, abbia deciso di spostare il tabellone.